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Ges_lava_i_piedi_a_GiuseppeNovembre 2013

Esercizio della ministerialità liturgica nella Vita consacrata

Consacrati per essere servi

«Lo stato di vita consacrata, per natura sua, non è né clericale né laicale». Che questo modo d’impostare la riflessione sulla vita consacrata, propugnato con forza dal Codice di diritto canonico del 1983 e ribadito in vari modi nell’Esortazione apostolica Vita consecrata (25.03.1996), convinca appieno o meno, esso si dà ancora oggi come un imprescindibile punto di partenza per qualsiasi approfondimento e dunque anche per la presente Nota.
La domanda da cui prendiamo le mosse potrebbe essere la seguente: discende da questa peculiarità dello stato di vita consacrata qualche orientamento specifico per l’esercizio della ministerialità liturgica? Il né - né di cui sopra, in forza del quale è possibile affermare che la vita consacrata ha «sia per la persona che per la Chiesa un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro» (VC 60), prevede delle ricadute in campo liturgico e specificamente nel campo della ministerialità a servizio dell’azione liturgica della Chiesa? La questione, che – a quanto risulta dalla letteratura consultata – non è stata affrontata con puntualità dalla riflessione teologica sulla vita consacrata né sotto il profilo ecclesiologico né sotto quello squisitamente liturgico-pastorale, apre un legittimo campo d’indagine che qui intendiamo sinteticamente esplorare.
È certo un dato di fatto, da tutti salutato con soddisfazione, che nelle azioni liturgiche la presenza di uomini e donne dediti alla vita consacrata si dia nella modalità di un diversificato e qualificato esercizio ministeriale. Meno chiaro è quanto questo sia da mettere in relazione con la loro specifica forma di vita o non piuttosto con la più generale riscoperta nella vita della Chiesa di una ministerialità battesimale laicale.
In parole più semplici è lecito domandarsi se l’esercizio ministeriale dei consacrati nella liturgia attinga il suo fondamento e la sua ragion d’essere esclusivamente dal sacerdozio comune, battesimale e crismale, dei fedeli o tragga anche una sua specifica modalità di attuazione in ragione della singolarità della «consacrazione laicale».
Per dare risposta alla domanda appena formulata procediamo con tre colpi di sonda: il primo riguarda la ministerialità liturgica dei consacrati nei riti liturgici di assunzione dello stato di vita consacrata; il secondo vuole essere una ricognizione sulla ministerialità liturgica a servizio delle comunità di vita consacrata di appartenenza; l’ultimo intende cogliere l’esercizio della ministerialità liturgica dei consacrati a vantaggio della comunità dei fedeli nella Chiesa locale. Dai dati che verranno raccolti si potrà ricavare una traccia di riflessione sintetica finale.

1. La ministerialità liturgica dei consacrati nell’assunzione dello stato di vita

I due principali Rituali in vigore nella Chiesa cattolica per celebrare la stabile assunzione della vita consacrata da parte di un/a battezzato/a sono la Consacrazione delle vergini e la Professione religiosa, l’una solo per le consacrate, l’altra adattabile per istituti religiosi sia maschili che femminili.

1.1. La consacrazione delle vergini

L’OCV, rimasto per secoli esclusivo appannaggio della vita monastica, con la revisione post-conciliare del 1970 è stato di nuovo reso disponibile a tutte le donne che «sotto l’ispirazione dello Spirito santo, fanno voto di castità al fine di amare più ardentemente Cristo e servire con più libera dedizione i fratelli» (OCV 2). L’ordinamento celebrativo, voluto come un canovaccio rituale passibile di adattamento, è stato ripensato in modo tale che colei che si appresta alla consacrazione verginale possa partecipare al rito liturgico in modo più attivo e consapevole, agendo secondo una vera ministerialità sua propria e peculiare. Eccone la documentazione nei suoi punti nodali:
- alla chiamata del vescovo, posta prima dell’omelia, le vergini consacrande accendono le lampade o i ceri e si avvicinano al presbiterio; rispondono al vescovo e salgono in presbiterio;
- alle interrogazioni, poste subito dopo l’omelia, esse esprimono l’intenzione di accogliere le esigenze che la chiamata comporta, dichiarando la propria irrevocabile volontà;
- durante il canto delle litanie esse si inginocchiano con il vescovo o, secondo la consuetudine, si prostrano (va notata una qualche analogia con i riti di ordinazione), a sottolineare la speciale intercessione di Maria e dei santi sul proposito manifestato;
- alla solenne preghiera di consacrazione si riportano davanti al vescovo e, stando in ginocchio, accompagnano il gesto e la preghiera di consacrazione del vescovo;
- terminata la preghiera di consacrazione, si rialzano e si avvicinano al vescovo per ricevere i segni espressivi della loro consacrazione: l’anello, il velo (o un altro segno) e, se è opportuno, il libro della Liturgia delle Ore che le impegna alla preghiera di lode e di supplica della Chiesa;
- infine, al momento della comunione, esse si accostano all’altare per ricevere la comunione sotto le due specie.

