Italias-Got-Talent20 Giugno 2014

Far fruttare il vero talento?

Con impegno,servizio e tenacia

Si moltiplicano i talent show e con essi gli aspiranti star. Da Amici a X Factor, da The Voice a MasterChef  non si contano  le gare televisive la cui ragion d’essere sta nel competere per l’affermazione di un talento. Se non si sapesse che il fenomeno è cosparso di insidie ed illusioni, sembrerebbe che ai teenager si voglia offrire l’opportunità di realizzare i propri sogni,. Ma mettersi in gara e riuscire a vincere, come è successo a  Marco Mengoni, a Noemi, a  Emma Marrone e a molti altri, è una fortuna che non capita a tutti.

“Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” dice un proverbio che tanto si addice al percorso accidentato dei talent, facile a trasformarsi in boomerang per chi dopo un anno (da star) scompare e finisce nel dimenticatoio.
Quando il talento, che a dire del filosofo Henry Frederich Amiel è “il fare agevolmente ciò che riesce estremamente difficile agli altri”, viene confuso con il successo raggiunto da pochi, la medaglia si rovescia. Perchè è vero ciò che diceva Plutarco che “i giovani  sono lanterne da accendere” e che “fa bene sognare cose grandi”, come ha scritto in un tweet  Papa Francesco, ma la coltura del talento è altra dal gioco e dalla fortuna. Gli uomini e le donne che hanno fatto la storia attribuiscono allo studio e al sudore, più che al talento, la riuscita delle loro imprese. Mogol ricorda che Lucio Battisti lavorava dieci ore al giorno; al mattino, in pigiama, con la barba sfatta, accendeva lo stereo e studiava con metodo e devozione i segreti dei successi musicali internazionali. Lo stesso faceva un bambino che, a quattro anni, palleggiava con un’arancia per tre ore consecutive: Diego Armando Maradona.
Giunge a realizzarsi pienamente chi è esigente con se stesso ed è  abile nel far  Nella famosa parabola evangelica, la parola talento indica una preziosa moneta diffusa ai tempi di Gesù, che metaforicamente si riferisce al dono innato di far bene qualcosa. La finale della parabola è molto dura: il padrone loda chi ha moltiplicato il talento ricevuto, ma lo ritira  a chi per paura l’ha tenuto nascosto. Come oggi  i giovani possono far fruttare i propri talenti se cercano di diventare  una fotocopia dei vip televisivi, se imboccano scorciatoie per raggiungere il successo? E che dire dei genitori che spingono i loro bambini a parodiare gli artisti più famosi?
Chi intende realizzarsi dovrebbe guardare più che ai divi del mondo dello spettacolo a quelle persone che con l’impegno, il servizio, la tenacia sono diventate qualcuno,  non senza l’aiuto della famiglia. Una testimonianza in questo senso viene dal pianista Michel Pietrucciani che, ancora bambino, colpito da una grave malattia, riuscì a diventare uno dei jazzisti più grandi del mondo. Ciò fu possibile grazie al padre, che resosi conto del talento musicale del figlio si adoperò in tutti i modi per farlo affermare, nella convinzione che si può superare la disabilità di una persona lavorando sulle attitudini che essa possiede. E c’è poi l’oratorio, dove i ragazzi sono aiutati dagli educatori a scoprire se stessi attraverso l’esibizione delle qualità innate nello sport, nella musica, nel teatro. Intere generazioni sono cresciute nei campi da gioco all’ombra dei campanili; lì hanno mosso i primi passi calciatori, cestisti, attori e cantanti. “Quand’ero all’oratorio, con tanto sole, tanti anni fa” canta Celentano in quel capolavoro che è “Azzurro”.
Soprattutto i talenti rifulgono quando una persona li mette a servizio della propria vocazione. Il gesuita Marko Ivan  Rupnik, dai cui mosaici traspare la spiritualità vissuta nel Centro Aletti, è convinto che l’esercizio delle doti naturali, quelle artistiche soprattutto, aiutano anche chi non è particolarmente talentato a percepire e seguire la chiamata. Allo stesso modo molti attraverso il talento artistico raggiungono un’interiorità più intensa. Il Beato Angelico, Franz Liszt, Antonio Rosmini, Clemente Rebora, Davide Maria Turoldo, sono solo alcuni dei grandi nomi di consacrati. A leggere le biografie ci si accorge come la loro è stata davvero quella vita firmata di cui parla in un brano Giosy Cento, prete cantautore.

(Vito Magno su www.avvenire.it)