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20 novembre 2011

Donne e contemplazione: il 21 novembre la Giornata "Pro Orantibus"

Le braccia protese

 

Il 21 novembre, festa liturgica della presentazione al tempio della Beata Vergine Maria, si celebra la Giornata "Pro Orantibus". Questo appuntamento, nato nel 1953, fu fissato definitivamente al 21 novembre, nel 1959, da Giovanni XXIII. In questa Giornata, in tutte le chiese del mondo si pregherà per e con le claustrali. Secondo recenti statistiche, le contemplative nel mondo sono circa 50 mila, divise in più di 3.600 monasteri. In Italia le claustrali sono oltre 7.600. Alla vigilia della Giornata, pubblichiamo una nota di suor Cristiana Dobner, carmelitana scalza. L'arte ha sempre scosso l'attenzione delle persone, ha suscitato un brivido, un'emozione nel loro sentire, nella vulnerabilità che si apre alla Bellezza.
Ho davanti agli occhi l'Implorante di Camille Claudel, una tensione del corpo che fende l'aria e si slancia verso l'alto, che esprime, nel suo silenzio, il grido di aiuto e di soccorso sgorgato da una donna ferita e oltraggiata. Manifesta però anche un abbandono di pace, quasi avesse la certezza stupita di essere ascoltata, nel caso della grande scultrice, in quella fase creativa ancora lontana dalla fede che, solo lentamente, riaffiorò nel suo animo durante i terribili trent'anni di manicomio, inflitti ingiustamente per oscurantismo sociale e che la privarono della grande risorsa della sua vita: l'arte ma, più profondamente, dell'amore.
Le braccia protese non sono sfiorate ma solo avvolte dall'aria, intorno aleggia un senso di misterioso vuoto, eppure il richiamo vuoto non è, ma totalmente risuonante.
Che cosa implora Camille?
Julia Kristeva, filosofa e scrittrice francese, che non si professa credente ma solo una persona in seria e rigorosa ricerca, continua a sottolineare in tutti i suoi interventi come nella nostra società attuale e nel frangente, politico, economico ed ecologico odierno, manchi realmente un umanesimo declinato con criteri altri, con intenti diversi. Scrutando con occhio di amica Teresa di Gesù, divenutale amica dopo averla conosciuta e frequentata, Julia Kristeva rompe un tabù e si chiede dinanzi alla vita della mistica spagnola: "E se questo fosse l'umanesimo? E se questo fosse l'amore?".
Sono le braccia di Camille versate nella scrittura, sottendono lo stesso pulsare. La scultura rimane immobile, tracciata nello spazio, non pone risposte, le sollecita però.
L'interrogativo di Kristeva aggiunge una precisazione quanto mai sottile e preziosa: "... ma quale amore?".
Un semplice sorvolo sugli avvenimenti o eventi del mondo che, grazie alla globalizzazione, ci sono contemporanei, non consente di rimanere inerti e di declinare l'amore con sciolta indifferenza.
Tutto punge, tutto morde. Almeno quanto si vede sullo schermo.
Guardandosi intorno però il panorama si arricchisce e spuntano germi, fiori, frutti che parlano un altro linguaggio.
La dedizione agli altri, il soccorso offerto gratuitamente, la solidarietà amica, parlano nel silenzio, quasi nel nascondimento, e si lasciano intravvedere solo da chi sappia guardare.
Ogni uomo e ogni donna è chiamato a dare la propria risposta, a protendere le proprie braccia, ad accogliere chiunque versi in difficoltà, miseria, abbandono e dolore.
Una modalità, indubbiamente non la sola ma quella che, in uno sguardo di fede, si rende universale e soggiace, quasi comun denominatore, ad ogni agire umano è quella contemplativa, di chi viene sollecitato dallo Spirito a rendere la propria vita, l'unica vita, una sola e unica implorazione, raccogliendo le braccia dell'Implorante scolpite nel marmo e le braccia di Julia Kristeva scolpite sulla carta, per consegnarle ad altre braccia, quelle di Mirjam di Nazareth che, se fendono lo spazio, anche lo raccolgono. Non sono infatti rivolte e risolte in un'implorazione anonima, in un solo gesto di sofferenza, ma si stendono verso un Chi, verso il Padre e allora il "quale amore" trova la sua risposta nel Signore Gesù.
Egli, incarnatosi, ci ha lasciato non uno scritto ma la sua vita, i suoi gesti, le sue continue opzioni per il Regno e non per il successo mondano.
Le sue braccia aperte in preghiera nella notte e nel giorno diventavano magnetiche e soccorritrici, donavano amicizia e disegnavano la strada verso il Padre.
Una vita sempre rivolta al Padre ma intensamente spesa per tutti, fino a culminare alla grande apertura delle braccia sul patibolo infame della Croce, da cui però scaturiscono l'acqua e il sangue della salvezza.
Chi, uomo o donna, abbia ricevuto il dono della chiamata alla vita contemplativa porta impresso in sé questo mistero: ha le braccia di Camille, dell'Implorante, e taglia la storia quotidiana con la supplica di chi ancora non vede il dono; ha l'interrogativo di Julia Kristeva sospeso nell'animo, ma si pone come Mirjam di Nazaret sempre intercedente, sempre mediatrice di ogni possibile sollievo e dono.
Una sorta di ubiquità d'amore innesta un processo storico silente, nascosto, non rispondente ai test della nostra era tecnologica, ma non per questo meno reale e, a suo modo, gravido di un'efficienza eterna, trasformante.
Vivere in monastero, in un deserto da attraversare quotidianamente, in silenzio e solitudine, con legami intensi con la propria comunità, non cancella l'esistenza dalla storia ma la sottrae, perché ne venga espressa la vena più profonda: ricondurre ogni momento della storia dell'umanità alla sua dimensione verticale, portare le braccia dell'Implorante e di ogni implorante, verso il Volto del Padre, dando risposta di testimonianza all'interrogativo di Julia Kristeva che attraversa ogni pensante, ogni ricercante e può scoprirsi segno di amore vero e duraturo.


(Cristiana Dobner - carmelitana scalza su www.agensir.it)