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Consacrati_sempre_di_modaFebbraio 2013

Vocazioni che non passano di moda

Consacrati, quel coraggio di affidarsi all’amore di Dio

Le claustrali sono come gli astronauti su un satellite; a vederle pregare sembra che l’universo giri intorno a loro”. Chi parla così non è un maestro di spiritualità, ma Liliana Cavani che all’ultima Mostra del Cinema di Venezia ha presentato un documentario girato all’interno del monastero delle Clarisse di Urbino. La grande regista è uscita da questa esperienza convinta della modernità della vita consacrata, non diversamente di quanto capita a tanti turisti dello spirito che si recano a  Monte Oliveto, a  la Verna, a Camaldoli e in tantissimi altri conventi sparsi nel mondo.
Ciò che colpisce è il coraggio di chi facendo voto di castità, povertà e obbedienza si affida all’amore di Dio. Una vita di preghiera, di fraternità, di sobrietà, attrae perché risponde al  bisogno di valori e di trascendenza di cui  la nostra società avverte la mancanza, ma a cui non sa porre un rimedio. Per gli ottocentomila consacrati e consacrate sparsi nel mondo resta comunque il problema di dimostrare in tutte le situazioni il loro essere “segni di Dio”, con la consapevolezza di camminare controcorrente e di dovere salvare il tesoro spirituale che custodiscono “in vasi di creta”, come direbbe San Paolo a proposito di fragilità umana.
In occasione dei cinquant’anni dal Concilio Vaticano II i bilanci che si fanno sulla vita consacrata cercano di scoprire fino a che punto sono stati presi in considerazione gli interventi del Magistero in mezzo secolo. Ma sapere se il rinnovamento della vita religiosa c’è stato e se ha dato frutti di spiritualità, di carità, di evangelizzazione, è anche proiettarsi verso un futuro in piena gestazione. I più anziani ricorderanno l’entusiasmo con cui fu accolto il decreto conciliare “Perfectae caritatis”. Paolo VI, che lo aveva emanato nel 1965, invitò i consacrati a rivivere lo spirito originale del loro istituto con gli occhi aperti ai segni dei  tempi, e per loro fu come rinascere. Poi subentrò la fatica dello smuovere mentalità e strutture di un rinnovamento che il decreto aveva indicato con tre verbi: sopprimere, adattare, introdurre.
Una lunga serie di documenti, negli anni successivi, accompagnò il rinnovamento; in parte furono scritti dai successori di Paolo VI, in parte dai vescovi e dai superiori e superiore generali. Un passo decisivo lo fece  il Sinodo del 1994 i cui contenuti confluirono nell’Esortazione apostolica “Vita consecrata” di Giovanni Paolo II. Oggi l’impressione è che la vita consacrata si trovi in una fase ancora di transizione. Tra il 1960 e il 2010, per effetto di fusioni e unioni, sono scomparsi oltre 370 istituti religiosi e sono state fondate oltre 800 nuove comunità. Il saldo è positivo e la vita consacrata continua. Se si guarda alla storia ci si accorge che la vita consacrata ha conosciuto momenti ben più difficili; più volte si è dovuta reinventare, salvando i suoi  connotati. Basta ricordare che nell’ Ottocento alla soppressione degli ordini religiosi seguì la ripresa e la fondazione di nuovi istituti.
C’è da aggiungere che sarebbe riduttivo parlare di mutamenti in corso solo dal punto di vista quantitativo, perché alla crisi numerica di vocazioni che attraversa l’Europa e l’America del Nord, fanno da contrappeso cifre positive in Africa, in Asia e in America Latina, dove la vita consacrata può contare su contesti di maggiore spiritualità e solidarietà. Interessante sarebbe analizzare i fattori di crescita delle vocazioni religiose nei Paesi dove aumentano i novizi e sorgono forme nuove di comunità.
In questo senso anche l’Europa ha qualcosa da dire a proposito delle claustrali e delle comunità che si stabilizzano in luoghi di emarginazione. Un esempio, tra i tanti viene da un quartiere periferico di Parigi dove immigrati di novanta nazionalità sono ammucchiati tra  miseria e delinquenza. Tre suore della congregazione di Nostra Signora insegnano alle donne a scrivere, fanno da tate ai bimbi islamici, si rendono utili senza proselitismi. La loro presenza testimonia che la nuova evangelizzazione comincia da se stessi; ed è quanto di più moderno  la vita religiosa possa offrire. ”Prima che per ciò che fate è per la radicalità della vostra consacrazione che voi parlate all’uomo d’oggi” scrivono non a caso i vescovi italiani nel Messaggio per la Giornata mondiale della vita consacrata del 2 febbraio.

(Vito Magno su Avvenire del 1 Febbraio 2013, p. 17)