IL LAICO CATTOLICO TESTIMONE DELLA FEDE NELLA SCUOLA

 

INTRODUZIONE

1. I laici cattolici, uomini e donne, impegnati nella scuola ele­mentare e media hanno acquistato progressivamente in questi ultimi anni una importanza sempre più rilevante.(1) Importanza meritata, che si estende sia alla scuola in genere sia alla scuola cattolica in particolare. Da essi, infatti, e da tutti i laici, credenti o no, dipende sostanzialmente la riuscita della scuola per rea­lizzare i suoi progetti e per conseguire i suoi obiettivi.(2) Il ruolo e la responsabilità di tutti i laici cattolici, che in qualsiasi scuola svolgono attività diverse (di insegnamento, di direzione, di am­ministrazione o ausiliarie), sono stati riconosciuti dal Concilio Vaticano II, in particolare nella Dichiarazione sull'educazione cristiana, che ci invita ora a un ulteriore approfondimento del suo contenuto. Con ciò non si intende misconoscere o minimizzare le grandi realizzazioni conseguite in questo campo dai cristiani di altre confessioni e dai non cristiani.

2. Il motivo fondamentale dell'importanza del laicato cattolico, considerato positivo e arricchente dalla Chiesa, è teologico. L'autentica figura del laico nel popolo di Dio si è andata risco­prendo nella Chiesa soprattutto in quest'ultimo secolo, fino a concretarsi nei due documenti del Concilio Vaticano II che approfondiscono l'interiore ricchezza e peculiarità della voca­zione laicale: la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa e il Decreto sull'apostolato dei laici.

3. A questo approfondimento teologico hanno contribuito le situazioni sociali, economiche e politiche dei tempi re­centi. Il livello culturale, intimamente legato ai progressi scientifici e tecnici, si è gradualmente elevato e di conse­guenza esige una maggiore preparazione per l'esercizio di qualsiasi professione. A questo si deve aggiungere la presa di coscienza sempre più estesa del diritto della persona all'educazione integrale, che risponda cioè a tutte le esigenze della persona umana. Queste due conquiste dell'umanità hanno esigito e, in parte, ottenuto un notevole sviluppo dell'istituzione scolastica in tutto il mondo e un grande aumento di educatori che vi sono impegnati, e di conseguenza anche del laicato cat­tolico che in essa lavora. Questo processo ha coinciso in questi ultimi anni con una notevole diminuzione di sacerdoti, religiosi e religiose dediti all'insegnamento. Ciò è dovuto, in particolare, alla scarsità di vocazioni, all'urgenza di impegnarsi anche ad altre attività apo­stoliche e, in alcuni casi, perfino all'erronea teoria che la scuola non fosse un campo atto alla pastorale della Chiesa.(3) Tuttavia la Chiesa, per l'efficace e stimato lavoro apostolico che tradi­zionalmente viene realizzato dalle numerose famiglie religiose nell'insegnamento, non può far a meno di lamentare questa diminuzione di personale che ha colpito la scuola cattolica spe­cialmente in alcuni Paesi. Essa, infatti, considera che la presenza dei religiosi e dei laici cattolici è necessaria per l'educazione integrale dei fanciulli e dei giovani.

4. Questo insieme di fatti e cause ha mosso questa S. Congre­gazione a vedere in ciò un autentico «segno dei tempi» per la scuola e un invito a riflettere in particolare sul laico cattolico come testimone della fede in un ambiente così privilegiato per la formazione dell'uomo; inoltre, senza pretendere di esaurire l'argomento, ma dopo serio e prolungato approfondimento della importanza del tema, essa desidera offrire alcune considerazioni che, completando quelle già fatte nel documento «La Scuola Cattolica», possano aiutare gli interessati al problema e solle­citarne ulteriori e più profondi sviluppi.

I. IDENTITÀ DEL LAICO CATTOLICO
NELLA SCUOLA

5. In primo luogo sembra necessario cercare di delineare la identità del laico cattolico nella scuola poiché il suo modo di essere testimone della fede dipende dalla sua peculiare identità nella Chiesa e nel campo di lavoro. Questo Sacro Dicastero, volendo contribuire a questa ricerca, desidera offrire un servizio sia al laico cattolico che lavora nella scuola e deve conoscere chia­ramente i caratteri specifici della sua vocazione, sia al Popolo di Dio, che ha bisogno di avere una chiara immagine del laico che ne è parte attiva e svolge con il suo lavoro un ruolo importante per la Chiesa.

IL LAICO NELLA CHIESA

6. Come ogni cristiano il laico cattolico, che agisce nella scuola, è membro del Popolo di Dio e, come tale, unito al Cristo per il Battesimo, partecipa della fondamentale e comune dignità di quanti vi appartengono, poiché, infatti, «comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione nel Cristo, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza, una sola speranza e una indivisa carità».(4) Benché nella Chiesa «alcuni per la volontà di Cristo sono costituiti dottori e dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli nell'edificare il Corpo di Cristo».(5) Come ogni cristiano anche il laico è partecipe «dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo»,(6) e il suo apostolato è «partecipazione alla stessa salvifica missione della Chiesa e a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso».(7)

7. Questa vocazione alla santità personale e all'apostolato, co­mune a tutti i fedeli, acquista in molti casi aspetti caratteristici che trasformano la vita laicale in una vocazione specifica e «stupenda» all'interno della Chiesa. «Per la loro vocazione è pro­prio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio».(8) I laici, trovandosi a vivere in tutte le attività e professioni del mondo e nelle condizioni or­dinarie della vita familiare e sociale, «là sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla san­tificazione del mondo mediante l'esercizio del loro proprio ufficio, guidati dallo spirito evangelico e, in questo modo, a manifestare il Cristo agli altri, principalmente con la testimo­nianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità».(9)

8. Il rinnovamento e l'animazione cristiana dell'ordine tem­porale che compete in modo specifico ai laici li impegnano a risanare «le istituzioni e le condizioni del mondo»(10) se ve ne siano che spingano i costumi al peccato, a elevare le realtà umane in modo che si conformino per quanto è possibile al Vangelo e «il mondo sia animato dallo spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace».(11) «Con la loro competenza, quindi, nelle discipline profane e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, contribuiscano validamente perché i beni creati siano fatti progredire per l'utilità di tutti gli uomini, e siano tra essi più convenientemente distribuiti».(12)

9. L'evangelizzazione del mondo si trova di fronte a tale varietà e complessità di situazioni che molto spesso solo i laici possono essere testimoni efficaci del Vangelo in determinate realtà e a molti uomini. Per questo essi «sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro».(13) Per questa presenza dell'intera Chiesa e del Signore, che essa annunzia, i laici dovranno essere pronti ad annunziare il messaggio con le parole e testimoniarlo con le opere.

10. L'esperienza acquisita dai laici per il loro genere di vita e per la loro presenza nei diversi campi dell'attività umana li rende particolarmente capaci a segnalare con esattezza i segni dei tempi che caratterizzano il periodo storico che sta vivendo il Popolo di Dio. Le loro iniziative, la loro creatività, il loro lavoro com­petente, coscienzioso ed entusiasta in questo campo - cose pro­prie alla loro vocazione - faranno sì che tutto il Popolo di Dio possa distinguere con più precisione i valori evangelici e i controvalori che questi segni racchiudono.

IL LAICO CATTOLICO NELLA SCUOLA

11. Le caratteristiche della vocazione dei laici nella Chiesa cor­rispondono anche a quelle di quanti vivono la loro vocazione nella scuola. Il fatto che i laici realizzino la loro vocazione spe­cifica nei diversi settori e aree della vita umana fa sì che la loro comune vocazione acquisti caratteristiche peculiari secondo gli ambienti e gli stati di vita in cui si realizza. Per meglio comprendere la vocazione del laico cattolico nella scuola, si ritiene necessario fare alcune precisazioni.

La scuola

12. Sebbene i genitori siano i primi e principali educatori dei propri figli(14) e il loro diritto - dovere in questo ruolo è «originale e primario rispetto al dovere educativo degli altri»,(15) la scuola ha un valore e un'importanza basilare tra i mezzi di educazione che aiutano e completano l'esercizio di questo diritto e dovere della famiglia. Quindi, in virtù della sua missione, spetta alla scuola coltivare con assidua cura le facoltà intellettuali, creative ed estetiche dell'uomo, sviluppare rettamente la capacità di giudizio, la volontà e l'affettività, promuovere il senso dei valori, favorire le giuste attitudini e i saggi comportamenti, introdurre nel patrimonio culturale acquisito dalle generazioni precedenti, preparare per la vita professionale e alimentare il rapporto amichevole tra alunni di diversa indole e condizione, inducendoli ad aprirsi alla re­ciproca comprensione.(16) Anche per questi motivi la scuola entra nella missione specifica della Chiesa.

13. La scuola esercita una funzione sociale insostituibile poiché fino ad oggi si è rivelata come la risposta istituzionale più importante della società al diritto di ogni uomo all'educazione e quindi alla realizzazione di se stesso e come uno dei fattori più decisivi per la strutturazione e la vita della società stessa. La cre­scente importanza dell'influsso dell'ambiente e degli strumenti della comunicazione sociale con le loro contraddittorie e a vol­te nocive influenze, la continua estensione dell'ambito culturale, l'urgenza di una preparazione alla vita professionale sempre più complessa, più varia e specializzata, e la progressiva inca­pacità della famiglia ad affrontare da sola tutti questi gravi pro­blemi fanno sì che divenga sempre più necessaria la presenza della scuola.

