preghiera_genitori_e_figliNovembre 2012

Famiglie che prendono il largo

La preghiera insieme con i figli

“L’entusiasmo per la preghiera è contagioso”, inizia così l’intervista a Lidia. Madre di tre figli e di uno in arrivo, mi racconta con molta semplicità l’esperienza di preghiera che coinvolge tutta la sua famiglia. “È l’esempio che conta” mi dice, “il figlio, anche in tenera età, intuisce l’amore con cui un genitore fa qualcosa, e la preghiera se vissuta con intensità, come una cosa necessaria, senza dubbio ai primi posti nell’ordine di importanza delle cose da fare, viene anche trasmessa con la stessa passione”. Massimo e Lidia hanno iniziato da tempo un cammino di fede nella Fraternità di Emmaus, nella loro casa, il profumo di Dio “si deve sentire, vedere e toccare” per questo è importante che la Parola abbia un suo luogo, ben preparato, adorno di fiori e di un cero, perché sia il punto focale, quello in cui la famiglia si riunisce per incontrare Dio. I primi passi con i tre figli che il Signore ha donato loro, sono andati in questa direzione: educarli a dare un tempo e uno spazio fissi alla preghiera. “Un figlio va spronato ed educato secondo una pedagogia intelligente, perché passi il significato di un gesto più che la vuota e sterile ritualità”. Questo è un anno particolare per la Chiesa, l’Anno della Fede, quello in cui ogni uomo è chiamato a rimettere in discussione anche le proprie certezze. Per caratterizzare quest’anno, Lidia e Massimo hanno pensato di intensificare la lettura del Vangelo nella ferialità, amplificando l’ascolto durante il pomeriggio, acquistando una lampada per la fede e un cero nuovo e mettendo in conto un pellegrinaggio da fare come famiglia.

Educare alla fede

Il lavoro, la casa, le mille difficoltà e infine cinque bellissime figlie da seguire nell’iter della loro crescita con una sensibilità tutta speciale nel cuore: il desiderio di vederle sbocciare come fiori tra le mani di Dio. Come orientare i loro passi senza invaderne gli spazi? Senza farle sentire appesantite, oppresse? È tutta una questione di grazia: se un genitore resta in contatto con Dio, attingerà dalla sua saggezza e sarà in grado di rifletterne in abbondanza verso i figli. “Ognuna di loro è un universo a sé” racconta Giovanna, lo fa con una luce particolare negli occhi e un’inclinazione entusiastica nel tono di voce, perché anche quello che sembra essere il più problematico tra i figli, è un microcosmo di Dio. Tonino e Giovanna hanno fatto scelte importanti nella vita, scelte che investono anche quella delle loro figlie e hanno ritmato il rapporto con le ragazze attraverso tempi di preghiera che diventino occasione di confronto e di dialogo. Una delle conquiste raggiunte è stata sicuramente l’esperienza domenicale. Vivere tutta la settimana come un tempo d’attesa alla Pasqua domenicale, vuol dire dare a questo momento un respiro d’infinito fin dai primi bagliori del giorno. Ebbene, Tonino e Giovanna riuniscono la loro famiglia al mattino, dopo le Lodi, spezzano la Parola che sarà proclamata nella liturgia eucaristica, poi lasciano che le figlie condividano il proprio pensiero, e contemporaneamente trovino lo spazio per potersi raccontare. Ormai tutte hanno vissuto la Prima Eucaristia e l’esperienza è sempre stata un’occasione di grazia speciale per tutti. Giovanna racconta che per ognuna di loro è stato importante l’esempio di Santa Teresa di Gesù Bambino: “il suo primo bacio col Signore, è servito a donare a quell’incontro con Cristo, la percezione di un contatto intimo, affettivo, importante”. La dimensione emotiva però deve essere sempre suffragata dall’esempio di una fede che passa attraverso l’ordinario e si nutre di scelte concrete, è così che le loro figlie hanno imparato a dare credibilità al rapporto con Dio. Un altro momento importante è stata la preparazione al matrimonio di Nausicaa, la primogenita. C’è stata una Liturgia dell’Invocazione dello Spirito, in cui gli sposi sono stati proiettati verso l’ultima fase dell’attesa, ma più toccante è stata l’esperienza della veglia di preghiera organizzata tra le undici e la mezzanotte della sera prima delle nozze. “È stato in quel momento” dice Giovanna, “che ho consegnato mia figlia e il suo futuro marito, alla condizione di una nuova vita. Come madre spero che siano felici, ma non è questo ciò che ho chiesto per loro, bensì la capacità di affidarsi tra le mani di Dio”.

