Testimonianza_di_due_coniugiNovembre 2012

Testimonianza di due coniugi

La missione della famiglia nell’Anno della Fede

Un interessante intervento hanno tenuto i coniugi Galasso, responsabili regionali di Pastorale familiare della Campania all’incontro della Consulta regionale, sabato 3 novembre. Riportiamo alcuni stralci più significativi. Per chi vuole approfondire l’argomento, il testo completo lo può leggere sul nostro sito: www.puntofamiglia.net.

Bello il titolo della Lettera Apostolica che il Papa ci ha consegnato per inaugurare l’Anno della Fede: Porta fidei. Si spalanca un orizzonte. Siamo invitati ad aprire la Porta sapendo di entrare nella comunione con Dio, sostenuti dallo Spirito Santo, passiamo per questa Porta che è Cristo per abitare finalmente la nostra casa che è la Chiesa. Quando pensiamo alle famiglie, pensiamo alla casa, pensiamo al calore della comunione, pensiamo a dimorare. Come non vedere nella “porta delle fede” un invito ad aprire o riaprire le nostre porte, quelle interiori e personali ma anche quelle domestiche?

Ripartire dalla Parola di Dio

Abbiamo bisogno di ricordarci che la Pastorale si può e si deve fare a partire dalla Parola di Dio e che essa è finalizzata alla diffusione del Vangelo e alla crescita nella fede di tutti i battezzati. E sappiamo tutti che la famiglia è uno snodo essenziale per questa missione evangelizzatrice della Chiesa. Come aiutare gli sposi e le famiglie a ritornare alla sorgente?

Questo impegno è tanto più urgente se si tiene conto dello stato delle nostre famiglie cristiane, sicché viene da domandarsi se gli sposi hanno la consapevolezza della loro identità e anche della loro missione. Nella Lettera Papa Benedetto riflette sull’impegno sociale dei cristiani: “Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone” (PF, 2).

Possiamo applicare queste considerazioni all’esperienza e alla problematica della famiglia. La crisi della familia è un dato sociale piuttosto evidente. Molte famiglie vivono sulla propria pelle la recessione economica, sperimentano la mancanza di lavoro e le difficoltà a reperire il necessario per una vita dignitosa. Se mancano gli aiuti esterni, le famiglie sentono anche il tarlo della solitudine. In alcuni casi viene a mancare anche la speranza e si consumano drammi. D’altra parte, sospinti dal ritmo incalzante della vita, i genitori sono così presi dal lavoro che spesso non hanno tempo per i loro figli. In questo modo i legami affettivi tendono ad indebolirsi. L’utilitarismo, la dipendenza da ritmi di lavoro estremi, la riduzione dei tempi dedicati alla vita affettiva, porta alla disgregazione della famiglia. Un numero crescente di divorzi si verifica quando le persone non lottano per costruire e custodire l’unità coniugale e la vita di fede. Non s’impegnano a rafforzare i legami e le relazioni. L’Anno della Fede offre alle famiglie l’opportunità per ritrovare la propria identità alla luce di quello che il Magistero insegna su Matrimonio e famiglia.

Spiritualità coniugale

La prospettiva che indica Giovanni Paolo II per affrontare la complessa problematica della famiglia è quella della coniugalità. Giovanni Paolo II scrive che: “la famiglia prende inizio dalla comunione coniugale” (Gratissimam sane, 7). L’obiettivo principale della pastorale familiare è quello di aiutare gli sposi a prendere coscienza che la sfida della relazione deve avere un’assoluta priorità. Se gli sposi vivono la comunione, tutto il resto sarà plasmato in questa luce e tutti i problemi potranno essere affrontati con serenità e fiducia. E anche se non troveranno una soluzione definitiva, gli sposi eviteranno di rimanere schiacciati e impareranno a tradurre in ricchezza anche le situazioni più problematiche. Tra l’altro la spiritualità coniugale è il necessario fondamento di una più ampia spiritualità familiare. “La famiglia che ne scaturisce trae la sua solidità interiore dal patto tra i coniugi, che Cristo ha elevato a Sacramento. Essa attinge la propria natura comunitaria, anzi, le sue caratteristiche di comunione, da quella fondamentale comunione dei coniugi che si prolunga nei figli” (Gratissimam sane, 8). Gli sposi sono i cardini attorno a cui ruota la dinamica familiare, i pilastri della casa fondata su Gesù Cristo, la “pietra angolare” (Ef 2,20). Attraverso i coniugi la verità dell’amore passa in tutta la famiglia e coinvolge anche i figli.

La testimonianza dei santi

Una parola molto cara al Concilio era “rinnovamento”. Benedetto XVI ce la ripropone indicandoci nella testimonianza di vita una via maestra: “Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato.” (PF, 6). In ordine alla testimonianza di vita come non pensare perciò ai santi, quali testimoni privilegiati della fede, essi infatti hanno mostrato con la loro vita che il Vangelo non è un’utopia, essi sono la prova storica che il cristianesimo è vero. La loro testimonianza è sempre stata contagiosa, accanto a loro si formavano gruppi di discepoli che hanno dapprima respirato e vissuto quell’esperienza e l’hanno poi trasmessa anche agli altri. E così, di generazione in generazione la fede è giunta fino a noi. Il cristianesimo non è una verità asettica trasmessa per mezzo di libri ma un’esperienza che trova nella testimonianza la sua forza contagiosa. La testimonianza ha sempre avuto un valore decisivo. È vero che la santità è un fiore che può nascere ovunque, anche nel deserto, con la grazia di Dio. Ma ordinariamente il Signore semina questo dono nel giardino della famiglia. È qui che esso può essere coltivato o sciupato. La famiglia è abilitata a diventare l’itinerario di fede in atto: la scuola del Vangelo di Gesù. Don Giuseppe, fratello di S. Gianna Beretta Molla ha testimoniato: “Noi la fede, prima che sui libri o nella catechesi, l’abbiamo respirata in casa osservando gli atteggiamenti ed ascoltando le parole dei nostri genitori. Sono stati loro a farci conoscere il Signore, a farcelo sentire vicino con la sua infinita bontà … Ecco, Gianna è cresciuta come tutti noi a questa scuola di vita, che ci hanno offerto, con i loro esempi e con i loro comportamenti, i nostri genitori”. Giovanni XXIII scrive: “Il primo tesoro della mia anima, è la fede franca e ingenua dei miei genitori”.

I genitori primi testimoni

I bambini non comprendono il concetto di verità, ma apprendono subito il linguaggio dell’amore. L’amore per i genitori e la fiducia che ripongono in loro conduce gradualmente i figli a scoprire e ad accogliere la verità. L’acquisizione dei valori è un processo graduale ma trova nell’affetto la sua via privilegiata. Dire che una cosa è vera lascia i bambini completamente indifferenti. Essi hanno bisogno di vedere che una cosa è bella, devono sperimentare che una cosa è buona. E come possono farlo se non attraverso la testimonianza dei genitori? L’esperienza è dunque il primo passo nel cammino verso la verità. Questa conoscenza, inizialmente acritica, deve poi essere confermata nell’età successiva e assunta come propria. Tutto può essere rimesso in discussione ma l’esperienza familiare gioca sempre un ruolo decisivo.

(Di Giuseppe e Giovanna Galasso, su www.puntofanmiglia.net)