LE VOCAZIONI SACERDOTALI DIOCESANE
SCHEDA STATISTICA


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La scheda statistica era articolata in 14 punti: I. Diocesi: N. abitanti e sacerdoti diocesani; II. Ordinati negli ultimi cinque anni (1965-1969); III. Alunni del seminario maggiore e minore (1969-70); IV. Nuovi ingressi nel seminario dal 1965 al 1969; V. Passaggio degli alunni del seminario dalla scuola media al ginnasio-liceo e dal ginnasio-liceo al seminario maggiore, negli anni 1967, '68 e '69; VI-XI. Valutazioni circa: le variazioni avvenute negli ultimi anni, i fattori locali e generali, la dinamica del fenomeno, le ripercussioni del fenomeno sulla vita religiosa della diocesi, il movimento vocazionale; XII-XIII. Fattori che influiscono sul fenomeno delle vocazioni, di carattere generale e di carattere specifico e immediato; XIV. Eventuali altri elementi. N.B. Le "riflessioni" che seguono si riferiscono ai dati emersi da 201 questionari, quanti cioè sono pervenuti in tempo debito alla segreteria generale.

ALCUNE RIFLESSIONI SUI DATI RACCOLTI

1. Cosa dicono le cifre.

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Purtroppo la semplice visione numerica del fenomeno è tutt'altro che consolante. Come rivelano chiaramente tavole e grafici, siamo di fronte ad un costante calo numerico di nuove ordinazioni e di nuove vocazioni.

1.1. Le nuove ordinazioni

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Dall'insieme delle risposte, infatti, risultano in aumento le diocesi che dichiarano di avere pochi ordinati, mentre diminuiscono col passare degli anni le diocesi che hanno più di sette nuovi sacerdoti all'anno. Per parlare il linguaggio delle cifre, in Italia, nel 1965, 47 diocesi non avevano avuto nessun sacerdote novello, nel 1969 il loro numero è salito a 50. Sempre nel 1965, erano 90 le diocesi che avevano da 1 a 3 nuove ordinazioni; l'anno scorso (1969) erano 13 in più. Contemporaneamente hanno avuto da 4 a 7 ordinazioni, nel 1965, 35 diocesi; nel 1969: 25. E' così via, la diminuzione si fa più sensibile con l'aumentare del numero di nuovi ordinati.

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Noteremo ancora che, sempre nel 1965, il 68% delle diocesi dichiaravano di avere fino a 3 neo-ordinati. Percentuale che sale al 76% per il 1969! Nè la cosa presenta variazioni notevoli nelle diverse zone italiane. La tabella n. 1 e relativo grafico mostra chiaramente questo andamento negativo: aumentano le diocesi che hanno un numero minore di ordinazioni (vedi colonne a sinistra della tavola n. 1); diminuiscono quelle con molti ordinati (colonne a destra).

1.2. Le nuove vocazioni

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Purtroppo lo stesso andamento negativo si nota nel numero degli alunni dei seminari, minori e maggiori.

A. Il numero degli alunni nei seminari

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Da notare innanzitutto lo scarso numero di presenze nei seminari: nell'anno 1969-70 quasi l'80% dei seminari maggiori delle diocesi rispondenti ha meno di venti alunni! E' chiara la tendenza al diminuire degli alunni col passare alle classi superiori. Facendo riferimento al 1969 (ma la stessa cosa può dirsi per gli anni precedenti), mentre nelle scuole medie la metà delle diocesi ha da 21 a 70 alunni, tale percentuale scende ad un terzo per il liceo e al 14% per la teologia. Considerando invece il numero di diocesi con meno di venti alunni: 40% di diocesi hanno meno di 20 seminaristi nelle classi medie, 2/3 hanno meno di 20 liceali, l'80% delle diocesi hanno meno di 20 teologi.

B. L'andamento negli ultimi 5 anni

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L'osservazione dell'andamento per anni dal 1965 al 1969, del numero dei nuovi ingressi, conferma la tendenza al ribasso già vista per le ordinazioni.

