suore19Giugno 2012

Sette anni di pontificato 2005 – 2012

Benedetto XVI e la vita consacrata

Indagine sul magistero e il governo del pontefice in ordine alla vita consacrata.
Con molte conferme e qualche sorpresa. Il monachesimo visto come figura del compito attuale della Chiesa e la vita consacrata come segno di adesione a Cristo nello Spirito. Senza ignorare la crisi sulle sponde occidentali.
Ripercorrere i sette anni di pontificato di Benedetto XVI (eletto il 19 aprile 2005) con l’ottica della vita consacrata può apparire non particolarmente produttivo. Sembrano mancare sia testi maggiori riguardanti il tema sia decisioni clamorose in merito. Ma se si affina la ricerca vi sono conclusioni diverse e importanti. Il monachesimo diventa il criterio di lettura dei fatti di civiltà, la lente attraverso cui leggere le sfide maggiori non solo per la fede, ma per il processo storico in atto. La vita consacrata è ricondotta al suo nucleo originale che è la memoria Evangelii, la forma di vita assunta dal Cristo.
L’assenza di determinazioni sulle nuove frontiere della vita religiosa non cancellano l’evidenza, che tale non è ancora per la sensibilità ecclesiale comune, della legittimazione delle nuove forme di vita consacrata che si aggiungono a quelle consegnateci dalla tradizione.

Gli anni e i numeri
Ma prima di entrare direttamente nel tema è bene ricordare, in sommaria sintesi, alcuni tratti decisivi del pontificato. I sette anni del ministero petrino di Joseph Ratzinger comportano alcuni riferimenti qualificanti. Tre le encicliche: Deus caritas est (2005), Spe salvi (2007), Caritas in veritate (2009). Quattordici le lettere apostoliche in forma di motu proprio, fra cui l’approvazione e la pubblicazione del Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica (2005), l’apertura all’uso del rito precedente alla riforma liturgica, Summorum pontificum (2007), l’avvio del pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione (2010) e l’indizione dell’anno della fede, Porta fidei (2011). Ottantotto le lettere apostoliche per iscrivere nell’albo dei santi e dei beati nuove figure di credenti. Ventisei i viaggi apostolici in Italia; l’ultimo ad Assisi il 27 ottobre 2011. Ventitré i viaggi apostolici fuori Italia. Fra questi si possono ricordare quello negli Stati Uniti (2008) non solo per la cordialità dell’accoglienza, ma anche per la sintonia con la religiosità civile della tradizione americana, e quello in Africa (Benin, 2011) per l’investimento sul futuro del cattolicesimo nel continente. Va tuttavia ricordato che su 23 viaggi, 15 sono stati fatti in Europa, in prevalenza nelle aree di tradizione cattolica.
Tre gli anni dedicati a iniziative pastorali particolari: l’anno paolino, l’anno sacerdotale e l’anno della fede. Tre i libri pubblicati: Gesù di Nazaret (2007); Gesù di Nazaret. Sull’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione (2011); Luce del mondo, libro intervista con Peter Seewald, nel 2010. È in preparazione una quarta opera sui Vangeli dell’infanzia. Due le lettere dai toni più personali: ai vescovi sulla remissione della scomunica ai lefebvriani (marzo 2009) e ai vescovi irlandesi sulla pedofilia del clero (marzo 2010). Quattro i discorsi maggiori: a Ratisbona (Germania) su fede e ragione nel 2006, a Parigi nel 2008 su ricerca di Dio e cultura, a Londra nel 2010 su religione e civiltà, a Berlino nel 2011 su fede e democrazia.
Fra i temi maggiori affrontati nel governo si possono ricordare i difficili rapporti con gli intransigenti lefebvriani (avviati a soluzione), il complesso legame con la chiesa cattolica in Cina e con quel governo (una specifica lettera è del maggio 2007), la difficile stagione dell’ecumenismo nelle chiese cristiane (si allargano le differenze con le comunità anglicane e protestanti, stazionaria la situazione con le chiese ortodosse e appena iniziale il dialogo con le comunità evangelicali), la devastante situazione degli abusi sessuali da parte del personale di chiesa, il rinnovo della curia e le nomine episcopali.