14. A motivo dell'importanza della scuola tra i mezzi di edu­cazione dell'uomo, compete allo stesso educando e, quando ne sia ancora incapace, ai suoi genitori - poiché ad essi spetta in primo luogo l'educazione dei propri figli(17) - la scelta del si­stema di educazione e di conseguenza del tipo di scuola che preferiscono.(17) Appare chiaro così come sia inammissibile, in linea di principio, il monopolio della scuola da parte dello Stato,(18) e come il pluralismo delle scuole renda possibile il ri­spetto dell'esercizio di un diritto fondamentale dell'uomo e della sua libertà, quantunque tale esercizio sia condizionato da mol­teplici circostanze secondo la realtà sociale di ciascun Paese. In questa pluralità di scuole la Chiesa offre il suo specifico con­tributo e arricchimento con la scuola cattolica. Ora, il laico cattolico svolge una missione evangelizzatrice nelle diverse scuole, non solo nella scuola cattolica, nell'ambito concessogli dai contesti socio - politici esistenti nel mondo con­temporaneo.
Il laico cattolico educatore
15. Lo stesso Concilio Vaticano II sottolinea in modo speciale la vocazione di educatore che compete sia ai laici(20) sia a coloro che abbracciano nella Chiesa altre forme di vita. Essendo educatore ogni persona che contribuisce alla for­mazione integrale dell'uomo, gli insegnanti, che hanno fatto di un tale lavoro la propria professione, meritano particolare con­siderazione nella scuola sia per il loro numero sia per la finalità stessa della istituzione scolastica. A questi bisogna aggiungere tutti coloro che partecipano in diverso grado a detta formazione, soprattutto se hanno incarichi direttivi, quali consiglieri, tutori e coordinatori, completando l'azione educativa dell'insegnante oppure con ruoli amministrativi o ausiliari. L'analisi del con­cetto laico cattolico come educatore, incentrata nel suo ruolo di insegnante, può illuminare tutti, secondo le proprie attività, e costituire un elemento di profonda riflessione personale.

16. Effettivamente qui non si intende parlare dell'insegnante come di un professionista che si limiti a trasmettere sistema­ticamente nella scuola una serie di conoscenze, bensì dell'educatore, del formatore di uomini. Il suo compito supera di gran lunga quello del semplice docente, però non lo esclude. Per questo si richiede, come per quello e anche più, una ade­guata preparazione professionale. È questo il fondamento umano senza il quale sarebbe illusorio affrontare qualsiasi azione educativa. Tuttavia, la professionalità dell'educatore possiede una spe­cifica caratteristica che raggiunge il suo senso più profondo nell'educatore cattolico: la trasmissione della verità. In effetti, per l'educatore cattolico, una qualsiasi verità sarà sempre una partecipazione dell'unica Verità, e la comunicazione della ve­rità come realizzazione della sua vita professionale si trasforma in carattere fondamentale della sua partecipazione peculiare alla missione profetica del Cristo, che egli prolunga con il suo in­segnamento.

17. La formazione integrale dell'uomo come finalità dell'educazione comprende lo sviluppo di tutte le facoltà dell'educando, la sua preparazione alla vita professionale, la formazione del suo senso etico e sociale, la sua apertura al trascendente e la sua educazione religiosa. Ogni scuola e ogni educatore devono procu­rare di «formare personalità forti e responsabili, capaci di scelte libere e giuste», preparando in tal modo i giovani «ad aprirsi progressivamente alla realtà e formarsi una determinata conce­zione della vita».(21)

18. Ogni educazione si ispira, inoltre, ad una determinata conce­zione dell'uomo. Nell'attuale mondo pluralista l'educatore cat­tolico è chiamato a ispirare coscienziosamente la propria azione alla concezione cristiana dell'uomo in comunione con il magistero della Chiesa. Concezione che, includendo la difesa dei diritti umani, pone l'uomo nella dignità dì figlio di Dio, e nella più completa libertà perché liberato dal peccato da Cristo stes­so, nel più alto destino che è il possesso definitivo e totale di Dio attraverso l'amore. Lo pone nella più stretta relazione di solidarietà con tutti gli uomini attraverso l'amore fraterno e la comunità ecclesiale, lo stimola al conseguimento del più alto sviluppo del genere umano perché è stato costituito signore del mondo dal suo Creatore, gli presenta, infine, come modello e meta il Cristo, il figlio di Dio Incarnato, uomo perfetto la cui imitazione costituisce per l'uomo la fonte inesauribile di supe­ramento personale e collettivo. In questo modo l'educatore cat­tolico può essere sicuro che rende l'uomo più uomo.(22) Toccherà soprattutto all'educatore laico rivelare esistenzialmente ai propri alunni che l'uomo immerso nelle cose terrene - colui che vive pienamente la vita secolare e costituisce la grande maggioranza della famiglia umana - ha una così alta dignità.

19. La vocazione di ogni educatore cattolico comporta una tensione di continua proiezione sociale, poiché egli prepara l'uo­mo al suo inserimento nella società disponendolo ad assumere un impegno sociale atto a migliorarne le strutture conforman­dole ai principi evangelici, e per realizzare tra gli uomini una convivenza pacifica e fraterna. Il mondo attuale con i suoi gravi problemi: fame, analfabetismo, sfruttamento dell'uomo, acuti contrasti tra il livello di vita delle persone e dei Paesi, aggres­sività e violenza, crescente diffusione della droga, legalizzazione dell'aborto e, per molti aspetti, svilimento della vita umana, esige che l'educatore cattolico sviluppi in sé e alimenti nei suoi alunni una spiccata sensibilità sociale e una profonda responsabilità civile e politica. L'educatore cattolico viene coinvolto in ultima analisi nel compito di formare uomini che attuino la «civiltà dell'amore».(23) L'educatore laico è chiamato allo stesso tempo a recare a questa progettazione e sensibilità sociale la sua esperienza di vita, affinché l'inserimento dell'educando nella società permetta di elevare la fisionomia specificamente laicale che la quasi to­talità degli alunni sono chiamati a vivere.

20. La formazione integrale dell'uomo trova nella scuola un suo mezzo specifico: la comunicazione della cultura. Per l'educatore cattolico è di notevole importanza considerare la profonda re­lazione esistente tra la cultura e la Chiesa. Quindi, questa, non solo influisce nella cultura ed è, a sua volta, condizionata da essa, ma l'assume in tutto ciò che è compatibile con la Rive­lazione e le è necessaria per proclamare il messaggio di Cristo esprimendolo adeguatamente secondo le caratteristiche culturali di ciascun popolo e delle diverse epoche. Nella relazione tra la vita della Chiesa e la cultura si manifesta con particolare chiarezza l'unità esistente tra la creazione e la redenzione. La trasmissione della cultura, poi, per meritare la qualifica di educativa, oltre ad essere organica deve essere critica e valutativa, storica e dinamica. La fede offre all'educatore cattolico alcune premesse essenziali per realizzare questa critica e questa valutazione, e gli mostra le vicende umane come una storia della salvezza chiamata a sfociare nella pienezza del regno che situa costantemente la cultura in una linea creatrice di continuo perfezionamento. Anche nella comunicazione della cultura è l'educatore laico, quale autore e partecipe degli aspetti più laicali della medesima, colui che, dal suo punto di vista laico, ha la missione di far comprendere all'educando il carattere globale proprio della cul­tura, la sintesi che in essa raggiungono gli aspetti laicali e re­ligiosi, e l'apporto personale che gli spetta di offrire nel suo stato.

21. La trasmissione della cultura sotto l'aspetto educativo si rea­lizza nella scuola attraverso una metodologia i cui principi e le cui applicazioni si trovano nella sana pedagogia. All'interno dei diversi orientamenti pedagogici deve esserci l'aspirazione dell'educatore cattolico in virtù della stessa concezione cristiana dell'uomo alla pratica di una pedagogia che dia particolare ri­lievo al contatto diretto e personale con l'alunno. Tale contatto, realizzato da parte dell'educatore convinto del ruolo fondamentalmente attivo che l'alunno ha sulla propria autoeduca­zione, deve condurre a un rapporto di dialogo che consenta un cammino spedito alla testimonianza di fede che deve con­figurare la propria vita.

22. Questo lavoro dell'educatore cattolico nella scuola si situa in una struttura, la comunità educativa, costituita dall'incon­tro e dalla collaborazione delle diverse categorie - alunni, genitori, insegnanti, ente gestore e personale non docente - la quale caratterizza la scuola come istituzione di formazione integrale. La concezione della scuola come comunità, sebbene non si esaurisca in essa, e la coscienza diffusa di questa realtà è una delle conquiste più arricchenti dell'istituzione scolastica contemporanea. L'educatore cattolico esercita la sua professione come parte di una categoria fondamentale di questa comunità. Il che gli offre, proprio attraverso la sua struttura professionale, la pos­sibilità di vivere personalmente e far vivere ai suoi alunni la di­mensione comunitaria della persona, alla quale è chiamato ogni uomo come essere sociale e come membro del Popolo di Dio. La comunità educativa della scuola viene così a essere scuola di appartenenza a comunità sociali più vaste, e quando è anche cristiana, come è chiamata a essere la comunità educativa della scuola cattolica, diventa lo spazio nel quale l'educatore trova la grande opportunità di insegnare all'educando a vivere spe­rimentalmente che cosa significhi essere membro della grande comunità che è la Chiesa.