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La scuola media. In cinque anni sono 25 in meno le diocesi che hanno ricevuto più di 20 nuove iscrizioni alle classi medie; al contrario, sono 25 in più quelle con meno di 20 alunni: indice di una tendenza alla diminuzione nel numero dei ragazzi che vengono in seminario negli anni della scuola dell'obbligo.

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Liceo e teologia. Questa tendenza al ribasso si accentua notevolmente col salire delle classi.

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Innanzitutto è molto alto (è in aumento) il numero di diocesi che dichiara di non aver nessun alunno per il ginnasio- liceo (59 diocesi nel 1965 e 61 nel 1969: a queste vanno aggiunte però altre 35 diocesi che, pur rispondendo in genere alle domande del questionario, lasciano in bianco questo dato) o nella teologia (58 diocesi nel 1965 e 41 nel 1969: presupponendo però che i ben 84 casi di "assenza di risposta" a questa domanda siano equivalenti alla "assenza di nuovi ingressi in teologia", si ha un totale di 125 diocesi pari ai 2/3 delle risposte che non hanno avuto nuovi ingressi nelle classi teologiche).

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Notiamo inoltre anche per il liceo il fenomeno segnalato in precedenza: mentre col passare degli anni aumentano le diocesi con basso numero di nuovi ingressi, diminuisce la percentuale di diocesi che registrano più di 4 nuovi seminaristi (vedi tavole n. 3 e 4 e grafici corrispondenti).

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Per la teologia, invece, il fenomeno è inverso. Nel 1965, 39 a 57. Un leggero aumento (2 diocesi in più) anche per quanto riguarda gli ingressi da 4 a 10 (vedi tabella e grafico n. 4). Naturalmente però il fenomeno va interpretato con cautela: si tratta degli alunni che già c'erano nel minore-liceo, o di vere e proprie "nuove vocazioni"? Il questionario non fornisce purtroppo dati utili per una risposta a questa domanda (vedi quanto sarà detto più oltre a proposito dei "passaggi" da minore a maggiore).

Andamento totale delle nuove vocazioni

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La tabella 5 e il grafico corrispettivo mostrano l'andamento globale dei nuovi ingressi nel seminario, ulteriore prova di quanto visto per le singole categorie (medie, liceo, teologia). Si noterà cioè come siano in aumento le diocesi con pochi nuovi ingressi (meno di 20) e in diminuzione quelle dove entrano più di 20 alunni. Nè, dopo quanto visto in precedenza, poteva essere diversamente. Va particolarmente sottolineato che il totale dei nuovi seminaristi( media liceo teologia) non supera la trentina per oltre l'80% delle diocesi: e questo costantemente durante i 5 anni in esame.

I "passaggi"

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Purtroppo i dati del questionario non ci mettono in grado di ottenere la percentuale di alunni delle classi inferiori che passano alla superiore o, al contrario, abbandonano il seminario. Manca, per fare questo, il numero di alunni delle ultime classi di ciascuna fase (medie, ginnasio, liceo). Quello che si può vedere è che, nel passaggio sia da media a liceo, che da liceo a teologia, aumentano fra il 1965 e il 1969 le diocesi che hanno nessuno (da 9 a 19 diocesi per medie-liceo, da 22 a 42 per liceo-teologia) o pochi "passaggi". Al contrario, le diocesi che avevano più di 4 passaggi da medie a liceo nel 1965 erano 138: nel 1969 sono scese a 112; per la teologia sono calate di 26. Molti seminaristi dunque "si perdono per la strada": il loro numero aumenta col passare degli anni.

2. Cosa dicono gli intervistati

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Il fenomeno, dunque, almeno nel suo crudo aspetto numerico, offre di che preoccuparsi: le nuove leve diminuiscono progressivamente, sia come ordinazioni che come vocazioni. Di conseguenza, a lungo andare, il "ricambio" del personale ecclesiastico sarà sempre più problematico.

