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Convegno Nazionale Vocazionale (3-5 gennaio 2013)

In preghiera per le vocazioni

Al convegno hanno preso parte più di 500 persone, tra direttori dei Centri diocesani e regionali per le vocazioni, rettori di seminari, religiosi e religiose, seminaristi, novizi e novizie, giovani e coppie di sposi impegnati nella diffusione di una cultura vocazionale.

Gesù ha chiesto più volte di pregare, ma pochissime volte, quattro in tutto, con un’intenzione precisa (la preghiera per i nemici, la preghiera per non entrare in tentazione, la preghiera per Pietro affinché la sua fede non venga meno, la preghiera al Signore della messe perché mandi operai nella sua messe). È estremamente significativo che tra queste ci sia la richiesta di pregare per l’invio di operai nella messe (Mt 9, 38; Lc 10, 2).
Il pregare richiesto da Gesù nei confronti di Dio è un atto di fede, di sottomissione, di confessione, di attesa, che è proprio del discepolo.
Pregare per le vocazioni, significa fondare la speranza sulla fede affinché il dono dello Spirito dilati il Regno a tutte le genti. Lo Spirito Santo non è mai negato a chi prega e chi prega veramente lo ottiene non per sé, ma per la Chiesa e per il mondo. Con questa consapevolezza ci si è ritrovati a Roma, presso la Domus Pacis, nei giorni 3-5 gennaio 2013, per il Convegno Nazionale Vocazionale.