1.2. La professione religiosa

L’OPR, destinato a coloro (uomini e donne) che «assumono con voto pubblico l’obbligo di osservare i tre consigli evangelici» e per il ministero della Chiesa si consacrano a Dio e vengono incorporati in un istituto religioso, ha subito una profonda revisione post-conciliare per essere utilizzato «come un “modello” rituale, al quale ogni singolo istituto può e deve dare una configurazione specifica». Il suo ordinamento celebrativo evidenzia, in forte similitudine con l’OCV, una presenza più attiva e pienamente consapevole dei soggetti, da intendersi come vera e propria ministerialità liturgica in esercizio. Esemplifichiamo per il caso della professione perpetua al maschile (OPR 40-77):
alla chiamata del diacono o del maestro di noviziato, che precede l’omelia, ciascun candidato risponde con un solenne «Eccomi» o in altro modo secondo le consuetudini delle varie famiglie religiose;
- a ciascuna delle interrogazioni del celebrante, collocate dopo l’omelia, perché esprimano la loro disposizione «a consacrarsi a Dio e a impegnarsi nella ricerca della carità perfetta secondo la regola o le costituzioni della famiglia religiosa», i candidati insieme rispondono con un chiaro «Lo voglio»;
- durante il canto delle litanie tutto avviene come già si è detto per l’OCV;
- alla professione ciascun candidato si porta davanti al celebrante (o al proprio superiore) e legge la «formula di professione», precedentemente trascritta di suo pugno; è bene poi che il professo si porti all’altare e deponga su di esso la «scheda di professione»;
- alla solenne preghiera di consacrazione tutto avviene, dal punto di vista dell’azione ministeriale, come si è detto per l’OCV;
- se è previsto, dopo la solenne preghiera di consacrazione, i professi ricevono le «insegne di professione» e, sempre se previsto, l’aggregazione stabile al proprio istituto può essere significata con parole e con gesti particolari (ad esempio, il bacio della pace).
Come ben appare dalle sequenze rituali richiamate, chi entra nella vita consacrata lo fa mediante una celebrazione liturgica in cui, insieme alla ministerialità propria del vescovo e degli altri ministri ordinati, insieme all’esercizio di una ministerialità laicale comune o specifica, si attiva una peculiare ministerialità dei consacrandi / consacrati. Essa affonda le sue radici nella ministerialità laicale in forza del dono battesimale e crismale, e si esercita in ordine all’assunzione della forma di vita consacrata.

Questo tuttavia non sembra configurare degli espliciti incarichi di tipo ministeriale liturgico, fatto salvo l’assunzione di un impegno alla celebrazione quotidiana della Liturgia delle Ore, in tutto o in parte.