2.1. Come e' percepito il fenomeno

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Le domande VI e seguenti del questionario chiedevano valutazioni o prospettive sul fenomeno. Di fronte alla situazione che si è vista finora, oltre la metà delle risposte mostrano di giudicare le variazioni (vale a dire: le costanti diminuzioni) in atto come "normali": solo 1/3 "abnormi". La "comunità diocesana" invece dichiara che "avverte il fenomeno" nel 74% delle diocesi (negano che sia avvertito solo il 4% delle risposte); il 31% dei casi precisa che "il fenomeno è sofferto"; il 22% "considerato con indifferenza".

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Per quanto riguarda il presbiterio diocesano, secondo i dati risulterebbe che solo il 40% dei presbiteri diocesani avverte il fenomeno della diminuzione di vocazioni; il 28% "non lo avverte". Stando alle risposte appare dunque che ne sia più interessata la comunità diocesana (54% dei casi) che il presbiterio (40%).3 In conclusione le differenze sottolineate fra la prima pagina del questionario (dati statistici) e la seconda (valutazioni) potrebbe far sospettare in chi ha compilato le risposte una visione assai meno pessimistica di quanto risulti dalla semplice constatazione numerica. Tale supposizione è avvalorata anche dalle considerazioni che seguono sulle valutazioni e i giudizi dati rispondendo a varie altre domande.

2.2. Come e' giudicato il fenomeno

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Innanzitutto va sottolineata una visione piuttosto ottimistica del futuro. Mentre infatti la serie dei dati statistici suggerisce per i prossimi cinque-sei anni un ulteriore peggioramento della situazione (cioè una ulteriore diminuzione nel numero delle vocazioni), il 13% delle risposte prevede per il futuro un miglioramento "costante o regolare", l'8% un "lieve miglioramento", il 12% vede il fenomeno "costante": sulla base dei dati disponibili è però impossibile stabilire se questo aggettivo "costante" abbia una connotazione positiva ("le cose non peggioreranno ulteriormente") o negativa ("le vocazioni continueranno a diminuire").

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In ogni caso si deve registrare che se il 21% delle risposte prevede un miglioramento della situazione, il 65% delle comunità diocesane e il 40% dei presbitèri diocesani "avvertono il fenomeno" (frase che - nonostante le riserve fatte sopra - vista nel contesto, pare denotare preoccupazione per l'andamento delle cose; anzi chiaramente il 31% delle comunità dei fedeli "soffre" per lo stato di fatto).

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L'impressione che alcune risposte siano frutto di una valutazione troppo ottimistica è rafforzata constatando che, in contrasto con l'andamento numerico (vedi tabelle e grafici), solo il 7% prevede una "forte diminuzione", e il 27% una "lieve diminuzione" sul numero delle nuove vocazioni in futuro. Ma poi, quando si tratta di prevedere le "ripercussioni negative" del fenomeno sulla vita religiosa, oltre la metà degli intervistati dimostra preoccupazione per un possibile calo di assistenza e quindi raffreddamento nella vita religiosa; e, per quanto riguarda le ripercussioni negative sul clero diocesano, un terzo delle risposte esprime preoccupazione per una possibile inadeguata assistenza pastorale ai fedeli.

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Da notare inoltre che alcune risposte "libere" (vedi domanda XV) esprimono il timore che - "proseguendo l'andamento attuale" - il seminario minore sia addirittura destinato ad estinguersi.

2.3. Quali le cause della diminuzione di vocazioni?


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Le domande XII e seguenti si riferiscono ai "fattori che influiscono sul fenomeno delle vocazioni". La domanda 7 del questionario chiedeva i fattori "locali o generali" che "possono spiegare le variazioni avvenute in questi ultimi anni". Il 60% ha risposto con una generica "mancanza di fede". Il 3% attribuisce il calo dei nuovi ingressi al moltiplicarsi delle scuole medie locali (imposte per di più come "scuola d'obbligo" fino ai 14 anni), e un altro 3% alla industrializzazione. Stando alle altre domande, è possibile stabilire una graduatoria dei fattori di carattere generale giudicati negativi, come appare nel prospetto di pagina seguente.

