foto-don-puglisi27 maggio 2013

Il giorno di don Puglisi, il prete che vinse la mafia con l'amore

"Ha vinto lui!"

Sabato la cerimonia di beatificazione a Palermo del sacerdote di Brancaccio, audace e concreto, che fu ucciso dalla criminalita' organizzata vent'anni fa
Nella vigilia della beatificazione di don Giuseppe (Pino) Puglisi hanno parlato di lui il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, e l'Osservatore Romano.
“Don Pino Puglisi, figura bellissima, è stato ucciso in odium fidei”, ha sottolineato card. Bagnasco, “per odio della fede da parte di chi lo ha assassinato, non per anti-mafia. Per questo motivo, sarà dichiarato martire della Chiesa”. “Una lettura diversa – ha precisato - legata solo alla lotta alla mafia e alla malavita, è una lettura prevalentemente o esclusivamente sociologica ed è gravemente riduttiva”.
“La santa audacia di un prete”: l'Osservatore Romano ha reso omaggio con queste parole al prete palermitano. La beatificazione di don Puglisi, che avviene oggi alle 10,30 a Palermo, “rappresenta il dono di Dio più atteso da tutta la Sicilia, e non solo – ha scritto il giornale vaticano - è anche uno splendido e stimolante messaggio per tutti nell'Anno della fede”. E poi è “la conferma della grandezza morale e spirituale di un sacerdote fedele ed esemplare, autentico testimone di Gesù Cristo”. Ed è “anche il sigillo – ha aggiunto - della perenne attualità del suo messaggio, che con la voce del sangue invita tutti al coraggio, alla coerenza, alla fortezza, alla santa audacia nell'esercizio sia del ministero sacerdotale come di ogni altro servizio nella Chiesa, per il trionfo delle forze del bene su tutte le aggressioni del male, soprattutto se, come quello mafioso, agisce da perversa struttura di peccato, antiumana e antievangelica, tanto più subdola e pericolosa quanto più si ammanta o si circonda di riferimenti religiosi”.
Padre Puglisi è nato, vissuto e morto in un quartiere di Palermo chiamato Brancaccio. Ci era nato il 15 settembre 1937. Ne era diventato parroco nella chiesa di San Gaetano nel 1990. Lì è stato ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993.
Perché la mafia ha ucciso don Puglisi? Perché il parroco di Brancaccio si era messo in testa di strappare le nuove generazioni ai tentacoli della piovra che ne decidevano il destino e ne rubavano la vita. Il 29 gennaio 1993 aveva fondato il Centro Padre Nostro, un luogo di incontro, di aggregazione giovanile, di preghiera e di azione. Ma già prima si era sempre impegnato a dare speranze e prospettive ai giovani.
Prete dal 1960, era stato insegnante nelle scuole, aveva lavorato con l’Azione cattolica, la Fuci, le Equipes Notre Dame. Era apprezzato da tutti per la disponibilità e attenzione ai problemi delle famiglie, in uno dei quartieri più degradati di Palermo. Non era un “prete anti-mafia”. Era un prete e basta. Amava il suo gregge, il suo quartiere. E amava Dio. Dunque era un nemico della mafia. Dunque i fratelli Graviano, i boss di Brancaccio, lo hanno fatto ammazzare il giorno del suo 56esimo compleanno. I killer lo hanno atteso davanti casa; quando gli si sono avvicinati con la pistola in pugno, padre Puglisi ha sorriso ai suoi assassini e ha detto: “Me l’aspettavo”; gli hanno sparato alle spalle. Poi hanno voltato il corpo a terra e gli hanno incrociato le braccia sul petto.
Una volta aveva detto ai suoi ragazzi: “Anche la forza, quando diventa un culto, una legge, oggi diffusa molto dal cinema, è un segno di degrado dell’uomo, per cui anche la violenza e la vendetta conseguenti a questo culto sono oggi considerate un modo di pensare. Il mondo rivela tutti questi controvalori, diffusi dove c’è il benessere, come cose che danno pace e felicità, ma non è così: il piacere non dà gioia, e ciò è provato da un numero frequente di suicidi, dall’abbondante uso di droga e alcol”.

(www.vaticaninsider.it)