MINDANAO_TENTORIO19 Ottobre 2011

La storia di P. Fausto Tentorio, 59 anni, ucciso pochi giorni fa nelle Filippine

Una vita per gli indigeni

È stato colpito a morte il 17 ottobre davanti alla parrocchia ad Arakan, nell'isola di Mindanao (Filippine), p. Fausto Tentorio, missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) già scampato in passato a un altro agguato. Il religioso era nato il 7 gennaio 1952 a Santa Maria di Rovagnate e cresciuto a Santa Maria Hoè (Lecco). "Verso le 8 del mattino - si legge sul blog dei missionari del Pime nelle Filippine - stava salendo sulla sua auto per recarsi a Kidapawan, 60 chilometri dalla missione, per un incontro diocesano, quando un killer con casco in motocicletta si è avvicinato e gli ha sparato diversi colpi. Da oltre 32 anni Fausto lavorava a stretto contatto con gli indigeni del luogo, i Manobos, nella formazione e organizzazione delle loro piccole comunità montane. Cercava così di rispondere alle loro necessità e speranze quotidiane, lavoro e scuola, ma 'rispondere' voleva anche dire affrontare forze molto potenti interessate più ai beni materiali e interessi personali che a quelli di fratellanza locale e universale". Ordinato nel 1977, p. Tentorio era partito per le Filippine l'anno seguente, dove aveva lavorato inizialmente ad Ayala, nella diocesi di Zamboanga. Nel 1980 era passato alla diocesi di Kidapawan, prima nell'area di Columbio, poi dal 1986 in quella di Arakan. La sera del 17 ottobre, nella parrocchia del suo paese natio, S. Maria di Rovagnate, in provincia di Como, si è svolta una messa di suffragio.

La preghiera e l'affetto del card. Scola. "Di fronte a un delitto così orribile e inaccettabile possiamo solo partecipare con la preghiera e l'affetto nei confronti della famiglia e dei missionari, fratelli di quest'uomo che per la terra in cui ha operato ha dato la vita". Così l'arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola, ha voluto subito esprimere il suo sconcerto per la morte cruenta del missionario. "Ho parlato con la famiglia di Tentorio e ho voluto esprimere loro la mia più forte vicinanza", ha aggiunto il card. Scola. Per l'arcivescovo di Milano "delitti di questo genere, che sono sempre accaduti, oggi più che mai assumono la dimensione espressiva del grande travaglio in cui siamo immersi e richiamano i cristiani all'edificazione della vita buona attraverso le pratiche virtuose".

A fianco dei Lumad. Impegnato già a Columbio con le comunità indigene, nel 1990 p. Tentorio aveva deciso d'impegnarsi a tempo pieno con i tribali della zona, i Lumad, circa 20 mila persone in via d'estinzione. "A partire dal 1955, con l'arrivo dei primi coloni, a queste popolazioni - informa il Pime - erano stati tolti migliaia di ettari di foresta, loro habitat naturale. La scomparsa della terra avrebbe portato anche alla scomparsa delle tribù. Con l'aiuto della Cei, di alcune Ong e di agenzie governative", il missionario "era riuscito in questi anni a far sì che il governo riconoscesse la priorità dei tribali sulle terre ancestrali rimaste". Il lavoro di p. Tentorio era poi continuato con la nascita di cooperative agricole, educazione sanitaria e alfabetizzazione. Negli ultimi tempi il missionario era anche impegnato per fermare la diffusione dell'industria mineraria, altro elemento di distruzione delle popolazioni indigene.

Far west per la giustizia sociale. "Le Filippine, e in particolare Mindanao, sono un far west per quanti s'impegnano nella giustizia sociale, hanno il record di uccisioni". Il dehoniano p. Giuseppe Pierantoni, parlando al SIR, inquadra in questo contesto l'omicidio di p. Tentorio. Missionario a sua volta nelle Filippine per oltre dieci anni, il 17 ottobre 2001 p. Pierantoni venne rapito nell'isola di Mindanao e liberato sei mesi dopo. "La zona dove operava p. Tentorio - aggiunge il religioso dehoniano - è ad ampia prevalenza musulmana, molto povera e instabile. Ma i problemi non sono tra cristiani e musulmani, bensì tra ricchi e poveri". L'isola, e in particolare il Sud, "è terreno d'immigrazione per tanti che vanno alla ricerca di lavoro, mossi dalla disperazione e al tempo stesso dalla speranza di una sistemazione. Mindanao è sempre stata una frontiera interna per le Filippine". Oggi, precisa p. Pierantoni, "i problemi sono drammatici: quando è stata introdotta la legislazione sul possesso della terra alcuni si sono accaparrati vaste aree, magari solo con una firma. E adesso le tribù rivendicano le terre ancestrali, mentre tanti si battono per il pezzo di terra che da decenni coltivano con fatica".

Aveva sposato la causa degli indigeni. Per p. Luciano Benedetti, missionario del Pime, la morte del confratello è "un omicidio premeditato, legato all'impegno profuso da p. Fausto in difesa delle popolazioni indigene, i cui diritti sulla terra erano minacciati dagli interessi dei grandi latifondisti". Egli, aggiunge su "Incrocinews", periodico on line dell'arcidiocesi di Milano, "aveva sposato completamente la causa degli indigeni e questo, alla fine, gli è stato fatale". Resta il ricordo di un missionario "molto socievole - conclude p. Benedetti -, che usava il basso profilo per accostarsi ai suoi interlocutori. P. Fausto era una persona semplice, che a partire dal vestiario si metteva allo stesso livello degli indigeni con cui viveva". Per don Gianni Cesena, direttore della Fondazione Missio, "la morte di p. Tentorio è quella di un missionario generoso che ha dato la vita per la causa del Regno di Dio". La direzione di Missio, si legge sul sito web dell'Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chiese, di cui don Cesena è direttore, "esprime le più sentite condoglianze ai confratelli e familiari di p. Fausto".

(www.agensir.it)