23. La struttura comunitaria della scuola pone l'educatore cat­tolico a contatto con un numero molto grande e vario di persone; non solamente con gli alunni che sono la ragione stessa dell'esistenza della scuola e della sua professione, ma anche con i suoi colleghi, con i genitori degli alunni, con tutto il perso­nale della scuola, con l'ente gestore. Con tutti questi, con gli organismi scolastici e culturali con i quali la scuola è in contatto, con la Chiesa locale e con le parrocchie, con l'ambiente umano nel quale essa è inserita e nel quale in diversi modi deve proiettarsi, l'educatore cattolico è chiamato a svolgere un'attività di animazione spirituale che può comprendere differenti forme di evangelizzazione.

24. Possiamo dire, in sintesi, che l'educatore laico cattolico è colui che esercita la sua missione nella Chiesa vivendo nella fede la sua vocazione secolare nella struttura comunitaria della scuola, con la maggior qualificazione professionale possibile e con un progetto apostolico ispirato alla fede per la formazione integrale dell'uomo, nella trasmissione della cultura, nella pratica di una pedagogia di contatto diretto e personale con l'alunno, nell'a­nimazione spirituale della comunità alla quale appartiene e in quelle categorie di persone con le quali la comunità educativa e in rapporto. A lui, come membro della comunità, le famiglie e la Chiesa affidano il compito educativo nella scuola. L'inse­gnante laico deve convincersi profondamente che entra a partecipare alla missione santificatrice ed educatrice della Chiesa, ma non può ritenersi staccato dal complesso ecclesiale.

II. COME VIVERE LA PROPRIA IDENTITÀ

25. Il lavoro è la vocazione dell'uomo e una delle caratteristiche che lo distinguono dal resto delle creature;(24) è evidente che non basta avere una identità vocazionale, che permea il suo es­sere. se questa identità non si vive. Più in concreto, se col suo lavoro l'uomo deve contribuire «soprattutto all'incessante elevazione culturale e morale della società»,(25) l'educatore che non realizza la sua missione educativa cessa per ciò stesso di essere educatore. E se la realizzasse senza che in essa trasparisse orma alcuna della sua condizione di cattolico, ben poco egli potrebbe dirsi tale. Questo aspetto pratico dell'identità comprende alcuni elementi comuni, essenziali, che non potranno mancare in alcun caso, comunque sia la scuola nella quale l'educatore laico vive la sua vocazione; vi saranno, però, altre caratteristiche che dovranno essere proprie dei diversi tipi di scuole secondo la loro natura.

CARATTERISTICHE COMUNI DI UNA IDENTITÀ VISSUTA

Realismo aperto alla speranza

26. L'identità dell'educatore laico cattolico assume necessa­riamente i caratteri di un ideale di fronte al quale si pon­gono innumerevoli ostacoli. Questi provengono dalle circostanze personali e dalle deficienze della scuola e della società che si ripercuotono in maniera particolare sui fanciulli e sui giovani. Le crisi di identità, l'assenza di fiducia nelle strut­ture sociali, la conseguente insicurezza e mancanza di con­vinzioni personali, il contagio della progressiva secolarizza­zione della società, la perdita del senso di autorità e del debito uso della libertà sono alcune delle molteplici difficoltà che gli adolescenti e i giovani del nostro tempo presentano, più o meno, secondo le diverse culture e i vari paesi, all'educatore cattolico, il quale, per la sua condizione di laico, si vede ge­neralmente amareggiato dalle crisi della famiglia e del mondo. Le difficoltà esistenti vanno riconosciute con sincero reali­smo; contemporaneamente devono essere considerate e affron­tate con quel sano ottimismo e quel coraggioso sforzo che è richiesto a tutti i credenti dalla speranza cristiana e dalla par­tecipazione al mistero della Croce. Inoltre, il primo e indispen­sabile fondamento per vivere l'identità dell'educatore laico cattolico è condividere cordialmente e fare proprie le indica­zioni che su tale identità la Chiesa, illuminata dalla divina Ri­velazione, ha espresso, e procurare di acquistare la necessaria fortezza nella personale identificazione con il Cristo.

Professionalità. Concezione cristiana dell'uomo e della vita

27. Se la professionalità è uno dei caratteri dell'identità di ogni laico cattolico, la prima cosa che deve sforzarsi di raggiungere il laico educatore - desideroso di vivere la propria vocazione ecclesiale - è quella di conseguire una solida formazione professionale, il che comprende, in questo caso, un vasto ventaglio di competenze culturali, psicologiche e pedagogiche.(26) Non è sufficiente, tuttavia, raggiungere inizialmente un buon livello di preparazione. Occorre mantenerlo ed elevarlo aggiornandolo. Sarebbe vivere al di fuori della realtà ignorare le grandi dif­ficoltà che questo implica, perché l'educatore laico, che spesso non è adeguatamente retribuito, deve svolgere talvolta più oc­cupazioni quasi incompatibili con il suo lavoro di perfeziona­mento professionale, sia per il tempo che ciò richiede, sia per la stanchezza che provoca. Queste difficoltà sono per ora in­solubili in molti Paesi, particolarmente in quelli meno sviluppati. Gli educatori sanno comunque che la scadente qualità dell'insegnamento, causata dall'insufficiente preparazione delle lezioni o dal ristagno dei metodi pedagogici, ridonda necessa­riamente in danno della formazione integrale dell'educando, alla quale essi sono chiamati a concorrere, e della testimonianza di vita che sono obbligati a offrire.

28. Il compito dell'educatore cattolico deve essere orientato alla formazione integrale di un uomo al quale si scopre il meravi­glioso orizzonte di risposte che la Rivelazione cristiana offre intorno al senso ultimo dello stesso uomo, della vita umana, della storia e del mondo. Queste risposte vanno offerte all'educando partendo dalla profonda convinzione di fede dell'educatore, con il massimo, delicato rispetto della coscienza dell'alunno. È certo che le diverse situazioni esistenziali del discente, in relazione alla fede, contemplano diversi livelli di presentazione della visione cristiana dell'esistenza, che possono andare dalle forme più elementari di evangelizzazione fino alla piena comunione della stessa fede. In qualunque caso, però, tale presentazione dovrà rivestire sempre il carattere di una offerta, per quanto pressante e urgente, mai quello di una imposizione. D'altra parte tale offerta non può farsi freddamente e da un punto di vista puramente teorico, ma come una realtà vitale che merita l'adesione dell'essere intero dell'uomo sì da far parte della sua stessa vita.

Sintesi tra fede, cultura e vita

29. Questo vasto compito non si raggiunge senza la convergenza di diversi elementi educativi in ciascuno dei quali l'educatore cattolico laico deve comportarsi come testimone della fede. La trasmissione organica, critica e valutativa della cultura(27) comporta evidentemente una trasmissione di verità e conoscenze, e sotto questo aspetto l'educatore cattolico deve star continuamente attento ad instaurare un dialogo aperto tra cultura e fede - profondamente collegate tra loro - per facilitare la dovuta sintesi interiore nell'educando. Sintesi che l'educatore dovrà aver conseguito in se stesso antecedentemente.

30. Questa comunicazione critica, tuttavia, comporta da parte dell'educatore anche la presentazione di una serie di valori e controvalori la cui considerazione, come tale, dipende dalla concezione di vita e dell'uomo. Di conseguenza l'educatore catto­lico non può accontentarsi di presentare positivamente e con abilità una serie di valori di carattere cristiano come semplici oggetti astratti meritevoli di stima, ma deve suscitare dei comportamenti negli alunni: la libertà rispettosa degli altri, il senso di responsabilità, la sincera e continua ricerca della verità, la critica equilibrata e serena, la solidarietà e il servizio verso tutti gli uomini, la sensibilità verso la giustizia, la speciale coscienza di sentirsi chiamati a essere agenti positivi di cambiamento in una società in continua trasformazione. Dato l'ambiente generale di secolarizzazione e miscredenza nel quale l'educatore laico spesso esercita la sua missione, è importante che, superando una mentalità puramente sperimentale e critica, possa aprire la coscienza dei suoi alunni alla trascen­denza e disporli così ad accogliere la verità rivelata.

31. A partire da tali attitudini l'educatore potrà anche mettere in evidenza, con maggiore facilità, l'aspetto positivo di alcuni comportamenti conseguenti a queste attitudini. La sua massi­ma aspirazione deve essere di fare in modo che detti comporta­menti giungano a essere motivati e uniformati dalla fede interiore dell'educando, conseguendo così la loro massima ricchezza e estendendosi a realtà che, come la orazione filiale, la vita sacramentale, la carità fraterna e la sequela del Cristo, sono patrimonio specifico dei credenti. La piena coerenza del sapere, delle attitudini e dei com­portamenti con la fede sfocerà nella sintesi personale tra la vita e la fede dell'educando. Pochi cattolici sono qualificati come l'educatore per conseguire il fine dell'evangelizzazione, che è l'incarnazione del messaggio cristiano nella vita dell'uomo.

