famiglia_crisiMaggio 2011

Le voci mancanti nel discernimento spirituale e vocazionale

L'assenza dei genitori nell'orientamento vocazionale

Cosa fare per favorire nei giovani il contatto, l'apertura alla "chiamata di Dio", magari partendo dalla famiglia? Quali metodi usare per offrire occasioni di avvicinamento alle diverse proposte vocazionali? Le domande sono risuonate nei tre giorni del seminario di formazione alla direzione spirituale a servizio dell'orientamento vocazionale, organizzato la scorsa settimana a Loreto dal Centro nazionale vocazioni (Cnv), con il contributo dell'Ufficio nazionale di pastorale familiare della Cei. La questione della famiglia è centrale, come spiega il titolo dell'incontro: "Voce di Dio e voci dei genitori nel discernimento e nell'accompagnamento vocazionale". Ne spiega la ragione il direttore del Cnv, don Nico Dal Molin: "Abbiamo voluto riflettere, anche alla luce degli Orientamenti pastorali dei vescovi per questo decennio, su come creare una sorta di 'sacra alleanza' con i genitori, per aiutarli a riscoprire la loro esperienza vocazionale di coppia e insieme per divenire, senza remore, senza timori, senza ulteriori tentennamenti, il grembo fecondo dell'educazione alle scelte dei loro figli". Dal Molin aggiunge: "Occorre mettere in luce il senso straordinario che le voci dei genitori possono avere, potrebbero avere, se troppo spesso non abdicassero al compito loro affidato, in nome di altre agenzie educatrici, soprattutto quelle mediatiche sempre così invasive e straripanti".

Non temere l'abbandono. Al seminario di Loreto hanno partecipato soprattutto presbiteri, religiosi, consacrati, impegnati nella direzione spirituale. L'accento posto sulla famiglia ha innestato riflessioni sulla pastorale familiare e su come proporre un cammino vocazionale aperto e comprensibile. "Anzitutto è emersa la necessità di una pastorale familiare - ha detto al SIR don Luciano Luppi, docente di teologia spirituale e parroco a Bologna, che insieme a suor Marina Beretti ha coordinato i lavori - che aiuti i genitori a fare da specchio al figlio, senza paura del conflitto e della diversità di vedute, in sostanza di lasciarlo andare ed essere abbandonati". Ciò "è emerso a più voci sui versanti pastorale, teologico e psicologico, come un bene per tutti, persino per la coppia. In quanto 'mistero grande', essa per vivere deve favorire scelte vere dei figli e non rifugiarsi nel rischio delle pseudo-scelte secondo le quali gli stessi figli possono contare su varie libertà, da quella affettiva a quella comportamentale, ma non su quelle economica e vocazionale".

Se i genitori "resistono". Don Luppi aggiunge che si pensa ad "una famiglia che nella comunità cristiana si ritrovi come parte viva e in comunione con i vari stati di vita, favorendo la circolarità e la reciprocità delle vocazioni. In sostanza, occorre che i figli possano apprendere che la vocazione fa parte dell'alfabeto della vita, che va scoperta e coltivata, che tutta la famiglia possa partecipare in forma costruttiva alla sua individuazione. Insomma, esige una famiglia non narcisista, chiusa o 'collusiva', ma al contrario aperta, creativa, coraggiosa". Sulla stessa lunghezza d'onda, l'altra coordinatrice dei lavori suor Marina Beretti, religiosa apostolina, sottolinea che "si raccoglie spesso la fatica dei genitori nel lasciare i figli liberi di fare scelte che siano secondo il progetto di Dio sulla loro vita, resistenza che può tramutarsi in ostacolo nel vivere il distacco dalla famiglia. Di fronte a questa situazione - prosegue - appare importante aiutare i ragazzi e le ragazze ad accogliere anche le resistenze da parte dei genitori, tramutandole in occasione di più approfondita riflessione sul senso della propria ricerca vocazionale". Per quanto riguarda poi i figli di famiglie cosiddette "multiple", cioè frutto di separazioni e ricostituzione con nuovi partner in uno o entrambi i genitori, suor Beretti ha sottolineato che "situazioni del genere, che comportano anche 'ferite' profonde, possono diventare opportunità, perché i giovani sono chiamati a ritrovare la storia della salvezza nella loro personale e singolare condizione". "È certo che oggi - ha concluso - c'è comunque bisogno di una educazione più grande ai valori da recuperare, che tuttavia non tramontano ma mantengono il loro richiamo profondo".

Qualità nelle relazioni umane. E a proposito di decennio dell'educazione, il direttore dell'Ufficio nazionale di pastorale della famiglia, don Paolo Gentili, sottolinea che "oggi la sfida educativa è davvero seria. Troviamo facilmente i segni di un fortissimo progresso tecnologico a cui però non è sempre corrisposto un autentico progresso antropologico". "Molti adolescenti hanno vaste conoscenze virtuali con tutto il mondo di Facebook o del web. Poi però li ritroviamo completamente incapaci di gestire la loro vita affettiva, di accogliere un rifiuto da parte della persona di cui si sono innamorati, o di superare un fallimento nel mondo della scuola, o di fare autentico discernimento sulla scelta di vita da compiere". "Ecco perché - conclude - occorre poter offrire una vera 'qualità delle relazioni umane', all'interno delle famiglie e delle comunità ecclesiali. È a questo livello che i giovani possono recepire un clima realmente 'familiare', dove ci si senta compresi e amati e dove si avverta anche la presenza di Dio".

(A cura di Luigi Crimella su www.agensir.it)