ATTUALITÀ - Mondo Voc febbraio 2012 Torna al sommario
La pastorale giovanile e vocazionale ai tempi dell’iPhone.
È tempo di una smart-pastorale
L’avvento dell’iPhone ha sicuramente rivoluzionato e cambiato il modo di vivere e di comunicare. Un concentrato di possibilità che consente di essere continuamente in comunicazione, di vivere nella rete 24 ore su 24, ovunque. Come abitare anche noi, operatori di pastorale giovanile e vocazionale, questo spazio giovanile permanentemente? Come fare a creare spazi e tempi off-line appetibili per i giovani? Forse più che rincorrere anche questa nuova sfida i-tech ci vorrebbe uno Steve Jobs che inventi una smart-pastorale capace di essere realmente geniale.
di Francesco Bruno
Durante la presentazione dell'iPhone, Steve Jobs affermò: “Il nuovo dispositivo, un ibrido fra un iPod, un computer portatile e un cellulare, ‘rivoluzionerà’ le comunicazioni telefoniche”. L'idea di rivoluzione è stata sostenuta anche da una massiccia campagna di marketing. L’obiettivo era creare quello strano fenomeno che le persone dell’ambiente chiamano "hype". Un termine traducibile come “aspettativa ossessiva”. Ci sono riusciti. Nel solo giorno di lancio di iPhone, il 29 giugno 2007, secondo il Los Angeles Times i negozi Apple e AT&T avrebbero venduto più di 525.000 unità. La campagna mediatica promossa da Apple per promuovere il telefono aveva infatti prodotto una forte attesa da parte dei consumatori, a tal punto che alcune persone per poter acquistare i primi modelli disponibili si erano messi in fila il 24 giugno, cinque giorni prima della vendita effettiva.
Dopo quasi cinque anni possiamo constatare che la “profezia” di Steve Jobs si è avverata.
In un interessante articolo apparso su Repubblica.it il 13 dicembre 2011, Ilaria Salzano riporta i dati di una recente ricerca sulla società che rivela come per i giovani l’autovettura, simbolo di maggiore età, libertà e autonomia, ha lasciato il posto agli strumenti I-Tech. Quasi la metà delle persone intervistate ha affermato di preferire di tenersi stretto il proprio smartphone con cui collegarsi piuttosto che cambiarlo con un’autovettura. Il dato ancora più interessante riportato nell’articolo è che anche le grandi aziende automobilistiche si stanno interrogando sul fenomeno. Sheryl Connelly, responsabile global trends di Ford ha una spiegazione interessante al cambiamento comportamentale. “Alla guida di un'auto il tempo prezioso che gli adolescenti potrebbero utilizzare per scrivere messaggini o aggiornare le loro reti sociali è molto meno, mentre come passeggero, sui mezzi pubblici, ad esempio, i giovani hanno più tempo per utilizzare il telefono cellulare... e socializzare”. Così l’autrice conclude: “Questa smartphone-mania, che sta cambiando il mondo, ha spiazzato davvero tutti in poco tempo. La tecnologia sembra davvero aver "limitato" i desideri dei più giovani a colpi di click. Pensare al futuro non servirà più di tanto. Il cambiamento è in atto ora. La generazione del tutto e subito è entrata ferocemente in azione”.
Questa smartphone-mania ha spiazzato anche la pastorale giovanile e vocazionale?
Nella nostra rincorsa “pastorale” alle novità itech da evangelizzare siamo arrivati, con fatica, ad accettare il passaggio dalla parola “web” a quella di “room” come metafora “spaziale/temporale” per indicare che la rete è un insieme di luoghi, linguaggi, pensieri, forme e colori in continua evoluzione, tutti da scoprire e sperimentare, sconfinati, interattivi, mutanti. Ci siamo convinti che i giovani “vivono una condizione di nomadismo tra online e offline, tra reale e virtuale, tra le comunità e i luoghi d’incontro in Rete e il gruppo dei pari, tra schermi di un computer e l’incontro con gli amici, tra squilli di cellulare, chiacchierate nei cybercafé, le serate in discoteca o a giocare d’azzardo con una vita al limite” (Maria Antonia Chinello). Abbiamo capito che bisognava abitare questi luoghi e questi tempi per incontrare i giovani, senza rinunciare al mondo reale delle relazioni interpersonali.
Ma se riflettiamo attentamente, con l’avvento dello smartphone finisce la condizione di nomadismo tra on-line e off-line per iniziare la sedentarietà dell’on-line indefinito. L’iPhone, infatti, è un dispositivo portatile che abbina molte funzioni tra cui quella di cellulare, di navigazione e di gestione di dati come un pc. Un concentrato di possibilità per essere continuamente in comunicazione, di vivere nella rete 24 ore su 24, ovunque. Niente di nuovo rispetto a quello che già si poteva fare prima che fosse inventato eppure geniale per la sua capacità di poter fare sempre e dovunque quello che prima si poteva fare solo, o in parte, in precise circostanze. Paradossalmente potrebbe essere la cura al fenomeno adolescenziale e giovanile degli “hikikomori” perché non è più necessario rinchiudersi nella propria stanza per essere continuamente in rete, chiusi nel proprio mondo virtuale. Ora c’è la possibilità di averlo in tasca.
Come abitare anche noi, operatori di pastorale giovanile e vocazionale, questo spazio giovanile permanentemente? Come fare a creare spazi e tempi off-line appetibili per i giovani? Come disilludere gli adolescenti dall’onnipotenza i-tech? Sì, la smartphone-mania ha spiazzato pure la pastorale giovanile e vocazionale, anche se forse non se ne vede ancora la reale portata del problema.
Che fare allora? Rincorrere anche questa nuova sfida i-tech nella speranza che sia l’ultima o che almeno ci lasci un poco di tempo per prendere fiato? O forse bisogna solo pregare che il Signore faccia nascere anche in ambito pastorale uno Steve Jobs che inventi una smart-pastorale capace non tanto di rincorrere, quanto di essere realmente geniale, smart appunto?
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