_CG25151bp27 maggio 2013

Dall'incontro dei vescovi italiani con Papa Francesco una traccia indelebile

Dove cammina il pastore?

 

Che cosa significa essere Pastori? Questa domanda è al centro dell’incontro avvenuto nella basilica di San Pietro tra Papa Francesco e i vescovi italiani in occasione della solenne professione di fede, giovedì scorso.
“Significa credere ogni giorno nella grazia e nella forza che ci viene dal Signore, nonostante la nostra debolezza e assumere fino in fondo la responsabilità di camminare innanzi al gregge, sciolti da pesi che intralciano la sana celerità apostolica, e senza tentennamenti nella guida, per rendere riconoscibile la nostra voce sia da quanti hanno abbracciato la fede, sia da coloro che ancora non sono di questo ovile (Gv 10,16)”.
L’immagine biblica del pastore si riferisce a qualcuno che solitamente precede il gregge: indica la via ed egli stesso la percorre. Il pastore nella Chiesa è colui che insegna e mette in pratica. Conosce i percorsi: non parla mai di cose di cui non ha fatto esperienza in prima persona. Sa distinguere i terreni praticabili da quelli impraticabili; sa dove sono i pericoli: quali devono essere affrontati e quali devono essere evitati. Sa dove trovare ristoro e riposo: a lui ci si può affidare. Anticipa i cambiamenti del tempo, cioè sa come interpretare l’aspetto del cielo e trarne le giuste conclusioni, affinché il gregge non venga sterminato dalla tempesta o dal sole cocente. Il pastore nella Chiesa è attento ai segni dei tempi: li studia e li valuta alla luce del Vangelo per aiutare i fedeli ad essere una presenza significativa nel mondo. Non lo fa da solo, beninteso, perché ascolta volentieri quello che altri esprimono alla luce del senso della fede.
Conosce le pecore, sa che cosa può pretendere da esse e che cosa no. Custodisce la vita; custodisce ciò che gli è stato affidato. Sa che le pecore non sono lì per lui, ma egli è lì per esse. Sa che non le può trattare come cose, come semplici oggetti di carne e di lana da sfruttare, ma come esseri viventi. Il pastore nella Chiesa è l’immagine del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita (cfr. Mc 10,45).
“Per questo, essere Pastori - ha spiegato il Santo Padre - vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela: attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza”.
Ecco dove cammina il pastore: un po’ ovunque, ove è necessario. Egli non è né un condottiero che guarda solo avanti, dimenticando la fatica di chi segue, né un generale che osserva la battaglia da dietro, al sicuro dai colpi.
Il pastore ama il suo gregge e ama ciascuna delle sue pecore; in questo suo amore non vi è debolezza: le ama e per questo le conduce anche contro le loro resistenze e i loro capricci. Il pastore nella Chiesa è un uomo coraggioso, perché con tutta la saggezza, che è la prima cosa di cui ha bisogno per il suo compito, affronta gli inevitabili ostacoli, non cedendo alla tentazione della popolarità, cioè di essere sempre applaudito. Per questo le sue scelte si comprendono con il tempo, quando il frastuono si calma. È un uomo determinato nella fedeltà a Cristo e alla sua parola.
J. Ratzinger notava - come fatto significativo - che nel Nuovo Testamento il termine “vescovo”, che secondo il suo significato letterale significa “sorvegliante” e potrebbe indicare diversi mestieri, sia direttamente legato al concetto di “pastore” (cfr. I Pt 2,25), cosicché “il motivo del pastore è presente in questo senso nella descrizione del compito del vescovo” (“Annunciatori della parola e servitori della vostra gioia”, p. 338).
Nello stesso tempo il “pastore-sorvegliante” è uno che vede. Deve avere l’occhio per il tutto e per il particolare al momento opportuno e inopportuno. Deve essere uno che vede: questo si lega già con il nocciolo del compito del pastore cristiano. La fede fa vedere, dona il pensiero, la mente di Cristo (cfr. I Cor 2,16). Solo a partire da Lui si può cominciare a vedere il tutto e a distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è.

(www.agensir.it)