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THAILANDIA_-_anno_sacerdotale_e_pretiLuglio 2012

La Vita Consacrata in Asia non deve inseguire l’Occidente

Un'identità da custodire

Il rischio a cui è esposta la vita religiosa in Asia è di lasciarsi condizionare troppo da problemi e discussioni che vengono da fuori, in particolare dall’Occidente. Pur accettando il confronto, deve però rimanere fedele alle proprie tradizioni e alla propria identità.

I grandi cambiamenti culturali avvenuti nel mondo occidentale durante l’ultima metà del secolo scorso hanno a tal punto influenzato la vita religiosa da indurre i membri non solo a cercare semplicemente di ristrutturare la vita delle comunità e di ridimensionare le loro attività apostoliche, ma anche a interrogarsi sugli stessi principi su cui è stata costruita questa forma di vita. Alcuni si domandano drasticamente se questa ha ancora un futuro. In questa epoca cruciale della storia religiosa, forse è tempo che guardiamo alla vita religiosa nel contesto asiatico stesso, indipendentemente da ciò che succede in altre parti del mondo. E se dobbiamo prestare attenzione alle realtà culturali cha influiscono sulla vita religiosa, è opportuno che studiamo attentamente quelle dell’Asia e la figura del religioso nel nostro mondo culturale. Infatti è sbagliato stare continuamente ad assumere per la riflessione temi che fanno parte della pubblica discussione nel panorama in rapido cambiamento, quasi ogni decennio, dell’occidente, e voler riorganizzare la nostra vita e il nostro ministero rispondendo a problemi che sono molto sentiti altrove.
Non bisogna che i religiosi che operano in questo continente abbiano a vivere una crisi di identità, a meno che questa sia importata da fuori, o a meno che noi stessi ci sentiamo culturalmente sradicati. Qui da noi la vita religiosa è compresa, la sua importanza è riconosciuta, il suo contributo è apprezzato e i suoi rappresentanti sono rispettati; e noi religiosi cristiani non siamo gli unici presenti in questo campo; ci sono dei modelli locali di vita religiosa che appartengono ad altre religioni asiatiche. La storia ci dice che il monachesimo è fiorito in Irlanda e in certe parti della Germania subito dopo che queste hanno accettato il cristianesimo, perché una forma di vita del genere aveva modelli locali. Allo stesso modo, le vocazioni in Asia sono oggi in aumento (eccetto dove la cultura è cambiata molto radicalmente), sono sorte nuove congregazioni, sono lanciate nuove iniziative religiose, perché una tendenza del genere corrisponde al clima prevalente nella società in generale, dove ogni religione sta rinnovando se stessa. E dove i religiosi “virtuosi” sono convinti della loro identità e non perdono tempo a mettersi continuamente in questione.

Esperienza di Dio
Partecipando indirettamente alle ansie di altre parti del mondo, non dobbiamo pensare che tutti i loro problemi siano universali. E guardando a noi stessi nel contesto dei recenti cambiamenti nella vita religiosa, non dobbiamo aderire troppo da vicino alla descrizione che i religiosi fanno di sé in altre parti – ossia, medioevale, premoderna, tardo-moderna, postmoderna e post-post-moderna – come se la nostra società asiatica fosse passata attraverso le stesse esperienze e i medesimi processi. Se non resistiamo alla tentazione di sviluppare questa sindrome da carta carbone e ci specializziamo in ciò che Alnold Toynbee ha descritto come mimesi, noi oscilleremo come un pendolo in sintonia con il cambiamento culturale che avviene altrove. Noi dobbiamo guardare alla nostra storia, ai nostri modelli locali, sentirci vicini alle identità e austerità religiose indigene, costruire e salvaguardare valori, atteggiamenti, relazioni, tradizioni e simboli che hanno significato nel nostro contesto. Per esempio, in Asia ciò che la gente ammira maggiormente nella persona religiosa è la rinuncia più che l’efficienza, l’autorità morale anziché la capacità di mobilitazione, l’esperienza di Dio piuttosto che la correttezza politica. Storicamente parlando, gran parte dei nostri ordini e delle nostre congregazioni sono nati in occidente. Dobbiamo esserne estremamente riconoscenti. Essi sono stati fondati in un’epoca in cui la società occidentale non era molto diversa da quella asiatica: ambedue erano rurali, agricole, molto attaccate alla famiglia e alla tradizione e molto ligie alla religione; ambedue godevano di un grado impressionante di coesione interna. Nell’epoca di espansione in Asia delle attività di questi ordini e di queste congregazioni, i membri di qui non trovavano difficoltà a identificarsi con le loro storie di fondazione, i documenti, i carismi, le enfasi, gli impulsi e le priorità. Questo va detto senza negare le differenze che esistono anche ai nostri giorni.
Tuttavia, in particolare nell’ultima metà del secolo scorso, il mondo culturale occidentale ha attraversato cambiamenti così radicali che la vita religiosa – nel tentativo di rispondere ad essi – si è posta in un processo di costante trasformazione. Ma siccome in Asia tutti quei cambiamenti non sono avvenuti alla stessa maniera, non è stato facile per gli asiatici (pur riconoscendo il significativo
valore di molte di queste riflessioni e di questi cambiamenti) identificarsi con i dibattiti sorti in società la cui leadership e appartenenza si trovano e operano in massima parte in un altro emisfero del mondo. I problemi asiatici, le possibilità, le ansie e le ambizioni sono diversi. La maggior parte delle congregazioni riconosce la necessità di una riflessione nel contesto di culture diverse; ciò significa che i religiosi asiatici devono essere consapevoli delle tradizioni religiose della gente del luogo e dei cambiamenti che qui stanno avvenendo, se vogliono esercitare un ruolo significativo in quanto religiosi nel continente. In questo campo, in certa misura forse non ci siamo riusciti.