I monaci e la post-modernità
Il monachesimo è la chiave più adeguata per entrare nella valutazione della vita consacrata propria del magistero di Benedetto XVI. È evidente fin dal discorso pronunciato a Subiaco pochi giorni prima della sua nomina, il 1 aprile 2005. Le insormontabili contraddizioni della modernità espresse dal relativismo, dallo scientismo e dal soggettivismo sono superabili solo dando di nuovo plausibilità all’ipotesi di Dio (veluti si Deus daretur), ripetendo l’impresa del monachesimo: «Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore […] Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo». Conclusioni del tutto similari sono contenute nel discorso a Parigi nel settembre del 2008, rivolto al mondo della cultura: «Del monachesimo fa parte, insieme con la cultura della parola, una cultura del lavoro, senza la quale lo sviluppo dell’Europa, il suo ethos e la sua formazione del mondo sono impensabili. Questo ethos dovrebbe però includere la volontà di far sì che il lavoro e la determinazione della storia da parte dell’uomo siano un collaborare con il Creatore, prendendo da lui la misura. Dove questa misura viene a mancare e l’uomo eleva se stesso a creatore deiforme, la formazione del mondo può facilmente trasformarsi nella sua distruzione». Non è solo un impianto culturale e teologico, ma anche un’affezione personale che il Papa dimostra nei rapporti personali dei suoi discorsi (cf. agli abati benedettini del 20 settembre 2008) o dei suoi viaggi (il saluto al monastero di Serra San Bruno, il 9 ottobre 2011). È l’approccio cristologico quello insistentemente richiamato per comprendere e valutare la vita consacrata. Fin dalla sua prima omelia per la giornata dei religiosi (2 febbraio 2006): «Il vostro modo di vivere e operare è in grado di manifestare senza attenuazioni la prima appartenenza all’unico Signore; la vostra completa consegna nella mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e chiaro della presenza di Dio in un linguaggio comprensibile ai nostri contemporanei». E parlando ai superiori e alla superiore generali il 22 maggio 2006 confermava: «Appartenere al Signore vuol dire essere bruciati dal suo amore incandescente, essere trasformati dallo splendore della sua bellezza; la nostra piccolezza è offerta a lui quale sacrificio di soave odore, affinché diventi testimonianza della grandezza della sua presenza per il nostro tempo che tanto ha bisogno di essere inebriato dalla ricchezza della sua grazia». La forma cristologica della vita consacrata apre alla dimensione escatologica: «Come i primi monaci, coltivate un orientamento escatologico: dietro il provvisorio cercate ciò che rimane, ciò che non passa» (26 novembre 2010).

Voti e vita comune
Dentro il significato cristologico la cifra riassuntiva del contenuto proprio della vita consacrata sono i voti e la vita comune. Dalla vita e dall’insegnamento di Paolo possiamo conoscere «la sostanza della vita consacrata ispirata ai consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza. Nella vita di povertà egli vede la garanzia di un annuncio del Vangelo realizzato in totale gratuità […] Paolo è anche un apostolo che, accogliendo la chiamata di Dio alla castità, ha donato il cuore al Signore in maniera indivisa, per poter servire con ancora più grande libertà e dedizione i suoi fratelli […] Quanto poi all’obbedienza, basti notare che il compimento della volontà di Dio e l’assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese ne hanno animato, plasmato e consumato l’esistenza, resa sacrificio gradito a Dio» (2 febbraio 2009). «Parte costitutiva della vostra missione è poi la vita comunitaria. Impegnandovi a realizzare comunità fraterne, voi mostrate che grazie al Vangelo anche i rapporti umani possono cambiare, che l’amore non è un’utopia, ma anzi il segreto per costruire un mondo più fraterno» (10 dicembre 2005).
Praticamente costante in tutti i discorsi e insegnamenti ai religiosi e religiose torna l’invito alla lectio divina. Sono almeno una decina le citazioni estese in merito nella quarantina dei testi consultati. «Cari fratelli e sorelle, siate ascoltatori assidui della Parola, perché ogni sapienza di vita nasce dalla parola del Signore! Siate scrutatori della Parola, attraverso la lectio divina, poiché la vita consacrata nasce dall’ascolto della parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita» (2 febbraio 2011). Altro tema qualificante è la missione: «Nella contemplazione e nell’attività, nella solitudine e nella fraternità, nel servizio ai poveri e agli ultimi, nell’accompagnamento personale e nei moderni areopaghi, siate pronti a proclamare e a testimoniare che Dio è amore, che dolce è amarlo» (2 febbraio 2007).
La consapevolezza dei segnali di crisi in occidente non è oscurata e rimossa. Sia sul versante interno (mancanza di nuove vocazioni, invecchiamento, abbandono di opere e istituzioni), sia su quello esterno (la dimensione individualista e relativista della cultura contemporanea), sia in quelle dimensioni del vissuto personale che sono risultate permeabili alle influenze negative della cultura ambientale. «Non lasciatevi scoraggiare, ma affrontate queste dolorose situazioni di crisi con serenità e con la consapevolezza che a ciascuno è richiesto non tanto il successo, quanto l’impegno alla fedeltà. Ciò che si deve assolutamente evitare è il venir meno dell’adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione» (20 settembre 2008).