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La triplice graduatoria rivela innanzitutto una notevole genericità nell'indicare possibili fattori che influiscano sul calo delle vocazioni (genericità favorita anche dalle definizioni stesse usate nel questionario).

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Ma alcune cose risaltano ugualmente. Innanzitutto "la corsa al benessere" come il fattore giudicato di gran lunga il più influente. In secondo luogo vengono: "la caduta in non pochi ambienti dei valori familiari" e "l'esasperazione della sessualità": si pensava qui forse ad un giudizio negativo sull'edonismo nei giovani (conseguenza, del resto, della "corsa al benessere"). Ma potrebbe non essere escluso che nel rispondere, in qualche caso, si avessero presenti le scottanti polemiche attuali sul divorzio e celibato ecclesiastico come indici negativi dell'impegno morale e religioso. Infine, il fattore che ha ottenuto il più basso numero di "SI'", e il più alto di "NO" e "NON SO" è: "una interpretazione del cristianesimo in senso orizzontale e sociale" (che pure è legato alla "corsa al benessere" e al "processo di secolarizzazione" e di "laicizzazione").

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Esaminiamo la stessa graduatoria per i fattori definiti nel questionario "di carattere specifico immediato", nei giovani. Per i fattori positivi abbiamo il prospetto che segue:

FATTORI POSITIVI NEI GIOVANI  (%)
1. Maggiore ricerca di autenticità ed essenzialità  71%
2. Senso comunitario più spiccato e universalistico  47%
3. Tendenza all'oblatività e al disinteresse  27%

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Mentre per i fattori giudicati negativi (sempre in riferimento ai giovani) abbiamo:

FATTORI NEGATIVI NEI GIOVANI  (%)
1. Insicurezza e instabilità 69%
2. Circolazione di idee false o ambigue sul sacerdozio  58%
3. Sfiducia nella istituzione del seminario e nei suoi metodi educativi    51%
4. Diffuso discredito (a torto o a ragione) delle strutture ecclesiali 49%
5. Influsso di cattivi esempi sacerdotali  31%


Fra le varie constatazioni e riflessioni possibili sulla base di queste graduatorie, notiamo solo che per i giovani si sottolinea una "maggiore ricerca di autenticità ed essenzialità" e contemporaneamente "insicurezza e instabilità". Anche questo punto meriterebbe un supplemento di indagine più precisa e approfondita.

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Un commento a sè merita il "movimento vocazionale". Tale movimento esiste nell'81% delle diocesi rispondenti (vale a dire in 162 diocesi). Quali ostacoli ha incontrato la sua azione in questa fase di "calo costante" di nuove vocazioni? Vi sono difficoltà oggettive, ambientali e di mentalità, oppure col passare del tempo, come sempre succede, ha perso di mordente, di efficacia, ed è necessario quindi rivitalizzarlo? Si è visto che i "fattori" indicati nelle risposte come influenti sul fenomeno "vocazione" sono per lo più di carattere sociale, ambientale.

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Di fatto, però, le risposte del questionario rivelano che il "movimento vocazionale" continua (come sempre ha fatto) ad indirizzare la sua opera verso il "piccolo clero", negli ambienti parrocchiali o nelle associazioni giovanili (questo avviene nel 53% delle diocesi che hanno risposto). Solo 1/3 delle diocesi dichiara che esso estende la sua opera nell'ambiente "scuole medie superiori", e il 14% nell'ambiente universitario; assai basso è il numero delle risposte che menziona "altri ambienti". Altre risposte, infine, segnalano tentativi di unificare l'azione pastorale di "orientamento nella scelta vocazionale" non limitandola al solo reclutamento di vocazioni sacerdotali. Forse questi elementi possono fornire qualche spunto in aiuto all'impostazione del problema "sensibilizzazione e reperimento di nuove vocazioni".

2.4. La perplessita' di fronte al fenomeno

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Varie considerazioni fatte in questo commento lasciano il sospetto che la maggioranza sia più che altro in uno stato di perplessità nei confronti di un fenomeno del quale si avvertono (e soffrono) preoccupazioni, senza per altro poterne ancora vedere chiaramente cause e soluzioni. Sospetto che viene rafforzato esaminando il numero dei "NON SO" e simili dati ad alcune domande.