Testimonianza di vita. Contatto diretto e personale con l'alunno

32. Di fronte all'alunno in formazione occupa un posto di par­ticolare rilievo la preminenza che la condotta ha sempre sulla parola. Quanto più l'educatore vive il modello di uomo che presenta come ideale, tanto più sarà credibile e imitabile, per­ché l'alunno possa contemplarlo come ragionevole e come de­gno di essere vissuto, vicino e attuabile. Specialissima importanza acquista qui la testimonianza di fede dell'educatore laico. In lui l'alunno potrà vedere quegli atteggiamenti e comportamenti cristiani che tante volte mancano nell'ambiente circostante secolarizzato nel quale vive, tanto da lasciargli supporre che siano irrealizzabili nella vita. Non si dimentichi, nelle crisi «che col­piscono soprattutto le giovani generazioni», che l'elemento più importante nel compito educativo è «sempre l'uomo e la sua dignità morale, la quale procede dalla verità dei suoi principi e dalla conformità delle sue azioni a questi principi»(28)

33. Sotto questo aspetto acquista una notevole importanza ciò che è stato detto del contatto diretto e personale dell'educato­re con l'alunno,(29) mezzo privilegiato per la testimonianza di vita. Questa relazione personale, che non deve mai essere un monologo ma un dialogo, e deve nell'educatore coesistere con la convinzione che essa costituisce un mutuo arricchimento, esige contemporaneamente dall'educatore cattolico il continuo ricordo della propria missione. L'educatore non può dimenticare che l'alunno, durante la sua crescita, sente la necessità di amicizia di una guida ed ha bisogno di aiuto per poter superare i propri dubbi e disorientamenti. Deve, inoltre, nel suo rapporto con l'alunno, equilibrare, con prudente realismo e adattamento ad ogni singolo caso, avvicinamento e lontananza. La familiarità facilita la relazione personale, ma è indispensabile anche un certo distacco perché l'educando giunga a sviluppare la propria personalità, senza condizionamenti; occorre evitare la inibizione nell'uso responsabile della libertà. Conviene ricordare qui che l'uso responsabile di tale li­bertà comprende la scelta del proprio stato di vita. Nei rapporti con i suoi alunni credenti, l'educatore cattolico non può trascurare il tema della vocazione personale dell'edu­cando all'interno della Chiesa. Qui subentrano sia la sco­perta e la cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita reli­giosa, sia la chiamata a vivere un particolare impegno negli Isti­tuti secolari o in movimenti cattolici di apostolato, compiti molte volte trascurati, sia l'aiuto al discernimento della chia­mata al matrimonio o al celibato, anche consacrato, in seno alla vita laicale. D'altra parte, il contatto personale e diretto non è solo una metodologia appropriata perché l'educatore vada formando l'e­ducando, ma è la sorgente stessa dalla quale l'educatore attinge la necessaria conoscenza dell'alunno che gli permetta di formarlo adeguatamente. Tale conoscenza è oggi tanto più indispensabi­le, in quanto maggiori sono stati - in profondità e frequenza - i cambiamenti delle generazioni in questi ultimi tempi.

Aspetti comunitari

34. Contemporaneamente a una equilibrata affermazione della propria personalità e come parte di questa, l'alunno deve es­sere anche orientato dall'educatore cattolico a un atteggiamento di socialità verso gli altri membri della comunità educativa, delle altre comunità di cui fa parte e dell'intera comunità umana. D'altra parte, l'appartenenza alla comunità educativa e l'influenza che la scuola deve esercitare e spera ricevere dall'ambiente so­ciale circostante, richiede che l'educatore laico cattolico estenda le sue relazioni e i suoi lavori in «équipe» con i suoi colleghi, in rapporto con le altre categorie di detta comunità e abbia la disponibilità necessaria a collaborare nei diversi settori che il compito educativo comune comporta. Essendo la famiglia «la prima e fondamentale scuola di socialità»,(30) egli dovrà specialmente accettare volentieri e suscitare i debiti contatti con i genitori degli alunni. Questi contatti sono peraltro necessari perché l'impegno educativo della famiglia e della scuola si orienti congiuntamente negli aspetti concreti, per facilitare «il grave dovere dei genitori di impegnarsi a fondo in un rapporto cordiale e fattivo con gli insegnanti e i dirigenti delle scuole»,(31) e soddisfare alla necessità di aiuto di molte famiglie per poter educare conve­nientemente i propri figli e compiere così la funzione «inso­stituibile e inalienabile»(32) che spetta a loro.

35. Nel medesimo tempo è anche necessario che l'educatore pre­sti una costante attenzione all'ambiente socio - culturale, econo­mico e politico della scuola; sia a quello più prossimo del quartiere e della circoscrizione nella quale la scuola si trova in­serita, sia ai contesti regionale e nazionale che, molte volte, at­traverso i mezzi di comunicazione sociale, esercitano una notevole influenza sugli altri. Solo seguendo con attenzione la situazione reale e nazionale e internazionale, l'educatore avrà i dati precisi per rispondere alle esigenze poste dalla formazio­ne dei suoi alunni e potrà prepararli al futuro come lo prevede ora.

36. Sebbene sia giusto sperare che l'educatore laico cattolico dia preferibilmente la sua adesione alle associazioni professionali cattoliche, tuttavia, non può considerare come estraneo al suo compito educativo il partecipare e collaborare con altri gruppi e associazioni professionali o connesse alla educazione e recare il suo contributo, per quanto modesto possa essere, al conse­guimento di una adeguata politica educativa nazionale e la sua eventuale attività sindacale in consonanza sempre con i diritti umani e i principi cristiani sull'educazione.(33) Rifletta l'educatore laico quanto possa rimanere separata, a volte, la sua vita professionale dai movimenti associativi, e le gravi ripercussioni che il suo disinteresse potrebbe recare in problemi educativi importanti. È vero che molte di queste attività non sono retribuite e il realizzarle dipende dalla generosità di coloro che vi partecipano. È necessario fare, senza dubbio, un invito pressante a questa generosità quando sono in gioco le realtà di una trascendenza che non possono essere estranee all'educatore cattolico.

Una vocazione più che una professione

37. L'educatore laico esercita un lavoro che ha innegabilmente un aspetto professionale, ma che non può ridursi ad esso. La professionalità è inclusa ed assunta nella sua soprannaturale vocazione cristiana. Deve, quindi, viverla effettivamente come una vocazione personale nella Chiesa e non solo come l'esercizio di una professione. Vocazione nella quale, per la sua stessa na­tura laicale, mirerà a fondere il disinteresse e la generosità con la legittima difesa dei propri diritti, tuttavia, in sostanza, una vocazione con tutta la pienezza di vita e di impegno personale che detta parola racchiude, e che spalanca vastissime prospet­tive per essere vissuta con entusiasmo. È, poi, vivamente auspicabile che ogni educatore laico cat­tolico acquisti la massima coscienza dell'importanza, ricchezza e responsabilità di una simile vocazione e si sforzi di risponde­re a quanto essa esige, con la consapevolezza che questa rispo­sta è fondamentale per la costruzione e il costante rinnovamento della città terrena e per l'evangelizzazione del mondo.

CARATTERISTICHE SPECIFICHE DEL LAICO CATTOLICO
NELLE DIVERSE SCUOLE

Nella scuola cattolica

38. Nota caratteristica della scuola cattolica «è dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità, di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme se­condo quella nuova creatura, che in essi ha realizzato il battesimo, e di coordinare, infine, l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede».(34) Per tutti questi motivi, è ovvio che la scuola cattolica «rientra nella missione salvifica della Chiesa e particolarmente nell'esigenza della educazione alla fede»(35) e include un'adesione sincera al magistero della Chiesa, una presentazione di Cristo come modello supremo dell'uomo e una speciale sollecitudine della qua­lità dell'insegnamento religioso scolastico. Di fronte a questi ideali e obiettivi specifici, che costituiscono il progetto educativo generale della scuola cattolica, il laico cattolico, che vi lavora, deve esserne cosciente e essere convinto, quindi, che la scuola cattolica è lo spazio scolastico nel quale può sviluppare la sua completa vocazione con maggior libertà e approfondimento ed è il modello della sua azione apostolica in qualsiasi scuola, secondo le possibilità offerte. Tutto ciò deve stimolarlo a contribuire corresponsabilmente al conseguimento di questi ideali e obiettivi, in atteggiamento di piena e sincera adesione a essi. Ciò non implica la mancanza di difficoltà, tra le quali occorre ricordare, per le sue molte conseguenze, la mag­gior eterogeneità interna degli alunni e di professori nelle scuole cattoliche di molti Paesi.

39. All'interno dei caratteri comuni a tutte le scuole cattoliche esistono diverse realizzazioni possibili che, in pratica, corrispon­dono in molti casi al carisma specifico dell'istituto religioso che le ha fondate e le promuove. Però, sia che abbia la sua origine in una istituzione del clero secolare, di religiosi, o di laici, ogni scuola cattolica può conservare le proprie caratteristiche, che si esprimeranno nel progetto educativo particolare o nella sua pedagogia. In questo caso il laico cattolico, che vi lavora, dovrà cercare di comprendere tali caratteristiche e le ragioni che le hanno ispirate e procurare di identificarsi con le stesse in maniera sufficiente perché gli elementi propri della scuola si realizzino attraverso il suo lavoro personale.

40. È importante che, in accordo con la fede che professano e la testimonianza di vita che sono chiamati a dare,(36) i laici cattolici che operano in questa scuola partecipino con sem­plicità e in modo attivo alla vita liturgica e sacramentale che in essa si svolge. Gli alunni comprenderanno meglio, attraverso l'esempio vivo, l'importanza che questa vita ha per i credenti. È sommamente positivo che in una società secolarizzata - dove gli alunni facilmente costatano che molti laici, i quali si dicono cattolici, vivono abitualmente al di fuori della liturgia e dei sacramenti - possano vedere il comportamento di altri laici adulti che prendono con serietà queste realtà come fonte e alimento della propria vita cristiana.

