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400px-Lode_Piazza_NavonaGennaio 2013

52a Assemblea CISM 2012, ad Acireale 

I religiosi e l’evangelizzazione

Il contributo che la vita religiosa apporta non è in termini di azione, ma piuttosto di stile. Essa infatti ha come suo costante punto di riferimento lo stile di gesù il quale entrando nella storia degli uomini lo ha fatto con la delicatezza e l’amore del buon samaritano.

Quest’anno la 52 assemblea della conferenza italiana dei superiori maggiori (cism) si è svolta dal 5 al 9 novembre in sicilia, ad acireale. Essa ha visto un’ampia e qualificata presenza di provinciali che hanno condiviso la riflessione sulla responsabilità dei religiosi nel tempo della nuova evangelizzazione, tema “obbligato”, visto che la cism – come ha detto il segretario generale p. fidenzio volpi introducendo i lavori – è sempre in sintonia con il cammino ecclesiale, che in questo tempo parla proprio di questa evangelizzazione, sulla quale è stato tenuto un sinodo nell’ottobre scorso. Raccogliendo l’invito del papa perché “l’anno della fede possa contribuire a rendere dio nuovamente presente in questo mondo”, nella sua relazione p. volpi ha invitato a leggere i “segni di tempi” per ricordare che la chiesa prosegue la missione di gesù annunciando il vangelo e comunicando la propria esperienza di fede che si irrobustisce trasmettendola. Come più volte in assemblea è stato evidenziato, si tratta di accettare il confronto con i cambiamenti in atto che vanno delineando una società postcristiana, non sfuggendo alle sfide che ciò comporta e senza indulgere a sterili lamentazioni. È questo il contesto dal quale emerge la necessità e nel quale si pone l’opportunità di una nuova evangelizzazione.
Nuova nel senso che il cristiano è attento alle “res novae” proposte dal vangelo; nuova perché capace di suscitare un risveglio spirituale e apostolico, capace non solo di fronteggiare la scristianizzazione, ma anche di rilanciare l’evangelizzazione in tutti gli ambiti della vita ecclesiale.

Nella logica dell’incarnazione
La prospettiva delineata da p. volpi è stata successivamente ripresa e approfondita con una pluralità di interventi. Un primo contributo è venuto dalla tavola rotonda sui problemi e le frontiere della nuova evangelizzazione nella quale gli interventi di d. carmelo torcivia, d. marcello mazzeo e della prof. stella morra hanno evidenziato come si sia di fronte a una nuova inculturazione del vangelo in occidente, nella logica dell’incarnazione attraverso la ricostruzione di luoghi dove la vita del vangelo sia possibile e vivibile dentro la vita quotidiana e avendo attenzione a raggiungere le persone dove esse si trovano e nel loro bisogno di vita. L’evangelizzatore genera figli nella fede, non fa proseliti. Per questo si tratta di stabilire relazioni, creare occasioni, toccare emozioni, trasmettere passioni, attraverso le quali far comprendere che cristo non è un personaggio del passato, ma una presenza che può realmente cambiare la vita di chi lo accoglie.

È questione non di azione, ma di stile
Un secondo passaggio è stato caratterizzato dalla riflessione sul “contributo della vita religiosa alla nuova evangelizzazione” che ha visto il confronto tra le sensibilità pastorali e spirituali di quattro Istituti religiosi presenti con l’apporto del loro superiore generale. Se da un lato gli interventi di d. pascual chávez, salesiano, d. silvio sassi, paolino, p. josé carvalho, dehoniano e p. mauro jöhri hanno evidenziato quanto molteplici siano le angolature con le quali ci si approccia al tema, per altro aspetto nei diversi interventi si è potuto cogliere un orientamento condiviso: il contributo che la vita religiosa apporta non è in termini di azione, ma piuttosto di stile. Essa infatti ha come suo costante punto di riferimento lo stile di gesù il quale entrando nella storia degli uomini lo ha fatto con la delicatezza e l’amore del buon samaritano. Ciò che caratterizza la vita religiosa non sta tanto nell’azione, ma nello stile. L’apporto che possiamo dare non è infatti primariamente quantitativo, non è nella moltiplicazione o innovazione delle proposte, ma lo si trova piuttosto nella “forma” che possiamo dare: l’evangelizzazione come stile. Questo stile si viene concretamente a delineare attorno ad alcuni tratti: la gratuità, l’umiltà, la prossimità. L’evangelizzazione richiede persone che si siedano accanto agli altri non per insegnare, ma per capire e accompagnare. La capacità di farsi prossimo comporta una attenzione non solo alle singole persone, ma anche ai cambiamenti che stanno trasformando nel profondo la nostra cultura e delineano un modo nuovo di vedere tutta la realtà sia fisica che sociale. Alla comprensione di tale complessità ha dato un apprezzato contributo l’intervento del dott. marco tarquinio, direttore dell’Avvenire. Egli ha offerto una visione realistica, per certi versi disincantata, ma nello stesso tempo ha fatto emergere la posta in gioco: la responsabilità di stare dalla parte dell’umano. Ciò significa costruire una vita che non si chiuda su se stessa (fede), sostenere la vita in tutte le sue espressioni immettendo fiducia (speranza), aver cura della vita là dove essa è ferita (carità).