2. La ministerialità liturgica nella comunità di vita consacrata

La vita consacrata, specialmente nel caso di una stabile forma di vita comunitaria, prevede ambiti liturgici propri che vanno dalla messa di comunità alla pratica dell’adorazione eucaristica in forma solenne, alla celebrazione corale della Liturgia delle Ore, ecc… Tutto questo richiede l’ordinario esercizio di una ministerialità liturgica non ordinata di tipo laicale (servizio di sacrestia, lettorato, accolitato, antifonariato, animazione del canto, ecc…) che viene affidato ai membri stessi della comunità di vita consacrata.
Ad esso si aggiunge un esercizio «eccezionale» o «straordinario» della ministerialità liturgica non ordinata come azione di supplenza legittima alla mancanza di una presidenza presbiterale o almeno diaconale:
– è il caso della guida della Liturgia delle Ore, esercitata dai superiori delle comunità (sia maschili che femminili) o, a turno, da un fratello o da una sorella della comunità;
– è il caso dell’esposizione e della riposizione eucaristica per l’adorazione solenne o della comunione portata ai fratelli e alle sorelle malati;
– è il caso della guida di celebrazioni della Parola, di liturgie penitenziali in preparazione alla celebrazione sacramentale della penitenza, di veglie funebri davanti alla salma di un fratello o di una sorella defunti, di liturgie a tonalità specificamente mariana, come la solenne celebrazione dell’Akàthistos, ecc…
– è il caso di alcune benedizioni come la benedizione della mensa, la benedizione di fratelli o sorelle anziani e/o malati (in forma individuale o comunitaria), la benedizione di fratelli o sorelle che si mettono in viaggio e altre ancora.
Ancora una volta dobbiamo considerare che la ministerialità liturgica ordinaria e straordinaria di cui stiamo parlando non si dà in ragione dello speciale statuto della vita consacrata, ma poggia sul fondamento battesimale e crismale della vita cristiana, particolarmente riconoscibile nell’ambito della vita consacrata. Le esigenze liturgiche interne alla vita di una casa religiosa, di un istituto o di una comunità possono intensificare l’esercizio straordinario di un ministero liturgico – si pensi in particolare a una Liturgia delle Ore normalmente celebrata senza la presidenza di un ministro ordinato – fino a renderlo consuetudinario, ciò non toglie che esso venga attuato perché possibile già nella forma della vita laicale. Solo nel caso di alcune benedizioni, proprie del «padre» o della «madre» di una comunità, si può arrischiare l’affermazione che tale ministero liturgico è esercitato in ragione della vita consacrata e, più precisamente, in ragione di un compito direttivo nella vita consacrata.