41. La comunità educativa deve aspirare a costituirsi nella scuola cattolica in comunità cristiana, ossia in vera comunità di fede. Ciò è irrealizzabile, neppure inizialmente, senza la partecipa­zione cristiana condivisa almeno da una parte delle principali categorie - genitori, professori e alunni - della comunità educativa. È sommamente auspicabile che il laico cattolico, e specialmente l'educatore, sia disposto a partecipare attivamente ai gruppi di animazione pastorale o ad altri nuclei capaci di fermento evangelico.

42. Frequentano talvolta le scuole della Chiesa, alunni che non professano la fede cattolica o che forse mancano di ogni cre­denza religiosa. Come risposta volontaria dell'uomo a Dio che gli si rivela, la fede non ammette violenza. Quindi gli educa­tori cattolici, nel proporre la dottrina in consonanza con le loro convinzioni religiose e con la identità della scuola, avranno massimo rispetto della libertà degli alunni non cattolici. Saranno sempre aperti a un dialogo autentico, convinti che l'apprezzamento affettuoso e sincero per chi onestamente cerca Dio rappresenta, in tali circostanze, la testimonianza più opportuna della propria fede.(37)

43. La scuola cattolica, come comunità educativa che ha per aspirazione ultima di educare alla fede, sarà tanto più idonea a compiere il suo mandato quanto più rappresenterà la ricchezza della comunità ecclesiale. La presenza simulta­nea in essa di sacerdoti, religiosi, religiose e laici costituisce per l'alunno un riflesso vivo di questa ricchezza che gli facilita una maggior assimilazione della realtà della Chiesa. Consideri il laico cattolico che, da questo punto di vista, la sua presenza nella scuola cattolica, come quella dei sa­cerdoti, religiosi o religiose, è importante. Poiché ciascuna di queste forme di vocazione ecclesiale reca all'educando un esempio di incarnazione vitale distinta: il laico cattolico, l'intima dipendenza delle realtà terrene da Dio in Cristo, la professionalità secolare, come ordinazione del mondo a Dio; il sacerdote, le molteplici sorgenti di grazia che il Cristo ha lasciato nei sacramenti a tutti i credenti, la luce rivelatrice della Parola, il carattere di servizio che riveste la struttura gerarchica della Chiesa; i religiosi e le religiose, lo spirito innovatore delle beatitudini, la continua chiamata al Regno come unica realtà definitiva, l'amore del Cristo e degli uomini in Cristo come scelta totale della vita.

44. Le caratteristiche di ciascuna vocazione devono far pensare a tutti alla grande convenienza della mutua presenza e comple­mentarietà per assicurare il carattere della scuola cattolica e ani­mare tutti alla ricerca sincera dell'unione e della coordinazione. Contribuiscano anche i laici con il loro atteggiamento al debito inserimento della scuola cattolica nella pastorale d'insieme della Chiesa locale - prospettiva che mai deve dimenticarsi - e nei campi convergenti della pastorale parrocchiale. Offrano anche le loro iniziative e la loro esperienza per una maggiore relazione e collaborazione delle scuole cattoliche tra loro e con le altre scuole, particolarmente con quelle che partecipano di una medesima concezione cristiana, e con la società.

45. I laici educatori cattolici pensino anche molto seriamente alla minaccia di impoverimento che potrebbe derivare alla scuola cattolica dalla scomparsa o dalla diminuzione in essa di sacer­doti, religiosi e religiose. Il che deve essere evitato nella misura del possibile, mentre nel contempo ci si deve preparare in ma­niera adeguata per essere capaci di mantenere, da soli, qualora fosse necessario e conveniente, le scuole cattoliche attuali o future. Infatti, il dinamismo storico che opera nella scuola con­temporanea fa prevedere che, almeno per un periodo di tempo abbastanza vicino, l'esistenza della scuola cattolica in alcuni Paesi di tradizione cattolica dipenderà fondamentalmente dai laici, come è dipeso e dipende, con gran frutto, in tante giovani Chiese. Simile responsabilità non può risolversi in attitudini meramente passive di timore o lamentele, ma stimolare ad azioni decise ed efficaci, che si dovrebbero già prevedere e pianificare con l'aiuto di quegli stessi istituti religiosi che vedono diminuire le loro possibilità per un immediato futuro.

46. Talvolta i Vescovi, approfittando della disponibilità di laici competenti e desiderosi di dare una chiara testimonianza cri­stiana, nel campo educativo, affidano loro la gestione totale di scuole cattoliche, incorporandoli così alla missione apostolica della Chiesa.(38) Data l'estensione sempre crescente del campo scolastico, la Chiesa ha bisogno di approfittare di tutte le risorse disponibili per educare cristianamente la gioventù, e in conseguenza incrementare la partecipazione di educatori laici cattolici. Ciò non toglie nulla all'importanza delle scuole dirette dalle fa­miglie religiose. La testimonianza qualificata, sia individuale sia comunitaria dei religiosi e delle religiose nei propri centri di insegnamento, fa sì che questi siano più necessari che mai in un mondo secolarizzato. I membri delle Comunità religiose hanno pochi campi, come le loro scuole, per dare questa testimonianza. In esse i religiosi e le religiose possono stabilire un contatto immediato e dura­turo con la gioventù, in un contesto che spontaneamente re­clama spesso le verità della fede per illuminare le varie dimensioni dell'esistenza. Questo contatto ha una speciale importanza in un'età in cui le idee e le esperienze lasciano un'impronta permanente nella personalità dell'alunno. Tuttavia, la chiamata che fa la Chiesa agli educatori laici cattolici per inserirli in un attivo apostolato scolastico, non si li­mita ai propri centri scolastici ma si estende a tutto il vasto campo dell'insegnamento, nella misura in cui sia possibile dare in esso una testimonianza cristiana.

Nelle scuole con progetti educativi diversi

47. Si prendono qui in considerazione le scuole statali e non statali ispirate a progetti educativi distinti da quelli della scuola cattolica, purché tali progetti non siano incompatibili con la concezione cristiana dell'uomo e della vita. Queste scuole, che sono la maggioranza tra quelle esistenti nel mondo, possono essere orientate nel loro progetto educativo verso una determinata concezione dell'uomo e della vita, o più semplicemente e riduttivamente a una determinata ideologia,(39) o ammettere all'interno di una cornice di principi sufficientemente generali la coesistenza di diverse concezioni o ideologie tra gli educatori. Si intende questa coesistenza come una pluralità manifestata giacché, in tali scuole, ogni educatore impartisce il suo insegnamento, espone i suoi criteri e presenta come positivi determinati valori in funzione della sua conce­zione dell'uomo o della sua ideologia. Non si adopera qui il termine «scuola neutra», perché in pratica questa non esiste.

48. Nella nostra società pluralista e secolarizzata la presenza del laico cattolico è spesso l'unica presenza della Chiesa in dette scuole. In esse si verifica la situazione sopra citata, per cui solo attraverso il laico la Chiesa può raggiungere determinati am­bienti o istituzioni.(40) La chiara coscienza di questa situazione aiuterà molto il laico cattolico ad assumere le sue responsabilità.

49. L'educatore laico cattolico dovrà impartire le sue materie da un'ottica di fede cristiana, in accordo con le possibilità di ogni materia e con le situazioni ambientali degli alunni e della scuola. In questo modo aiuterà gli educandi a scoprire gli au­tentici valori umani e, sebbene con le limitazioni proprie di una scuola che non ha nel programma l'educazione alla fede e nella quale molti fattori possono anche essere contrari ad essa, contribuirà ad iniziare nei suoi alunni quel dialogo tra la cul­tura e la fede che potrà giungere un giorno alla sintesi auspi­cabile tra entrambe. Tale compito potrebbe essere particolarmente fecondo per gli alunni cattolici e costituirà per gli altri una forma di evangelizzazione.

50. Simile atteggiamento di coerenza con la propria fede va accompagnato nella scuola pluralista da un particolare ri­spetto verso le convinzioni e la fatica degli altri educatori, purché essi non conculchino i diritti umani dell'alunno. Detto rispetto deve aspirare a giungere a un dialogo costruttivo soprattutto con i fratelli cristiani separati e con tutti gli uomini di buona volontà. Così apparirà con maggior chia­rezza che la fede cristiana appoggia in pratica la libertà religiosa e umana che difende e che si concreta logicamente nella società in un ampio pluralismo.

51. La partecipazione attiva del laico cattolico nelle attività della propria categoria, nelle relazioni con gli altri membri della co­munità educativa, e in particolare con i genitori degli alunni, è inoltre di grande importanza perché gli obiettivi, i programmi e i metodi educativi della scuola nella quale lavora si impregnino progressivamente dello spirito evangelico.

52. Per la sua serietà professionale, per il suo sostegno della ve­rità, della giustizia e della libertà, per la sua apertura di vedute e il suo abituale atteggiamento di servizio, per il suo personale coinvolgimento con gli alunni e la sua fraterna solidarietà con tutti, per la sua vita morale integra in tutti i suoi aspetti, il laico cattolico deve essere in questo tipo di scuola lo specchio nel quale tutti e ciascuno dei membri della comunità educativa pos­sano veder riflessa l'immagine dell'uomo evangelico.