… progettando con Dio
“Progetta con Dio … abita il futuro. Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede”. Questo il tema che ha coinvolto più di 500 persone, tra direttori dei Centri diocesani e regionali per le vocazioni, rettori di seminari, religiosi e religiose, seminaristi, novizi e novizie, giovani e coppie di sposi impegnati nella diffusione di una cultura vocazionale.
Lo slogan, elaborato dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni (UNPV), riassume il Messaggio del Santo Padre per la 50a Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni (21 aprile 2013), e riprende l’enciclica Spe Salvi: «La preghiera costante e profonda fa crescere la fede della comunità cristiana, nella certezza sempre rinnovata che Dio mai abbandona il suo popolo e che lo sostiene suscitando vocazioni speciali, al sacerdozio e alla vita consacrata, perché siano segni di speranza per il mondo» (Benedetto XVI, 6 ottobre 2013). La Chiesa ha bisogno, pertanto, di donne e di uomini che siano «… ministri della speranza per gli altri. Ed è speranza attiva, nella quale lottiamo perché le cose non vadano verso la fine perversa» (Spe Salvi, 34).
Nel “cantiere della speranza”, l’animatore vocazionale è «un entusiasta della sua vocazione e della possibilità di trasmetterla ad altri, è un testimone non soltanto convinto, ma contento, e dunque convincente e credibile» (Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, 34 c); è un manovale che «da persona a persona, da cuore a cuore» (ib.), con cura, sapienza e laboriosità, realizza fedelmente il progetto di Dio sull’uomo.
Nel “cantiere della speranza”, l’animatore vocazionale narra che progettare con Dio «significa fidarsi della sua Parola; avere un rapporto affettuoso con Lui; entrare in una logica di intimità, imparando a decentrarsi, a donarsi alla persona amata» (come la Sposa, che in ascolto dello Spirito, invoca la venuta dello Sposo); «mettersi in gioco; camminare con la speranza nel cuore», così mons. Nico Dal Molin, direttore dell’UNPV, nel saluto iniziale, presentando i lavori del convegno.
Nel “cantiere della speranza”, come ci ha ricordato don Brendan Leahy, teologo nella Pontificia Università Irlandese, ripercorrendo i Messaggi dei papi per le Giornate Mondiali di preghiera per le vocazioni, l’animatore vocazionale costruisce per il futuro su basi solide:
– ogni vita è una vocazione;
– la vocazione è radicata in una storia d’amore;
– la bellezza ed il fascino della vita sgorgano dalla vocazione;
– la testimonianza suscita le vocazioni.
Chiuso il cantiere, trascorso il primo pomeriggio, subito dopo cena, i direttori diocesani e regionali, così anche i seminaristi con i novizi e le novizie, si sono ritrovati per un tempo di condivisione e di progettazione futura: preparare il pellegrinaggio, nell’Anno della fede, alla tomba di Pietro di seminaristi, novizi, novizie e di quanti sono in cammino vocazionale (Roma, 4-7 luglio 2013).
Di buon mattino, il secondo giorno, i manovali – ministri della speranza sono ritornati in cantiere, ciascuno con i propri attrezzi, per la preghiera mattutina. Subito dopo, la prof.ssa Nuria Calduch Benages, biblista e docente di Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico, ha presentato il chiamato come pellegrino della fede e servitore della speranza. Ripercorrendo il racconto della vocazione di Maria (Lc 1, 26-38), la biblista ha messo in corrispondenza l’intervento di Dio e la reazione dell’uomo: «Ogni storia umana è retta dalla mano misteriosa di Dio ed è per questo motivo che Maria, sorretta dalla fede, pronuncia il suo sì. Dalla piena di grazia, dono ricevuto da Dio, alla Serva del Signore, dono offerto da Maria».
La giornalista Annachiara Valle, direttrice della rivista “Madre” col tema “Sperare si può. Sempre. In qualunque circostanza. A qualunque costo”, invece, ha raccontato il suo incontro col card. François Xavier Nguyen Van Thuân, grande uomo di speranza che, in armonia con la volontà di Dio (il nome Thuân letteralmente significa questo), ha assunto il Vangelo di Cristo come parte della quotidianità e della fatica.
Nel pomeriggio, il cantiere si è arricchito di alcuni narratori di speranza, che si erano già raccontati nei films “Storie e luoghi di Vocazione” del regista Giovanni Panozzo. Nel talk, presentato da suor Plautilla Brizzolara, “Rivediamoli dal vivo: la speranza, segreto della vita cristiana e respiro della pastorale vocazionale”, il vescovo ausiliare di Belfast (Irlanda), mons. Donald Mc Keown, ha riferito quanto per la pastorale delle vocazioni sia importante disporre di testimoni limpidi, capaci di stare tra la gente comune. Cristina Acquistapace, dell’Ordo Virginum, ha condiviso la sua storia vocazionale, pur nella condizione di diversità, mentre il sindaco di Nurachi (Sardegna), Filippo Scalas, ha manifestato la bellezza di mettersi a servizio del bene comune. Infine, attraverso le suggestive immagini di Giovanni Panozzo, le riflessioni e le speranze di un giovane prete, don Domenico Cassandro, della Comunità di Moiano, che il 17 settembre 2012, a causa di una malattia, è stato raggiunto da sorella morte all’età di 33 anni (DVD, Storie e luoghi di vocazioni, Il tempo breve, 2013).
Prima di lasciare il cantiere, i manovali della speranza hanno innalzato, tenendo il mondo aperto a Dio, la preghiera per essere loro stessi narratori credibili di speranza lì dove la gente soffre e si dispera, presa «dalle nostalgie passate o dalle illusioni future». «La speranza è il segreto della vita cristiana. Essa è il respiro assolutamente necessario sul fronte della missione della Chiesa ed in particolare della pastorale vocazionale … occorre quindi rigenerarla nei presbiteri, negli educatori, nelle famiglie cristiane, nelle famiglie religiose, negli istituti secolari. Insomma in tutti coloro che devono servire la vita accanto alle nuove generazioni» (Nuove Vocazioni per una Nuova
Europa, 3).
In serata, dopo cena, la preghiera diventa musica con il Coro “Bassano Blue Spiritual Band”, diretto dal M.° Diego Brunelli.
Il terzo giorno, dopo la preghiera delle lodi mattutine, mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti – Vasto, apre i lavori in cantiere con la relazione “Progetta con Dio … Abita il futuro: per una Chiesa tutta vocazionale” e invita i presenti ad apprendere a sperare invocando, rispondendo, obbedendo e servendo: «… Nella preghiera, in obbedienza a Dio e nella disponibilità a servirlo, la vita vissuta nella speranza della fede diviene compimento di una vocazione, di quel legame misterioso e vitale, cioè, che unisce il pellegrino nel tempo alla sua sorgente eterna …». Essere “lampionai della speranza”: è stato l’augurio formulato da mons. Dal Molin, assieme al dono di un decalogo della speranza, a tutti i manovali – ministri che, con entusiasmo e partecipazione laboriosa, hanno condiviso un cammino di fede per un futuro di risposte concrete.
Nella celebrazione eucaristica conclusiva, durante l’omelia, mons. Francesco Lambiasi, Presidente della Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata, ha indicato in Giovanni Battista il testimone fedele della speranza. Come il Battista «… il cristiano diventa testimone del Signore vivendo e comunicando il Vangelo con gioia e con coraggio, sapendo che la verità del Vangelo viene incontro ai desideri più autentici dell’uomo » (CEI, Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo, 6).

