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ORIENTARSI - Mondo Voc novembre-dicembre 2014                                        Torna al sommario

 

 

AUDACIA E COERENZA: I MARCHI DEL CREDENTE

Amos, il coraggio d’essere profeta

Le virtù da imitare

 

La vicenda biblica del profeta Amos come paradigma dell’autentico profeta del Signore. Un affondo nella contemporaneità per riconoscere paure, connivenze, complicità che si possono annidare nella condotta dei credenti; ma anche per scoprire la libertà, il coraggio, la forza che vengono da Dio e che abilitano i cristiani ad esercitare, oggi, la profezia del Regno.

 

di Amedeo Cencini


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Amos non aveva la vocazione di fare il profeta, non era figlio d’arte né lavorava nel settore, faceva addirittura il mandriano e il coltivatore diretto, specializzato nella produzione di sicomori. Fu il Signore un giorno a “prenderlo”, e poi a inviarlo per profetizzare. Cosa che Amos fece, anche quando si trattò di assumere un atteggiamento ostile contro Israele, per le sue infedeltà, e questo gli attirerà la rabbia e la persecuzione da parte di Amasia e della sua cricca.



“Magari fossero tutti profeti” (Num 11,29)

Per questo Amos è un’immagine di credente e di profeta nella quale possiamo tutti proiettarci. Essere profeta, infatti, non vuol dire sperimentare un’attrazione irresistibile per una vocazione avvertita da sempre, ma essere così coerente con la propria fede da avere il coraggio di pronunciare anche parole controcorrente, di dire la verità anche quando questo suscita odio e risentimento da parte di qualcuno, di avere la forza di rimproverare il potente di turno, che opprime il povero e il debole.


Fu proprio con queste parole che Mosè rispose a chi si mostrava preoccupato per il fatto che qualcuno parlasse in nome di Dio, senza la sua autorizzazione. E verrebbe da dire la stessa cosa anche oggi, in una Chiesa in cui il profetismo è ancora professione d’élite e i profeti… son quasi tutti morti.


Anche ora, come ai tempi di Amos, dilagano ingiustizia e sopraffazione, e chi fa il male resta spesso impunito vantandosi pure di fare il furbo; e continua così indisturbato coi suoi loschi affari, temuto e riverito.

 


Profeti di oggi

l43-mafia-manifestazione-libera-130316194230_bigSe ciò accade è grazie anche al clima sociale che si è creato e che tutti abbiamo contribuito a creare. Se pensiamo, ad esempio, a un caso ahimè classico come la mafia (e non solo quella sicula), così tenace e pervicace nel suo passare di generazione in generazione (di boss, picciotti e padrini), non può certo bastare una serie d’interventi della Chiesa, come il grido accorato e rimprovero fortissimo di Giovanni Paolo II anni fa nella valle dei Templi, o il richiamo periodico dei vescovi (alcuni) siciliani o di qualche isolato politico. E come mai, quando pensiamo ai cosiddetti “preti antimafia”, ci riferiamo sempre ai soliti (e pochi) nomi: Don Puglisi, don Diana, don Ciotti e qualche altro?

 

Non dovrebbero essere tutti i preti pubblicamente contro questa forma disumana di disonestà sanguinaria, che a volte ha la spudoratezza persino di esibire un falso sentimento religioso? E non dovrebbe essere evidente, in quel che i preti dicono e fanno e celebrano, un’opposizione inequivoca? Anzi, tutti i credenti dovrebbero esser dichiaratamente schierati contro ogni ingiustizia e sopraffazione. Se quei pochi hanno pagato con la vita la loro denuncia coraggiosa, o corrono tale rischio, ciò vuol dire che molti, i più, si sono tirati indietro.

Eppure quale forza avrebbe una testimonianza corale della totalità dei credenti in Cristo contro questa terribile cultura della sopraffazione omicida! Non tutti saranno chiamati a fare proclami e metterci la faccia, ma tutti sono chiamati a fare la loro parte, a non accettare compromessi, a evitare baciamano e inchini (anche quelli delle statue in processione!), a prendere le distanze da ogni forma di collusione.

 


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Coerenza
Ci sono, mi sembra, in particolare due virtù che possiamo leggere nella testimonianza di Amos, l’ex coltivatore diretto che attacca la mafia del Tempio. Virtù tipiche del profeta, di tutti i tempi.


Anzitutto la coerenza personale. Se è vero che tutti abbiamo una parola da dire in nome di Dio (questo significa “profeta”), è pur vero che profeti non ci si improvvisa. La parola vera può nascere solo in un cuore puro e in una vita pulita, in chi “scuote le mani per non accettare regali” (Is 33,15), fossero anche offerte per la chiesa e raccomandazioni-protezioni varie per le sue opere. Papa Francesco ci sta chiedendo con forza questa dirittura e trasparenza morale. Da vero profeta dei giorni nostri.


La coerenza non dà solo qualità alla vita del singolo, ma costruisce pian piano una cultura, come un clima sociale salutare e benefico. È fatta di piccole cose (dal pagare il biglietto in autobus alla cura dell’ambiente), a volte chiede gesti non facili e controcorrente (dal rifiutare una raccomandazione, se questa non rispetta i diritti degli altri, al pagare le tasse), ma nulla e nessuno può dare alla persona quella distensione e pace del cuore che solo la coscienza onesta può dare. I mafiosi, grandi e piccoli, e i loro amici, nani e ballerine, forse faranno anche i loro affari, ma non conosceranno mai quella pace profonda.

 


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Coraggio
La seconda virtù per essere profeta è il coraggio. Quel coraggio che consente ad Amos di parlare con parresia, sfidando i potenti, cantandogliele chiare, persino minacciando castighi in nome di Dio.


Quando un credente può avere il coraggio di parlare con forza, senza timore, anche di fronte al potente? Anzitutto quando non ha paura per se stesso, perché si sente protetto da Dio, e – secondo – quando è preso da una passione forte, dalla causa del debole da difendere, del povero maltrattato, di chi non ha santi in cielo e neanche in terra… È incredibile la forza che ti viene in cuore quando vai a perorare non una causa personale, ma quella di un altro, specie se costui è solo e non conta nulla nella scala sociale.


È la passione di Dio per la vedova, il povero, lo straniero, l’orfano… La passione del Dio dei profeti, che quella stessa passione trasmette ai suoi profeti. Quelli di un tempo e quelli di oggi.

 

 

 

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