In altre scuole

53. Si considerano qui più particolarmente quelle altre scuole esistenti in Paesi di missione o in Paesi scristianizzati nella pra­tica, dove si accentuano, in maniera speciale le funzioni che il laico cattolico, per esigenza della sua fede, deve disimpegnare quando egli è l'unica o quasi esclusiva presenza della Chiesa, non solo nella scuola, ma anche nel luogo nel quale essa è si­tuata. In queste circostanze, egli sarà l'unica voce per far giun­gere agli alunni, ai membri della comunità educativa e a tutti gli uomini coi quali ha relazioni come educatore e come per­sona, il messaggio evangelico.(41) Ciò che è stato detto sulla coscienza della propria responsabilità, la prospettiva cristiana dell'insegnamento e dell'educazione, il rispetto delle convinzioni altrui, il dialogo costruttivo con gli altri cristiani e con i non credenti, la partecipazione attiva nelle diverse categorie della scuola e specialmente la testimonianza di vita, acquista in questo caso un rilievo eccezionale.

54. Non si possono infine dimenticare quei laici cattolici che lavorano in scuole di Paesi nei quali la Chiesa è perseguitata e dove la stessa condizione di cattolico costituisce una proibizione per esercitare la funzione di educatore. I laici sono costretti a nascondere la loro condizione di credenti per poter lavorare in una scuola di orientamento ateo. La loro sola presenza, di per se stessa già tanto difficile, se si adatta silenziosa, ma vitale alla immagine dell'uomo evangelico è già un annunzio efficace del messaggio di Cristo che contrasterà la nociva intenzione che persegue l'educazione atea nella scuola. La testimonianza della vita e il comportamento personale con gli alunni potrà anche condurre, superando tutte le difficoltà, a una evangelizzazione più esplicita. Per molti giovani di questi Paesi, l'educatore laico, che per motivi umani e religiosamente dolorosi si vede costretto a vivere il proprio cattolicesimo nell'anonimato, può essere l'unico mezzo per conoscere genuinamente il Vangelo e la Chiesa che sono sfigurati e attaccati nella scuola.

55. In qualsiasi tipo di scuole, soprattutto in alcune regioni, l'educatore cattolico si incontrerà, non rare volte, con alunni non cattolici. Egli dovrà avere verso di loro non solo un atteggiamento rispettoso, ma accogliente e aperto al dialogo, motivato dall'amore universale cristiano. Tenga, inoltre, presente che la vera educazione non si limita a impartire soltanto co­noscenze, ma promuove la dignità e la fraternità e prepara ad aprirsi alla Verità che è Cristo.

L'EDUCATORE LAICO CATTOLICO COME PROFESSORE DI RELIGIONE

56. L'insegnamento della religione è caratteristico della scuo­la in generale, purché questa aspiri alla formazione dell'uomo nelle sue dimensioni fondamentali, tra le quali la religiosità. In realtà, l'insegnamento religioso scolastico è un diritto - con il relativo dovere - dell'alunno e dei genitori e, per la formazione dell'uomo, è anche uno strumento importantissimo, almeno nel caso della religione cattolica, per raggiungere un'adeguata sintesi tra fede e cultura sulla quale tanto si è insistito. Per questo l'insegnamento della religione cattolica, distinto e nel medesimo tempo complementare detta(42) dovrebbe essere impartito in qualsiasi scuola.

57. L'insegnamento religioso scolastico è dunque, come la ca­techesi, «una forma eminente di apostolato laicale»(43) e sia per questo sia per il numero di professori che tale insegnamento esige nelle dimensioni raggiunte dall'organizzazione scolastica del mondo attuale, toccherà ai laici impartirlo nella maggioranza delle circostanze, soprattutto ai livelli d'insegnamento di base.

58. Prendano quindi coscienza gli educatori cattolici laici, secondo i luoghi e le situazioni, del grande compito che si offre loro in questo campo. Senza la loro generosa collaborazione, l'insegnamento religioso scolastico non potrà adeguarsi alle necessità esistenti, come già accade in alcuni paesi. La Chiesa ha bisogno in questo caso, come in molti altri, della collaborazione dei laici. Questa urgenza può essere particolarmente impellente nelle giovani Chiese.

59. Senza dubbio l'insegnante di religione ha una funzione di primo piano per il fatto che «non si vuole che ciascuno tra­smetta la propria dottrina o quella di un altro maestro, ma l'insegnamento di Gesù Cristo».(44) Di conseguenza, nella trasmissione della medesima, tenendo presente l'uditorio al quale si rivolgono, gli insegnanti di religione, come quelli di catechesi, «avranno ... la saggezza di cogliere nel campo della ricerca teologica ciò che può illuminare la loro riflessione ed il loro insegnamento, attingendo ... alle vere fonti, nella luce del Magistero» dal quale dipendono nel disimpegno della loro funzione e «si asterranno dal turbare l'animo dei fanciulli e dei giovani ... con teorie peregrine».(45) Seguano con fedeltà le norme degli episcopati locali per ciò che concerne la propria formazione teologica e pedagogica e la programmazione della materia; specialmente, tengano presente la grande importanza che la testimonianza della vita e una spiritualità intensamente vissuta hanno in questo campo.

III. FORMAZIONE DEL LAICO CATTOLICO
PER ESSERE TESTIMONE DELLA FEDE
NELLA SCUOLA

60. L'esperienza vissuta di una vocazione così ricca e così profonda come quella del laico cattolico nella scuola richiede la corrispondente formazione, sia sul piano professionale, sia su quello religioso. Si richiede specialmente nell'educatore una personalità spirituale matura che si manifesti in una profonda vita cristiana. «Una tale vocazione - dice il Concilio Vaticano II riferendosi agli educatori - esige ... una preparazione molto accurata»,(46) «Essi (gli insegnanti) ... devono prepararsi scrupolosamente, per essere forniti della scienza sia profana sia reli­giosa, attestata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell'arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo».(47) La necessità di questa formazione tende ad accentuarsi a livello religioso e spirituale in cui, con frequenza, il laico cattolico non perfeziona la sua formazione iniziale al medesimo grado come lo fa nell'ordine culturale e generale e soprattutto professionale.

COSCIENTIZZAZIONE E STIMOLO

61. I laici cattolici che si preparano a lavorare nella scuola sono abitualmente molto coscienti del bisogno di una buona preparazione professionale per poter realizzare la loro missione educatrice, per cui hanno una autentica vocazione umana. Questo tipo di coscienza, anche all'interno del campo professionale, non è, tuttavia, quella caratteristica di un laico cattolico che vuol vivere il suo compito educativo come mezzo fondamentale di santificazione personale e di apostolato. È precisamente la coscienza di voler vivere così la sua vocazione quella che viene richiesta al laico cattolico che lavora nella scuola. Fino a che punto posseggano questa coscienza è proprio ciò che si devono chiedere gli stessi laici.

62. In relazione a questa coscienza specifica del laico cattolico vi è quella che si riferisce alla necessità di ampliare e aggiornare la sua formazione religiosa in modo che accompagni, parallelamente e con equilibrio la sua intera formazione umana. Infatti, da parte del laico è necessaria la viva coscienza di questa formazione religiosa, perché da essa dipende non solo la sua possibilità di apostolato, ma anche il debito esercizio di un compito professionale, specialmente quando si tratta di compito educativo.

63. Le considerazioni fatte mirano ad aiutare a risvegliare questa coscienza e a riflettere sopra la situazione personale su tale punto fondamentale per giungere a vivere in pienezza la vocazione laica di educatore cattolico. L'essere o non essere che si pone in gioco dovrà stimolare il massimo sforzo che sempre suppone il cercare di acquisire una formazione che si è trascurata o mantenerla al suo debito livello. In tutti i casi, all'interno della comunità ecclesiale, l'educatore laico cattolico potrà fondatamente sperare dai Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose, soprattutto da coloro che sono dediti all'apostolato della educazione e dai movimenti e dalle associazioni di educatori laici cattolici che lo aiutino ad acquistare una piena coscienza delle sue necessità personali nel campo della formazione e lo stimolino, nella forma più adatta, per dedicarsi più interamente all'impegno sociale che tale formazione esige.

FORMAZIONE PROFESSIONALE E RELIGIOSA

64. Conviene rilevare che non tutti i centri di formazione dei docenti offrono in egual maniera all'educatore cattolico la base professionale più idonea per realizzare la sua missione educa­tiva, se si tiene presente la profonda relazione esistente tra il modo di esporre il contenuto delle discipline, soprattutto di quelle più umanistiche, e la concezione dell'uomo, della vita e del mondo. Può capitare facilmente che nei centri di for­mazione dei docenti, nei quali esista un pluralismo ideologico, il futuro insegnante cattolico debba fare uno sforzo supple­mentare per conseguire in determinate discipline una sua sin­tesi tra fede e cultura. Non può dimenticare facilmente, mentre si forma, che la situazione sarà uguale quando dovrà insegnare ai propri alunni in modo da stimolare in essi, in primo luogo, il dialogo e la ulteriore sintesi personale tra la cultura e la fede. Tenendo presenti questi molteplici aspetti, è particolarmente raccomandabile la frequenza degli insegnanti ai diversi centri di formazione diretti dalla Chiesa, dove esistono, così anche la creazione di questi, se possibile, ove non esistano ancora.