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La risposta "NON SO", infatti, di solito denota una non chiara coscienza del fenomeno, e quindi una impossibilità di scelta fra le possibili alternative di risposta, oppure altri stati d'animo ugualmente interessanti e significativi. E' il caso, per esempio, dei "NON SO" che troviamo nelle domande riguardanti i nuovi venuti nel ginnasio-liceo (17% non forniscono nessun dato) o nella teologia (42%). Tale percentuale (piuttosto elevata per una domanda che richiedeva una semplice indicazione di dato numerico) potrebbe spiegarsi o con la mancanza di tempo per fare la rilevazione materiale dai registri del seminario, o come equivalente alla risposta "non si sono avuti nuovi ingressi", o come indice di qualche altro motivo che è impossibile dedurre dal questionario stesso.

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Possono essere indicative di vera e propria perplessità nella conoscenza del fenomeno la mancanza di risposte a domande come: ambiente di provenienza dei nuovi seminaristi (31% di non risposte sul numero totale dei questionari ritornati), reazioni della comunità diocesana e del presbiterio al "fenomeno" (vedi sopra), previsioni sul futuro andamento delle vocazioni (8%) e sulle ripercussioni riguardo alla vita religiosa (18%) e alla futura distribuzione del clero (30%).

CONCLUSIONE

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La conclusione che emerge immediatamente è che il questionario in esame, così come esso si presenta, dovrebbe non soltanto destare preoccupazione, ma positivamente spingere a cercare le cause, approfondire le analisi del fatto, e quindi reagire - anche sulla base delle nuove conoscenze così acquisite - impostando una pastorale vocazionale adeguata ai tempi e all'importanza e gravità del fenomeno. Si pone quindi anzitutto la necessità di una seria inchiesta sul problema che, utilizzando le varie indicazioni fino ad oggi raccolte, lo esamini tenendo conto di tutte le sue implicazioni teoriche e pratiche, e secondo i dettami di una seria metodologia scientifica. Già questa prima stesura di un commento "a prima vista" può fornirci indicazioni per un utile approfondimento, come ad esempio:

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1. I problemi emergenti dal questionario stesso, indicati nel corso di questa esposizione, da riprendersi singolarmente collocandoli nel quadro di una visione globale sociale e religiosa, per un loro esame valutativo assai più profondo e obiettivo di quanto possibile con i soli dati disponibili attualmente.

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2. Lo studio del problema delle vocazioni ecclesiastiche nel contesto socio-religioso attuale, in rapporto cioè alla visione della società contemporaneamente esaminata sia nell'aspetto "statico" dei rapporti fra le sue varie istituzioni maggiori, che nell'aspetto "dinamico" del mutamento sociale e religioso in atto. Una possibile formula per iniziare tale studio potrebbe essere, ad esempio, la formazione di un "gruppo di lavoro", costituito come tavola rotonda di esperti nei vari settori (teologico, pastorale, sociologico, psicologico, pedagogico, ecc.) interessati, che dia le indicazioni dei punti essenziali sui quali insistere con ricerche a fondo, chiaramente circoscritte nel loro oggetto e rigorosamente esatte nel loro svolgimento metodologico.

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3. Incroci e confronti fra i dati emersi dalla elaborazione di questionari per illuminare, ad esempio, l'ampiezza sull'andamento delle vocazioni in confronto fra le varie diocesi, regioni e grandi ripartizioni geografiche (nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole), e in corrispondenza ad altri parametri come: grado di industrializzazione, urbanesimo, posizione geografico-ecologica, dinamismi demografici, indici di religiosità, stato attuale del clero e delle strutture ecclesiastiche, ecc.

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In definitiva risulta che l'argomento, nelle sue prospettive pensabili, è ben lungi dall'essere esaurito. Resta da augurarsi che le indicazioni e i problemi che già emergono dal presente questionario siano decisamente affrontati con la considerazione e l'urgenza che merita la serietà del problema.