Una famiglia speciale, riunita dalla preghiera

“Brasile! Dopo anni trascorsi ad attenderli, finalmente i nostri figli erano arrivati e languivano in uno dei collegi brasiliani in attesa che andassimo a prenderli”. Guglielmo e Rosaria sono una coppia di giovani sposi, zelanti nella fede e innamorati l’uno dell’altra. Non potendo generare la vita, si aprono da subito all’adozione e dopo svariati anni di attesa, finalmente vengono assegnati loro due fratellini brasiliani. La prima domanda che mi viene in mente osservando una famiglia come la loro, è come sia possibile educare alla fede e alla preghiera due ragazzi che a stento conoscono poche parole di italiano e che provengono da situazioni sociali e culturali totalmente opposte alle nostre. Rosaria mi risponde con un sorriso fiducioso, e mi confessa che in fondo non ci hanno nemmeno provato ad educarli alla fede. Erano così tante le cose da fare con loro, che bisognava rifondare tutto il loro modo di pensare. “Ma il Signore sorprende!”, mi dice con una luminosità speciale negli occhi, “lui raccomanda di seguire i suoi progetti e promette aiuto lungo la salita”. Mi racconta la storia di Daniel, il più piccolo. Ha vissuto per così tanto tempo il desiderio di avere una famiglia, che dopo aver compreso quanto la preghiera tenga uniti i suoi genitori, tutte le sere è lui stesso ad invitarli a riunirsi per incontrare Dio. Non sa quello che sta facendo. Non lo fa con volontà, ma ha imparato a fare il segno della croce, a dire Gesù Cristo e ripete alcune delle formule della Compieta, tallonando suo padre nel caso in cui dovesse appisolarsi. Mi viene da sorridere e anche Rosaria lo fa e poi dopo aggiunge la sua lettura della cosa. “I bambini sanno pregare meglio di noi. Non si soffermano a fare troppi calcoli quando lo fanno. Il loro è un modo genuino di rapportarsi a Dio. Si fidano dei genitori e se loro dicono che bisogna crederci, lo fanno senza battere ciglio. Daniel vive il momento della preghiera e della lettura della Parola, come il motivo per il quale la famiglia, si riunisce. Per lui è la sola cosa importante e infondo questa forse è la cosa principale: quale funzione dovrebbe avere una preghiera se non quella di riunire una famiglia intorno a Dio?”.

E quando il dolore irrompe in famiglia?

Patrizia è una donna semplice, disponibile. Con Franco, suo marito, sperimenta la gioia del primo amore, un amore forte e lungo che li porta a sposarsi, a generare quattro figli e ad iniziare un percorso di fede. Nell’intervista che ha rilasciato, Patrizia confessa con una punta di rammarico che Franco era l’elemento trainante, e che durante il loro cammino ci sono stati pochi momenti di preghiera coniugale, voluti fortemente più da lui. Poi d’improvviso la vita subisce un brusco cambio di rotta e la sofferenza annebbia la vista. Franco si ammala. Un cancro alla vena aorta polmonare lo consuma in pochi mesi. Un tempo brevissimo e tuttavia intenso perché Franco vive la sofferenza come un momento di grazia e fa di tutto per trasmettere a sua moglie e alle sue quattro figlie, l’idea di una malattia che corrodendo il corpo, purifica l’anima. Dopo la sua dipartita, il vuoto scava dentro e fuori e l’universo intorno subisce una battuta d’arresto. È Patrizia la prima a bloccarsi in una dimensione dove non c’è tempo e la speranza è solo un’illusione, poi qualcosa comincia a cambiare e l’orizzonte a poco a poco si rischiara. L’eucarestia quotidiana è come un’infusione di nuova linfa; non cambia il dolore per la perdita, ma lascia intravedere la luce della grazia che la trasfigura, una grazia tutta speciale che Franco aveva percepito fin dall’inizio. Patrizia, che fino a quel momento si era appoggiata al marito lasciandosi guidare da lui, ora si alza e comincia a camminare con le sue gambe verso l’unica voce in grado di mettere a tacere il suo tormento interiore; da questo all’incontro personale con Dio, il passaggio è breve e presto fatto. Il bene è contagioso e per questa famiglia lo è stato particolarmente. L’esempio di Patrizia, della sua ritrovata serenità del cuore, che non rifugge la sofferenza, ma la vive fino in fondo come una chiamata, si riversa sulle figlie per le quali si apre la strada del dialogo con Dio. Patrizia tenta di ritagliare spazi di preghiera che ritmino il corso della giornata e orientino la vita, spazi nei quali la famiglia tutta si senta convocata intorno al Dio della vita. Talvolta è difficile, ma in modo quasi spontaneo e inconsapevole hanno assunto l’impegno di riunirsi sempre più frequentemente intorno alla Compieta alla fine della giornata con la piena certezza che dall’altro lato del limite, la voce di Franco si unisce alle loro in un coro speciale che unisce cielo e terra.

(www.puntofamiglia.net)