Opposte scuole di pensiero
Questo non per vantare una presunta superiorità dell’orientale sull’occidentale, o viceversa, o per rivendicare un’identità asiatica in maniera arrogante, aggressiva, sciovinistica o risentita, e molto meno ancora per sviluppare una lobby asiatica di interessi regionali, o di cercare una speciale pertinenza o particolari esenzioni per il settore asiatico.
Non ritengo nemmeno che questa riflessione possa essere fatta isolatamente, o che non abbia niente a che fare con sforzi analoghi compiuti in occidente. Se la riflessione che propongo ha un certo valore, essa deve essere fatta con un profondo senso di responsabilità verso la chiesa universale, evitando tutto ciò che può suonare come eccessivamente nazionalistico o regionalistico. Deve esse
re intrapresa solamente per approfondire i valori centrali della vita religiosa e garantire una maggiore efficacia pastorale nei vari contesti culturali. Essa cerca di trarre ispirazione da società che sembrano tranquillamente determinate a salvaguardare le loro identità e di rafforzarle ulteriormente con vedute derivate dall’esperienza occidentale.
Non possiamo negare che esistono delle differenze profonde tra le varie zone civili e culturali dell’Asia stessa, e nemmeno ignorare i cambiamenti culturali che stanno avvenendo in tutte le società di qui. Come le società occidentali, nell’impatto con il Rinascimento, la Riforma e l’illuminismo si sono profondamente rinnovate lungo i secoli, così anche quelle asiatiche nell’incontro con il pensiero intrapresa solamente per approfondire i valori centrali della vita religiosa e garantire una maggiore efficacia pastorale nei vari contesti culturali. Essa cerca di trarre ispirazione da società che sembrano tranquillamente determinate a salvaguardare le loro identità e di rafforzarle ulteriormente con vedute derivate dall’esperienza occidentale.
Non possiamo negare che esistono delle differenze profonde tra le varie zone civili e culturali dell’Asia stessa, e nemmeno ignorare i cambiamenti culturali che stanno avvenendo in tutte le società di qui. Come le società occidentali, nell’impatto con il Rinascimento, la Riforma e l’illuminismo si sono profondamente rinnovate lungo i secoli, così anche quelle asiatiche nell’incontro con il pensiero e l’esperienza occidentali stanno cercando di riscoprire e ridefinire se
stesse. Questo impatto non è indifferenziato. Per esempio, il ritmo del cambiamento è stato diverso in ogni società. Ciascuna ha optato per quella corrente di pensiero occidentale che le piaceva di più. Per esempio, mentre il Giappone, fin dai primi tempi di esposizione all’occidente, ha optato per la tecnologia occidentale, l’India ha espresso la sua preferenza per una politica democratica; mentre la Cina è rimasta profondamente impressionata dalle idee egualitarie che sorgevano in occidente (marxismo e altre del genere), Taiwan, Hong Kong, Singapore e Corea furono colpite dall’esperienza economica dell’Occidente; altri paesi, come la Thailandia, la Malesia e l’Indonesia furono influenzati alla stessa maniera; le Filippine, invece, dagli stili di vita occidentali. Mentre molti hanno accettato il concetto di nazionalismo che si è sviluppato in Occidente, alcuni lottavano per un’alleanza opportunistica con esso conservando allo stesso tempo uno stile di governo machiavellico. In questo modo i paesi dell’Asia, traendo ispirazione da opposte scuole di pensiero dell’occidente, sono diventati ancor più differenziati tra di loro.

Un modo radicale di vivere la religione
Con tutto il legittimo orgoglio che possiamo avere per le nostre antiche civiltà, uno stimolo esterno era necessario per l’Asia in un particolare periodo della sua storia. Per società cresciute soddisfatte e chiuse in se stesse, lo stimolo dal di fuori è stato come un forte shock. Meno era l’apertura agli altri, maggiore è stato lo shock quando ciò è avvenuto. La più grande debolezza di ogni civiltà è l’universalizzazione di sé, anche di quella moderna. Le critiche dal di fuori possono far male, ma sono benefiche. L’Asia ne aveva bisogno.
È vero che l’occidente ha messo il mondo intero in un processo di ripensamento. Ora, con il crescente sviluppo economico e tecnologico in atto nei diversi paesi dell’Asia, l’esperienza occidentale può in parte ripetersi qui. Tuttavia, per quanto grande sia l’impatto con l’Occidente, le società asiatiche sembrano tranquillamente determinate a salvaguardare le loro identità e a rafforzarle ulteriormente con delle vedute derivate dall’esperienza occidentale. I religiosi dell’Asia devono perciò camminare con questa società, comprendere la psicologia di queste comunità, trarre ispirazione dalla energia religiosa ereditata dagli asiatici, guardandosi nello stesso tempo dalle sue intrinseche debolezze. In effetti, noi in Asia abbiamo esempi di tradizioni di rinuncia e di contemplazione che risalgono ai primi tempi, proprio perché questo è stato il continente in cui il modo radicale di vivere la religione ha assunto una certa forma definitiva.

(Mons. Thomas Menamparampil, Sdb, arc. di Guwahati – India, su Testimoni 12 del 2012)