Migliavacca128 ottobre 2013

Monsignor Luciano Migliavacca: testimone della Bellezza in musica

La musica è vocazione

Luciano Migliavacca è nato a Milano il 9 ottobre 1919. Entrato nel Seminario diocesano in giovanissima età, divenne sacerdote nel 1942. Approfondì i suoi studi al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma e alla Facoltà Teologica milanese. Nel 1957 venne nominato maestro della Cappella Musicale del Duomo di Milano, continuando l’attività di docente presso il Pontificio Istituto suddetto. Dopo aver lasciato l’incarico nel 1998, ha continuato a seguire con attenzione la vita del Duomo e della Chiesa diocesana e universale.
Ha composto salmi, mottetti, cantate e brani per organo fino alla morte, sopraggiunta il 21 ottobre 2013, all’età di novantaquattro anni.
Cosa c’entra con me?
Martedì pomeriggio, come spesso mi accade, ho buttato un occhio al sito della Diocesi di Milano. Scorrendo la homepage, un titolo ha attirato la mia attenzione: si riferiva a quello che in gergo si definisce “coccodrillo”, dedicato a monsignor Migliavacca.
Avevo già accennato a lui qui, dedicandogli una tag in previsione di un articolo da scrivere in caso di sua scomparsa. Ora che il momento è venuto, ho provato a mettere nero su bianco quanto sia stato importante per me.
Nella mia vecchia parrocchia avevo da poco iniziato a cantare nel coro dei bambini, ma mi era stato concesso di seguire, a volte, alcune prove per gli adulti. In quelle circostanze sentivo don Maurizio, che all’epoca si occupava della corale, parlare in tono enfatico di un certo Migliavacca, ma non capivo che si trattava di un prete ambrosiano. Alcune sue composizioni erano entrate nel nostro repertorio, specie per le feste più solenni: non vedevo l’ora, quindi, di far parte del coro dei “grandi” per poterle eseguire. Cristo Gesù, Il sacerdote offrì, O stupendo mistero, Cristo è risorto, solo per citare quelle che ricordo con certezza, avevano il potere di farmi davvero intuire qualcosa di come sia meraviglioso stare per sempre col Signore, quel “per sempre” che don Luciano (preferiva non farsi chiamare “monsignore”), sacerdote da settantuno anni, spero stia vivendo dal momento in cui ha reso l’anima a Colui che l’ha dotato del dono della musica. Non ho partecipato ai funerali perché non stavo tanto bene, ma col pensiero c’ero di sicuro.
In verità, le prime volte che cantavo in Duomo col coro di Pastorale Giovanile, mi sembrava quasi di usurpare lo spazio che dovrebbe invece competere alla Cappella Musicale della Cattedrale, ora guidata dal suo discepolo don Claudio Burgio. Penso proprio che, per onorarlo a dovere, canterò al meglio possibile nella prossima Veglia Missionaria, poco importa se, anziché l’organo, risuoneranno percussioni africane.
Concludo segnalando che lo scorso anno, in occasione della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, sono riuscita ad incontrarlo personalmente. Mi hanno stupita i suoi azzurrissimi occhi, nei quali lampeggiava ancora un guizzo di vivacità. Sono veramente felice di averlo finalmente visto da vicino, proprio un anno liturgico esatto prima del suo passaggio alla vita eterna.
Il suo Vangelo
Pensavo di proporre, in questo spazio, un brano dei suoi, ma penso che sia meglio far parlare direttamente lui, con due frasi tratte da un articolo che uno dei giornalisti ambrosiani, Luca Frigerio, gli aveva dedicato per i suoi novant’anni. Le dedico in particolare ai miei amici del coro Shekinah e a tutti quelli che amano la musica che guida al Signore, come una delle vie per incontrare tutti gli uomini che noi sotto la Madonnina stiamo cercando tenacemente.
«Davvero credo non ci sia arte più efficace del canto e della musica per avvicinarsi e contemplare la bellezza divina».
«Non c’è il vecchio e il nuovo... La mia unica attenzione, infatti, è stata quella di comporre musica bella: e se è bella, è sempre moderna, attuale».

Postato da: Emilia Flocchini
(http://testimoni-ando.blogspot.it)