Più al centro che in periferia
Vi sono molti altri accenni importanti come la filocalia, il perdono, la preghiera, la sapienza ecc. Minore insistenza si registra su altri temi come la femminilità, i poveri, il rinnovamento delle famiglie religiose, la collaborazione fra le congregazioni, i rapporti con i laici ecc. Fra gli interventi per le famiglie religiose emergono quelli con i gesuiti (21 febbraio2008), con i salesiani (31 marzo 2008) e i paolini (1 ottobre 2005).
Oltre ai documenti vi sono gli atti di governo. Ricordo solo i maggiori.
Il 18 febbraio 2008 i rappresentanti delle Unioni internazionali dei superiori e delle superiore religiose (USG e UISG) sono a colloquio con il papa per due ore, in un clima di libertà e di confronto. Non accadeva dal 1983, nonostante le ripetute richieste degli interessati. La riapertura del dialogo è soprattutto merito del card. T. Bertone, che vince le incomprensibili resistenze dell’allora prefetto della Congregazione per la vita consacrata, card. F. Rodé.
Tre i provvedimenti critici nei confronti dei religiosi e delle religiose. Il maggiore è quello relativo ai Legionari di Cristo. Il 16 maggio 2006 un severo comunicato della Sala stampa invita il fondatore, p. Marcial Maciel Degollado, a una vita riservata di preghiera e di penitenza per gravi, ripetuti e nascosti comportamenti immorali. Da allora il papa e il Vaticano si adoperano per salvare la congregazione e garantire a essa un futuro (cf. Testimoni 1/2012, pp. 23-29). Il secondo caso riguarda gli episodi di pedofilia, in particolare in Irlanda. La severa e addolorata lettera con cui Benedetto XVI invita quella chiesa a «riflettere sulle ferite inferte al corpo di Cristo, sui rimedi, a volte dolorosi, necessari per fasciarle e guarirle, e sul bisogno di unità, di carità e di vicendevole aiuto nel lungo processo di ripresa e di rinnovamento ecclesiale» vede sempre appaiati il riferimento al clero diocesano e ai religiosi (che per tradizione si occupano delle scuole del paese). Infine, la recentissima presa di posizione della Congregazione della dottrina delle fede a proposito delle suore statunitensi e degli orientamenti teologici che emergono dai programmi della loro organizzazione nazionale.
Rilevanti, in positivo, il pieno riconoscimento riservato ai gesuiti dopo decenni di critiche e di sospetti di cui è espressione sia la scelta di loro confratelli in ruoli rilevanti nel servizio della Santa Sede, sia l’importante discorso ad essi riservato (21 febbraio 2008). Da apprezzare anche il ricambio ai vertici della Congregazione per la vita consacrata. Il card. J. Braz de Aviz, come mons. J. Tobin (segretario) sviluppano una disponibilità dialogica prima assai più rara. Da segnalare, infine, l’Istruzione della Congregazione Il servizio dell’autorità e l’obbedienza dell’11 maggio 2008.
In sintesi. Se Benedetto XVI non si caratterizza come sostenitore dei tratti più innovativi ed esposti della vita consacrata, dall’altro riserva a essa una valutazione di alto profilo spirituale e culturale e ne riafferma costantemente il nucleo cristologico ed ecclesiologico decisivo.

Lorenzo Prezzi, su Testimoni 9 del 2012