Un tempo carico di futuro
La molteplicità di accenti e sottolineature ha trovato nell’intervento del card. angelo scola la sintesi di un robusto quadro culturale, cristologico ed ecclesiologico all’interno del quale si colloca l’apporto della vita religiosa nel comune compito ecclesiale dell’annuncio del vangelo. Il cardinale ha invitato a interpretare l’attuale congiuntura culturale come un tempo sì fragile e contraddittorio, ma con altrettanta evidenza carico di “ad-ventura”, ossia di futuro e di opportunità. All’uomo postmoderno che si chiede se dietro le nubi del cielo c’è un dio; e se, qualora ci fosse, lo si possa conoscere o meno, non vi è dubbio che debba essere proposta una risposta positiva. Dio c’è ed egli ha parlato, ha rotto il grande silenzio, ma ciò bisogna saperlo dire con una testimonianza che tocchi il cuore dell’uomo di oggi disincantato e diffidente, a persone che lasciata cadere una fede assunta per convenzione (familiare, sociale o culturale) possono essere interessate solo a una fede fondata su di una personale e consapevole convinzione.
Si tratta pertanto di una nuova “incarnazione” del messaggio di cristo, stando con fiducia nell’attuale cultura, senza abbandonarsi nel rimpianto per un passato più idealizzato che conosciuto, una presenza realizzata attraverso quello stile di umiltà e gratuità che da sempre connota la vita religiosa e concorre alla salvaguardia e promozione di una vita veramente umana.

P. Luigi Gaetani nuovo presidente Cism
È stata una assemblea vivace, con una evidente prospettiva progettuale tra l’altro sottolineata dalla elezione del nuovo presidente cism, il p. luigi gaetani, carmelitano, il quale subentra a d. alberto lorenzelli chiamato ora ad animare l’ispettoria salesiana del cile. Nel dibattito che ha seguito e accompagnato i lavori si è evidenziata tutta la pluralità di sensibilità spirituali e pastorali che rendono ricca la presenza della vita religiosa nella chiesa italiana, eppure è stato possibile cogliere anche il convergere verso una sensibilità condivisa.
Questo lo si è visto anzitutto nella consapevolezza che l’evangelizzazione è nuova nella misura in cui parte da un rinnovato ascolto del vangelo (conversione), “riformula” il volto della chiesa in modo che diventi icona del vangelo (riforma) e orienta ad un confronto schietto, sincero, dialogico con la storia e la cultura nella quale ci si trova ad operare (inculturazione).
È all’interno di tali coordinate che la vita religiosa diviene luogo e tirocinio di evangelizzazione nuova assicurando e favorendo, anzitutto, lo spazio alla cura di dio. In tal modo essa protegge la vita dall’intasamento delle cose e delle abitudini e la tiene aperta al dono che sempre le viene incontro e che solo la rende vita piena. Chi sa stare in attesa manifesta che solo dio riempie la vita, in quanto solo lui è all’altezza del nostro desiderio, quando ciò accade mutano i criteri di priorità e diviene connaturale assumere uno stile di vita sobrio, essenziale, distante dal superfluo, orientato alla povertà evangelica.
Ciò è certamente cammino personale di conversione, ma nello stesso tempo è apertura e accoglienza che fonda la vita fraterna, e si fa testimonianza che evangelizza. Nella misura in cui sappiamo vivere insieme noi diventiamo luogo di evangelizzazione nuova in quanto, ora, mostriamo quello che sarà il mondo nel sogno di dio, un mondo di figli e fratelli. In questo senso la vita di fraternità è custodia di una promessa. La fraternità reale che stabiliamo senza sceglierci è luogo per vivere di una promessa e quindi diviene speranza per tutti. Il convivere nella vita religiosa non è per scelta, ma per chiamata. Veniamo da storie diverse, siamo differenti per formazioni, sensibilità, caratteri, siamo tutti segnati da limiti, difetti, piccole manie. Siamo semplicemente umani. La perfezione delle relazioni non sarà mai raggiunta nelle nostre comunità, ma questa è la ferita del segno. Siamo chiamati non a testimoniare l’armonia del paradiso terrestre prima del peccato originale, ma la convivenza dentro i limiti, le differenze, le fragilità, le povertà individuali e collettive. Non siamo chiamati a mostrare comunità ideali, ma comunità umane, luoghi di accoglienza e rielaborazione dei limiti.
Un altro tema trasversale a molti degli interventi che hanno caratterizzato questa assemblea cism è stato quello dello stile con il quale si evangelizza. Potremmo dire che non basta evangelizzare, ma bisogna attuarlo in modo evangelico. La vita religiosa ha un suo stile dal quale non deve abdicare neppure per essere più efficace. In questo stile (vedere dio in tutti, amare gratuitamente e senza altri fini, donare il vangelo come l’atto più alto di amore) i superiori maggiori italiani hanno mostrato di ritrovarsi, ognuno secondo la sua tradizione e il suo carisma. È anche questo l’apporto che dall’assemblea viene alla chiesa italiana perché sia nuova ed evangelizzi in maniera nuova.

(giovanni dalpiaz osb cam, su testimoni 21 del 2012)