65. La formazione religiosa dell'educatore cattolico non può fer­marsi al termine dei suoi studi medi. Occorre che egli accom­pagni e completi la sua formazione professionale per essere al livello della sua fede di uomo adulto, della sua cultura umana e della sua specifica vocazione laicale. Infatti, la formazione religiosa deve essere orientata alla santificazione personale e all'a­postolato, elementi inseparabili della vocazione cristiana. «La formazione all'apostolato suppone che i laici siano integralmente formati dal punto di vista umano, secondo il genio e le condi­zioni di ciascuno» e richiede «oltre alla formazione spirituale ... una solida preparazione dottrinale e cioè teologica, etica, filosofica».(48) Non si può, inoltre, dimenticare, nel caso dell'edu­catore, una adeguata formazione circa l'insegnamento sociale della Chiesa che è «parte integrante della concezione cristiana della vita»(49) e aiuta a mantenere intensamente viva la indispen­sabile sensibilità sociale.(50) Riguardo al piano dottrinale e riferendosi ai professori, occorre ricordare che il Concilio Vaticano II parla della necessità di una scienza religiosa garantita dai debiti titoli.(51) È, poi, molto raccomandabile che tutti i laici cattolici che la­vorano nella scuola, e specialmente gli educatori, seguano, nelle facoltà ecclesiastiche e negli istituti di scienze religiose a essi destinati, ove sia possibile, corsi di formazione religiosa fino a ottenere i titoli corrispondenti.

66. Abilitati con detti titoli e con un'adeguata preparazione in pedagogia religiosa, diventeranno fondamentalmente capaci per l'insegnamento della religione. Gli episcopati promuoveranno e faciliteranno tutta questa preparazione per l'insegnamento religioso e per la catechesi, senza dimenticare il dialogo di mutua illuminazione con i professori che si stanno formando.

AGGIORNAMENTO. FORMAZIONE PERMANENTE

67. Lo straordinario progresso scientifico e tecnico e la permanente analisi critica alla quale ogni tipo di realtà, situazioni e valori sono sottomessi in questo nostro tempo, han fatto sì, tra le altre cause, che la nostra epoca si caratterizzi per una continua e accelerata trasformazione che tocca l'uomo e la società in tutti i campi. Questo cambiamento provoca il rapido invecchiamento delle conoscenze acquisite e delle strutture vigenti, ed esige nuove attitudini e metodi.

68. Di fronte a questa realtà che il laico è il primo a sperimentare, è ovvia l'esigenza di un costante aggiornamento che si presenta all'educatore cattolico riguardo alle sue attitudini personali, nei contenuti delle materie che insegna e nei metodi pedagogici che utilizza. Bisogna ricordare che la vocazione di educatore esige «una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento».(52) La richiesta di aggiornamento, perché costante, postula una formazione permanente. Questa non interessa solamente la formazione professionale, ma anche quella religiosa e, in generale, l'arricchimento di tutta la personalità, per cui la Chiesa cerca sempre di adattare la sua missione pastorale alle circostanze degli uomini di ogni epoca, per far giungere, in modo comprensibile e appropriato alle loro condizioni, il messaggio cristiano.

69. Per la varietà degli aspetti che abbraccia, la formazione permanente esige una costante ricerca personale e comunitaria delle sue forme di realizzazione. Tra i suoi molti mezzi: lettura di riviste e libri appropriati, partecipazione a conferenze e corsi di aggiornamento, partecipazione a riunioni, incontri e congressi, disponibilità di certi periodi di tempo libero risultano strumenti ordinari e praticamente imprescindibili di detta formazione. Inoltre, tutti i laici cattolici che lavorano nella scuola procurino di inserirli abitualmente nella loro vita umana, professionale e religiosa.

70. Nessuno ignora che tale formazione permanente, come lo stesso nome indica, è un compito arduo di fronte al quale molti cedono, particolarmente se si considera la crescente complessità della vita attuale, le difficoltà che la missione educativa comporta e le insufficienti condizioni economiche che tante volte l'accompagnano. Nonostante ciò nessun laico cattolico che la­vora nella scuola può esimersi da queste sfide del nostro tempo e rimanere ancorato a conoscenze, a criteri e ad atteggiamenti superati. La sua rinunzia alla formazione permanente in ogni campo umano, professionale e religioso, lo collocherà al mar­gine di questo mondo che deve portare al Vangelo.

IV. SOSTEGNO DELLA CHIESA
AL LAICATO CATTOLICO NELLA SCUOLA


71. Le diverse situazioni nelle quali si svolge il lavoro del laico cattolico nella scuola fanno sì che molte volte egli si senta isolato, incompreso e, quindi, tentato di scoraggiamento e di abbandono delle sue responsabilità. Per far fronte a queste situazioni e, in generale, per una migliore realizzazione della vocazione alla quale è chiamato, il laico cattolico che lavora nella scuola dovrà poter contare sempre nel sostegno e nell'aiuto della Chiesa intera.

SOSTEGNO NELLA FEDE, NELLA PAROLA E NELLA VITA SACRAMENTALE

72. È innanzitutto nella propria fede che il laico cattolico troverà il sostegno; nella fede troverà con sicurezza l'umiltà, la speranza e la carità che gli sono necessarie per perseverare nella sua vocazione.(53) Ogni educatore, infatti, ha bisogno di umiltà per riconoscere i suoi limiti, i suoi errori, le necessità di costante superamento e per rendersi conto che l'ideale che persegue lo supererà sempre. Ha bisogno anche di ferma speranza perché mai nessuno potrà giungere a raccogliere i frutti del lavoro che svolge con i suoi alunni. Gli occorre, infine, una costante e crescente carità che ama sempre nei suoi alunni l'uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio ed elevato a figlio suo per la redenzione di Gesù Cristo. Ora, questa fede umile, questa speranza e questa carità rice­vono il loro aiuto dalla Chiesa attraverso la Parola, la vita sacramentale e la preghiera di tutto il popolo di Dio. Perché la Parola ripete e ricorda all'educatore l'immensa grandezza della sua identità e il suo compito; la vita sacramentale gli dà la forza per viverla e lo sostiene quando sbaglia; la preghiera di tutta la Chiesa presenta a Dio per lui e con lui, nella sicurezza di una risposta promessa da Gesù Cristo, ciò che il suo cuore desidera e chiede e perfino quello che non arriva a desiderare e a chiedere.

SOSTEGNO COMUNITARIO

73. Il compito educativo è arduo e molto importante, e per ciò stesso di delicata e complessa realizzazione. Richiede calma, pace interiore, non eccessivo lavoro e un continuo arricchimento culturale e religioso, condizioni queste che poche volte possono trovarsi insieme nella società attuale. La natura della vocazione dell'educatore laico cattolico dovrebbe esser fatta conoscere con più frequenza e approfondimento a tutto il Popolo di Dio da tutti coloro che, nella Chiesa, sono in grado di farlo. Il tema dell'educazione, con tutte le sue implicazioni, dovrebbe essere affrontato con più insistenza poiché l'educazione è uno dei grandi campi di azione della missione salvifica della Chiesa.

74. Da questa conoscenza nascerà logicamente la comprensione e la debita stima. Tutti i fedeli dovrebbero essere coscienti che senza l'educatore laico cattolico l'educazione alla fede nella Chiesa sarebbe carente di uno dei suoi fondamenti. Per questo tutti i credenti devono collaborare attivamente, nella misura della loro possibilità, perché l'educatore abbia quel rango sociale e quel livello economico che merita, unito alla debita sicurezza e stabilità nell'esercizio del suo compito. Nessun membro della Chiesa deve considerarsi estraneo allo sforzo per far sì che nel suo paese la politica educativa rifletta il più possibile, nella legislazione e nella pratica, i principi cristiani sull'educazione.

75. Le condizioni del mondo contemporaneo devono indurre la gerarchia e gli istituti religiosi consacrati all'educazione, a in­coraggiare i gruppi, i movimenti e le associazioni cattoliche esistenti di tutti i laici credenti impegnati nella scuola e a crearne altri nuovi, cercando le forme più adeguate ai tempi e alle di­verse realtà nazionali. Molti degli obiettivi educativi, con le loro implicazioni sociali e religiose, che la vocazione del laico cattolico nella scuola esige, saranno difficilmente raggiungibili senza l'unione delle forze che suppongono organismi associativi.

SOSTEGNO DALLE PROPRIE ISTITUZIONI EDUCATIVE. LA SCUOLA CATTOLICA E I LAICI

76. L'importanza della scuola cattolica invita a rivolgerle una speciale riflessione che serva di esempio concreto alle altre isti­tuzioni cattoliche, per gli aiuti che devono offrire ai laici che in esse lavorano. Anche questa S. Congregazione, riferendosi ai laici, non ha esitato ad affermare che «gli insegnanti, con la loro azione e testimonianza, sono tra i protagonisti più im­portanti che mantengono alla Scuola Cattolica il suo carattere specifico».(54)

77. I laici devono trovare, innanzitutto, nella scuola cattolica un ambiente di sincera stima e cordialità, dove possano stabilirsi autentiche relazioni umane tra tutti gli educatori. Mantenendo ciascuno la sua caratteristica vocazionale(55) sacerdoti, religiosi, religiose e laici devono integrarsi pienamente nella comunità educativa e avere in essa un atteggiamento di vera uguaglianza.

