luziMARIO LUZI
La poesia ci salverà

di Vito Magno

 

(ASCOLTA L'INTERVISTA: clicca qui!)


Il più grande poeta italiano. Appena compiuti i 90 anni il Presidente della Repubblica lo ha nominato "Senatore a vita". Poeta, saggista, drammaturgo, riesce a trasfondere nelle opere una profonda vena religiosa, che nel 1999 indusse Giovanni Paolo II a chiedergli il testo della Via Crucis per il Venerdì Santo. Pur vivendo per diversi anni con la famiglia a Siena, compie e porta a termine i suoi studi a Firenze, laureandosi con una tesi su François Mauriac. Il clima culturale del capoluogo toscano, negli anni Trenta, è quello della scuola ermetica, di "Solaria" e del "Frontespizio": è segnatamente attorno a questa rivista, assai attenta alla cultura cattolica francese dell'epoca, che si compie la formazione di Luzi. Risale al ‘35 la sua prima raccolta di versi, "La barca", cui fanno seguito "Avvento notturno" (1940), "Un brindisi" (1946), "Quaderno gotico" (1947): è a detti testi che la critica fa riferimento parlando d'una prima fase poetica del Nostro, di palese ortodossia ermetica, caratterizzata da "un'assenza e distanza totali dalla realtà contingente e dalla storia che diventano quasi scomparsa del soggetto medesimo" (Mengaldo). Lo stile, di concerto, è di particolare suggestione ed eleganza. Intanto, conseguita la laurea, Luzi ha iniziato la propria carriera di docente, che lo porterà dal 1955 - dopo esperienze nei licei di Parma, San Miniato, Roma - ad insegnare letteratura francese negli atenei di Firenze ed Urbino. La seconda fase d'un tragitto d'artista protrattosi per oltre mezzo secolo (sono del ‘94 i versi di "Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini") principia con i componimenti riuniti in "Primizie del deserto" (1952), per ulteriormente precisare i propri contorni in "Onore del vero" (1957) e "Dal fondo delle campagne" (1965, ma con materiali del periodo 1956-60). Alla chiusura del precedente periodo subentra qui un'attenzione alle cose della vita ed alla minuta quotidianità: ma resta immedicabile il pessimismo di fondo, il basso continuo della pena prodotta da un "mondo opaco", appena temperata dalla cattolica attesa d'una trascendenza che riscatti il nostro esistere, speso in un "reggersi tra passato e avvenire/com'è giusto o come il cuore tollera". Il trascorrere del tempo radicalizza vieppiù il sentire scorato del poeta, spingendolo verso un terzo momento della propria produzione ove il desiderio di affrontare la frastagliata contemporaneità si traduce in un linguaggio complesso e frammentato, aspro, talvolta di non immediata fruibilità: sono i versi della raccolta "Nel magma" (1963) e, maggiormente, quelli riuniti ne "Al fuoco della controversia" (1978) ed in "Per il battesimo dei nostri frammenti" (1985). In chiusura, un cenno merita la sua attività di traduttore, saggista e critico: "L'inferno e il limbo" (1949), "Studio su Mallarmé" (1959), "Tutto in questione" (1965), "Vicissitudine e forma" (1974), "Discorso naturale" (1984).


Cfr. Rogate Ergo Novembre 2004 p. 26