Russolino8 maggio 2011


Ieri a Pianura la beatificazione del fondatore dei Vocazionisti.


Il cardinale Amato: «Parroco zelante e vigilante, infaticabile apostolo del catechismo»


Commozione che il sole non scio­glieva, lacrime che il caldo non a­sciugava hanno accompagnato il rito di beatificazione di don Giustino Ma­ria Russolillo della Santissima Trinità. Fe­deli da tutto il mondo hanno riempito la spianata del Pallucci a Pianura, spazio di erba e di zolle ancora libero, strappato al­l’edilizia scriteriata e insensata del quar­tiere nella periferia ovest di Napoli, dono di un devoto. Da venerdì sera è stata una processione incessante verso la cripta­chiesa del Vocazionario «Deus Charitas» dove è cu­stodita la tomba di don Giustino.


Una lunga fila – 35mila almeno le persone, ma la conta è approssi­mativa – che si è poi riversata da ieri mattina nello slargo dove era stato preparato l’altare. Ma solo nel primo pomeriggio – alle 15,30 – davanti alla Sacra Mensa, la stessa su cui celebrò Giovanni Paolo II nel 1990 quando fu in visita in Campania, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, inviato di Benedetto XVI, ha letto la lettera apostolica del Papa che concede «la facoltà, affinché il venerabile servo di Dio don Giustino Ma­ria Russolillo, fondatore della Società Divine Voca­zioni, che promosse l’apostolato della santificazio­ne universale, sia chiamato per l’avvenire con il no­me di beato e la sua festa possa essere celebrata ogni anno il 2 agosto, il giorno della sua nascita in cielo». Al canto dell’Alleluia è stata disvelata l’effigie sacra di don Giustino, il nuovo beato tanto atteso a Pianura, a Napoli, nella diocesi di Pozzuoli, cui questa por­zione di città appartiene. Tra cori di applausi e sven­tolio di foulard su cui era impresso il volto sereno del novello beato, mentre al cielo salivano le note del «Fatti santo», l’inno ufficiale che mutua le parole dal­l’esortazione ricorrente di don Giustino, è passata la reliquia, un piccolo frammento di osso.


«Il Papa ha riconosciuto un testimone straordinario del Vangelo», ha affermato il cardinale Amato, che ha presieduto la solenne celebrazione cui hanno parte­cipato cardinali, a cominciare dall’arcivescovo di Na­poli Crescenzio Sepe, vescovi (fra cui il vescovo di Pozzuoli Gennaro Pascarella e il suo predecessore, Silvio Padoin) e sacerdoti dalle case sorte in 15 na­zioni, dal Brasile agli Stati Uniti d’America, dall’Ar­gentina alla Nigeria, dalle Filippine all’India al Ma­dagascar, dalla Colombia all’Ecuador, dall’Indone­sia al Galles. La vita di don Giustino Russolillo è sta­ta carica di sofferenze e difficoltà, ma intensa. E ha lasciato numerosi frutti.


Nacque il 18 gennaio 1891 in una Pianura per tredi­ci giorni insolitamente coperta dalla neve. Il grano che d’estate raccolsero i contadini crebbe forte. Giustino, gracile d’aspetto, aveva robuste le radici che affon­davano e prendevano vita nel Signore e i chicchi che ha seminato nei cuori ancora oggi danno buoni frut­ti. Parroco di San Giorgio Maggiore a Pianura, per 35 anni è stato a servizio delle vocazioni e della vita con­sacrata. Il suo legame con il quartiere è indissolubi­le, qui è nato e qui è morto il 2 agosto 1955, per la sua gente già santo. Pochi tratti per dipingerlo, «tessera vivente del mosaico di santità» l’ha descritto il car­dinale Amato: «Parroco zelante e vigilante, apostolo infaticabile del catechismo, umile. La preziosa ere­dità della sua santità è affidata ai suoi figli e alle sue figlie spirituali», che «devono agire in questi nostri tempi di carenze vocazionali e di deserto».

 


(di Valeria Chianese – Avvenire, 8 maggio 2011)