3. La ministerialità liturgica nella comunità cristiana

Molte forme di vita consacrata hanno un rapporto diretto e organico con la vita della Chiesa locale e, ancora più specificamente, con la vita delle comunità parrocchiali. Molti membri di istituti religiosi o secolari partecipano regolarmente alle assemblee liturgiche parrocchiali ed esercitano in esse una qualificata azione ministeriale, sia in forma ordinaria che straordinaria.
Tralasciando di prendere in considerazione la forma ministeriale ordinaria, la quale è immediatamente riconducibile al diritto/dovere di ogni fedele di cooperare ministerialmente all’azione liturgica della Chiesa in tutto ciò che le compete, prendiamo in esame, con l’ausilio dell’Istruzione Ecclesiae de mysterio, le forme di servizio liturgico «straordinario». Avremo modo di capire se e quanto esista in questo ambito una ministerialità liturgica della vita consacrata peculiare e distintiva.
Secondo l’Esortazione post-sinodale Christifideles laici, «quando la necessità o l’utilità della Chiesa lo esige, i pastori possono affidare a fedeli non ordinati, secondo le norme stabilite dal diritto universale, alcuni compiti che sono connessi con il proprio ministero di pastori ma che non esigono il carattere dell’ordine» (n. 23). Evidenziamo alcuni passaggi particolarmente significativi.
In primo luogo, i soggetti deputati all’agire ministeriale vengono connotati come «pastori» o «fedeli ordinati» e come «fedeli non ordinati». Ciò comporta che non è previsto un tertium genus ministeriale che in ipotesi potrebbe essere chiamato «fedeli non ordinati consacrati». Questi ultimi infatti, dal punto di vista dell’esercizio ministeriale, sono ricondotti nell’alveo dei «fedeli non ordinati» simpliciter.
In secondo luogo la ministerialità «straordinaria» in genere (e liturgica in specie) è pensata come un affidamento ai «fedeli non ordinati» di compiti di per sé pastorali, ma non strettamente connessi con il carattere dell’ordine sacro. Di conseguenza, «i fedeli non ordinati non detengono un diritto a esercitarli, ma sono abili a essere assunti dai sacri pastori in quegli uffici ecclesiastici e in questi incarichi che sono in grado di esercitare secondo le disposizioni del diritto» (EM 4).
Da ultimo, le ragioni che attivano questa ministerialità straordinaria o di supplenza pastorale dei «fedeli non ordinati» sono quelle del necessario e dell’utile. «Necessario» è ciò che non può mancare, pena il malessere dell’organismo ecclesiale nel suo complesso; «utile» è ciò che è sommamente conveniente ad accrescere l’efficacia dell’azione pastorale della Chiesa. Nell’uno come nell’altro caso il giudizio non è lasciato al singolo soggetto o a una singola comunità, ma assume la forma di un intervento magisteriale.
Nella parte delle disposizioni pratiche EM dedica un ampio spazio alla trattazione della ministerialità liturgica straordinaria, definendo gli spazi e i limiti del suo esercizio. Se vale la prima considerazione fatta, possiamo affermare che, là dove si apre uno spazio di esercizio ministeriale straordinario per i fedeli non ordinati, lì è indicato anche un possibile esercizio ministeriale di coloro che vivono la vita consacrata. Avremmo desiderato trovare una loro citazione ex professo e un più esplicito riconoscimento della loro migliore predisposizione ai ministeri liturgici in ragione della forma di vita abbracciata, ma su questo punto l’istruzione interdicasteriale non è particolarmente eloquente.
Ecco in breve i capitoli di un esercizio ministeriale liturgico di natura straordinaria:
– l’omelia al di fuori della celebrazione eucaristica e inserita in altri tipi di celebrazione (cf. EM, art. 3 § 4)[11];
– la guida delle celebrazioni domenicali in assenza di presbitero, esercitata su speciale mandato del vescovo (cf. EM, art. 7 § 1);
– l’esercizio del ministero straordinario della comunione, «destinato soprattutto agli infermi e alle assemblee liturgiche nelle quali sono particolarmente numerosi i fedeli che desiderano ricevere il sacramento dell’eucaristia» (cf. EM, art. 8);
– l’assistenza ai matrimoni, «in circostanze molto particolari di grave mancanza di ministri sacri», con delega del vescovo diocesano, che ha ottenuto a sua volta, per la propria diocesi, il voto favorevole della Conferenza episcopale e la licenza della Santa Sede (cf. EM, art. 10);
– l’esercizio del ministero straordinario del battesimo, in caso di necessità e «qualora il ministro ordinario mancasse o fosse impedito» (cf. EM, art 11);
– la guida della celebrazione delle esequie ecclesiastiche «nel caso di vera mancanza di un ministro ordinato e osservando le norme liturgiche in merito» (cf. EM, art. 12).

4. Conclusione

Dopo questa rapida ricognizione sulla ministerialità liturgica ordinaria e straordinaria esercitata da coloro (uomini e donne) che vivono la vita consacrata, possiamo tornare alla nostra domanda di partenza.
È emerso con evidenza che non esiste uno specifico ministeriale liturgico della vita consacrata se non là dove si celebrano i riti di consacrazione e di professione religiosa. La peculiarità di quella ministerialità non deriva però da un fondamento diverso dall’esercizio del sacerdozio comune dei fedeli, battesimale e crismale, bensì da una sua speciale caratterizzazione in vista di una stabile «consacrazione laicale» nelle diverse forme della vita consacrata. L’esito liturgico più suggestivo e concreto è quello che istituisce ogni soggetto consacrato, uomo o donna, quale liturgo della preghiera oraria della Chiesa.
Sul fondamento battesimale e crismale, ma con l’arricchimento di tutto ciò che comporta la vita consacrata, tali soggetti si dispongono a svolgere i diversi ministeri liturgici laicali o dei fedeli non ordinati, per dirla con il linguaggio di EM, sia in forma ordinaria che straordinaria.
L’intensità spirituale, la migliore preparazione complessiva, il dinamismo apostolico e la tensione escatologica che permea la vita consacrata sono tutti elementi che favoriscono un servizio ministeriale liturgico a vantaggio delle comunità cristiane. Stupisce che di questo non ci sia traccia evidente nei documenti magisteriali da noi considerati.

(Claudio Magnoli su RL 3/2006)