… per abitare il futuro
In quest’anno, in cui la Chiesa invita a rimotivare il cammino di fede, si è chiamati, così come il cardinale Bagnasco ha pronunciato nella prolusione al Consiglio Permanente della CEI, il 24 settembre 2012, «… a imprimere una decisa accelerazione alla pastorale vocazionale, anche attraverso una dedizione specifica di noi vescovi e una mobilitazione affettiva e orante del popolo di Dio». Nel “cantiere della speranza”, l’animatore vocazionale, manovale e “ministro di speranza per gli altri”, nella docilità al soffio dello Spirito, il capo cantiere, mobilitando il cuore e lo spirito, ha compreso che «… in ogni momento, soprattutto in quelli più difficili, è sempre la fedeltà del Signore a far vibrare i cuori degli uomini e delle donne e a confermarli nella speranza di giungere un giorno alla Terra Promessa. Qui sta il fondamento sicuro di ogni speranza: Dio non ci lascia mai soli ed è fedele alla parola data» (Benedetto XVI, 6 ottobre 2013). La fedeltà di Dio interpella, «… esortandoci alla responsabilità di testimoniare e annunciare la fede, con coraggio, serenità e fiducia, a tutti e in particolare alle nuove generazioni » (CEI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Vita Consacrata, 2 febbraio 2013), ai giovani soprattutto.
È indispensabile per un futuro di risposte (la crisi attuale non è di chiamate, ma di risposte coraggiose) che l’animatore vocazionale:
– testimoni nella storia la speranza, “Perché proclami le opere meravigliose di lui, Dio, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt 2, 9). L’amore educativo è sempre provocato dalla sfida della speranza. È necessario cioè che l’animatore sia uno che crede nei giovani sinceramente (cfr. A. Cencini, Liberare la speranza, 47). L’esperienza umana della vita esige educazione alla speranza perché l’uomo non può vivere senza speranza, cioè senza un motivo che apra il presente al futuro in modo positivo. Non tutte le speranze hanno lo stesso valore. La speranza cristiana è centrata sulla resurrezione come criterio per pensare la vita e affrontare i problemi. Tale speranza costituisce così il superamento infinito ma reale di ogni speranza umana (cfr. Spe Salvi, 2);
– rispetti l’unicità delle persone, i loro tempi di maturazione. Si armi di tanta pazienza e alla fine, la gioia di vedere l’altro crescere nella consapevolezza del proprio io, è la ricompensa più ricca e più bella che si possa avere. Il giovane non è un robot da programmare. Il giovane è persona, ha un suo iter, segnato dalla Provvidenza, che può risultare tortuoso, in salita, difficile da comprendere, ma proprio in questo consiste il processo educativo, nel rispetto del progetto di vita di ciascun giovane. La Chiesa, pertanto, «… ha bisogno di persone che si mettano al servizio delle vocazioni, di persone, cioè, che siano al servizio dei fedeli, ponendosi accanto a ciascuno per un cammino graduale di discernimento; persone che, a tal fine, diano indicazioni alla luce della parola di Dio letta in situazione, perché ciascuno capisca qual è la sua vocazione e qual è il servizio che deve rendere”, queste le parole rivolte ai convegnisti nel 1988, riuniti ad Acireale sull’argomento Presbiteri, Religiosi e Laici nella parrocchia per una pastorale unitaria, da don Pino Puglisi, martire della fede, che il 25 maggio 2013, a Palermo sarà proclamato Beato.

(Don Giuseppe Licciardi, Direttore CRV, Sicilia, su Testimoni 2 del 2013)