78. Due elementi sono fondamentali per vivere insieme un me­desimo ideale da parte dell'ente gestore e dei laici che lavorano nella scuola cattolica. Primo, un'adeguata retribuzione economica, garantita da contratti ben definiti, del lavoro fatto nella scuola; retribuzione che permetta ai laici una vita degna senza necessità di altri impieghi né di sovraccarichi che ostacolino il compito educativo. Ciò non è attuabile senza imporre un grave peso finanziario alle famiglie e far sì che la scuola, così costosa, diventi riservata a una piccola élite. Finché questa re­tribuzione pienamente adeguata non sarà conseguita, i laici devono poter apprezzare nei dirigenti della scuola almeno la preoccupazione per raggiungere questa meta. Secondo, un'autentica partecipazione dei laici alle responsabilità della scuola, adatta alla loro capacità, in tutti i campi, e la loro sincera identificazione con i fini educativi che caratterizzano la scuola cattolica. Questa deve procurare, inoltre, con tutti i mezzi, di coltivare tale identificazione senza la quale non si potranno conseguire tali fini. Non si deve dimenticare che la scuola stessa si crea incessantemente grazie al lavoro condotto a termine da tutti coloro che vi sono impegnati e più specialmente dai docenti.(56) Per conseguire questa auspicabile partecipazione, saranno condizioni indispensa­bili l'autentica stima della vocazione laicale, la debita informazione, la fiducia profonda e, quando lo si riterrà ne­cessario, il trapasso ai laici delle distinte responsabilità di insegnamento, amministrazione e governo della scuola.

79. Appartiene altresì alla missione della scuola cattolica la sollecita cura della formazione permanente, professionale e religiosa dei suoi membri laici. Essi, infatti, sperano dalla scuola quegli orientamenti e quegli aiuti necessari - compresa la sufficiente disponibilità di tempo richiesto - per questa formazione indispensabile, pena l'allontanamento progressivo della scuola dai propri obiettivi. La scuola cattolica, unita con altri centri educativi e con associazioni professionali cattoliche, potrà organizzare utilmente conferenze, corsi e incontri che facilitino detta formazione. Secondo le circostanze questa potrà estendersi anche ad altri educatori cattolici laici che non lavorano nella scuola cattolica, offrendo un servizio di cui spesso hanno bisogno e che non trovano facilmente altrove.

80. Il miglioramento continuo della scuola cattolica e l'aiuto che essa, unita alle altre istituzioni educative della Chiesa, può recare all'educatore laico cattolico dipendono in gran parte dal sostegno che le offrono le famiglie cattoliche in genere e più in particolare quelle che mandano alla scuola cattolica i propri figli. Le famiglie devono sentirsi fortemente responsabili di questo doveroso sostegno che deve estendersi a tutti gli aspetti: all'interesse, alla stima, alla collaborazione generale ed economica. Non tutte potranno offrire questa collaborazione nel medesimo grado e nel medesimo modo, tuttavia, devono essere disposte alla maggior generosità possibile secondo le loro disponibilità. Tale collaborazione deve applicarsi anche alla partecipazione a raggiungere gli obiettivi e alle responsabilità della scuola. Questa da parte sua deve loro offrire informazioni sulla realizzazione e il perfezionamento del progetto educativo, sulla formazione, sull'amministrazione e, in certi casi, sulla gestione.

CONCLUSIONE

81. I laici cattolici che lavorano nella scuola con cariche educative, direttive, amministrative o ausiliarie, non possono aver alcun dubbio sul fatto che essi costituiscono per la Chiesa una grande speranza. In essi la Chiesa ha posto la sua fiducia, per la progressiva integrazione delle realtà temporali nel Vangelo e per farlo giungere a tutti gli uomini. In modo tutto particolare ha posto in essi la sua fiducia per il loro impegno nella formazione integrale dell'uomo e per l'educazione alla fede della gioventù, da cui dipende la maggiore o minore adesione al Cristo nel mondo di domani.

82. La S. Congregazione per l'Educazione Cattolica, facendosi eco di questa speranza e considerando la grande ricchezza evangelica che rappresentano nel mondo i milioni di cattolici laici che dedicano la loro vita alla Scuola, ricorda le parole conclusive del decreto conciliare sull'apostolato dei laici: «Il Sacro Concilio scongiura ... nel Signore tutti i laici a rispondere volentieri, con generosità e con slancio di cuore alla voce di Cristo che in quest'ora li invita con maggiore insistenza ...; l'accolgano con alacrità e magnanimità ... e, sentendo come proprio tutto ciò che è di Lui (cfr. Fil 2, 5), si associno alla sua missione salvifica ... affinché gli si offrano come cooperatori nelle varie forme e modi dell'unico apostolato della Chiesa, che deve continuamente adattarsi alle nuove necessità dei tempi, lavorando sempre generosamente nell'opera del Signore, ben sapendo che faticando nel Signore non faticano invano (cfr. 1 Cor 15, 58)».(57)

Roma,15 Ottobre 1982, Festa di S. Teresa di Gesù, nel IV Centenario della sua morte.

WILLIAM Card. W. BAUM
Prefetto

† ANTONIO M. JAVIERRE ORTAS
Arciv. tit. di Meta
Segretario

Note
(1) CONC. EC. VAT. II, Cost. Lumen Gentium, n. 31: «Col nome di laici si inten­dono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa».
(2) Cfr. CONC. EC. VAT. II, Dich. Gravissimum educationis, n. 8.
(3) Cfr. S. CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, La Scuola Cattolica, 19 marzo 1977, nn. 18-22.
(4) Lumen Gentium, n. 32.
(5) Ibid.
(6) Ibid n. 31
(7) Ibid n. 33.
(8) Ibid n. 31.
(9) Ibid.
(10) Lumen Gentium, n. 36; cfr. CONC. EC. VAT. II, Decr. Apostolicam actuositatem, n. 7.
(11) Lumen Gentium, n. 36.
(12) Ibid.
(13) Ibid. n. 33.
(14) Cfr. Gravissimum educationis, n. 3.
(15) GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Familiaris consortio, 22 novembre 1981, A.A.S. 74 (1982) n. 36, p. 126.
(16) Cfr. Gravissimum educationis, n. 5.
(17) Ibid n. 3.
(18) Ibid., n. 6; cf. Dichiarazione universale dei Diritti umani, art. 26, 3.
(19) Cfr. Gravissimum educationis, n. 6.
(20) Ibid. n. 5; cfr. PAOLO II, Esort. Ap. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, A.A.S. 68 (1976) n. 70, pp. 59-60.
(21) La scuola cattolica, n. 31.
(22) Cfr. PAOLO VI, Enc. Populorum progressio, 26 marzo 1967, A.A.S. 59 (1967) n. 19, pp. 267-268; cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso all'UNESCO, 2 giugno 1980, A.A.S. 72 (1980) n. 11, p. 742.
(23) PAOLO VI, Discorso nella notte di Natale, 25 dicembre 1975, A.A.S. 68 (1976) p. 145.
(24) GIOVANNI PAOLO II, Enc. Laborem exercens, 14 settembre 1981, A.A.S. 73 (1981) paragrafo iniziale, pag. 578.
(25) GIOVANNI PAOLO II, Enc. Laborem exercens, p. 577.
(26) Cfr. supra n. 16.
(27) Cfr. supra n. 20.
(28) GIOVANNI PAOLO II, Discorso all'UNESCO, 2 giugno 1980, A.A.S. 72 (1980) n. 11, p. 742.
(29) Cfr. supra n. 2 1.
(30) GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Familiaris consortio, A.A.S. 74 (1982) n. 37, p. 127.
(31) Ibid, n. 40, p. 132.
(32) Ibid, n. 36, P. 126.
(33) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Enc. Laborem exercens, A.A.S. 73 (1981) n. 20, pp. 629-632.
(34) Gravissimum educationis, n. 8; cfr. «La Scuola Cattolica», n. 34.
(35) «La Scuola Cattolica», n. 9.
(36) Cfr. supra nn. 29 e 32.
(37) Cfr. CONC. EC. VAT. II, Dich. Dignitatis Humanae, n. 3.
(38) Cfr Apostolicam actuositatem, n. 2.
(39) È compreso qui, ampiamente, come un sistema di idee legato a strutture sociali, economiche e/o politiche.
(40) Cfr supra n. 9.
(41) Cfr. CONC. EC. VAT. II, Decr. Ad gentes, n. 21.
(42) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso al clero di Roma sull'«Insegnamento della Religione e Catechesi: ministeri distinti e complementari», 5 marzo 1981, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1981, IV, I, n. 3 p. 630.
(43) GiOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979, A.A.S. 71 (1979) n. 66, p. 1331.
(44) Ibid n. 6.
(45) Ibid n. 61.
(46) Gravissimum educationis, n. 5.
(47) Ibid. n. 8.
(48) Apostolicam actuositatem, n. 29.
(49) GIOVANNI PAOLO II, Discorso in occasione del 90°anniversario della «Rerum Novarum», 13 maggio 1981 (non pronunziato dal Papa), «L'Osservatore Romano», 15 maggio 1981, p. 2, n. 8; cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1981, IV, I, pp. 1190-1202.
(50) Cfr. Ibid.
(51) Cfr. Gravissimum educationis, n. 8.
(52) Gravissimum educationis, n. 5.
(53) Cfr. «La Scuola Cattolica», n. 75.
(54) «La scuola cattolica», n. 78.
(55) Cfr. supra n. 43.
(56) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Enc. Laborem exercens, A.A.S. 73 (1981) n. 14 p. 614.
(57) Apostolicam actuositatem, n. 33.