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mallorquinasIesuCommunioAprile 2012

Una fondazione controversa in Spagna

La nascita di Iesu communio

È stato salutato come un evento l’avvio in Spagna di una nuova famiglia religiosa. Un centinaio di monache, già clarisse, si sono unite attorno a madre Verónica María Berzosa. Dibattiti, attese e soluzioni canoniche.
La nuova realtà ecclesiale, sorta in un villaggio della provincia e diocesi di Burgos (Spagna), è femminile. Chi ha seguito soltanto le ultime notizie potrebbe avere l’impressione che la vita di alcune clarisse sia cambiata dal giorno alla notte, ma non è così. Esse dichiarano che «è stato un cammino lungo quello che ci ha condotte a oggi». Cosa è successo? Come è nato questo istituto? Nella comunità clarissa di Lerma, per qualcosa che non è possibile ridurre a spiegazioni puramente umane, da alcuni anni si era registrato un incremento considerevole di vocazioni, che lasciava stupite le religiose. In questo monastero, in modo sereno e progressivo, stava nascendo qualcosa di nuovo. Attingono alla spiritualità di san Francesco e santa Chiara, e altrettanto dai padri della Chiesa, dai santi, dai maestri e teologi della Chiesa, cui vi aggiungono il magistero, di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in particolare. Molte di loro hanno sentito la chiamata alla consacrazione in occasione della GMG.

Vocazioni dalla GMG
Hanno ben chiaro che l’attuale situazione non risulta dalla negazione di un carisma radioso come quello di san Francesco e santa Chiara. Nella figura di santa Chiara ritengono di aver incontrato la certezza che la consacrazione è un cammino di pienezza, di prosperità, vissuto come «un amore incomparabile» (s. Chiara, Carta III). Il francescanesimo è dunque la culla nella quale Dio ha voluto far nascere questa nuova forma di vita nella Chiesa. Per questo dicono che «non si tratta di una negazione, piuttosto dell’affermazione e dell’accoglienza, in obbedienza, di un disegno di Dio sulla vita di questa comunità, che si profila come una vita contemplativa che si fa presenza e testimonianza».
La questione più spinosa, come è facile immaginare, è stata la ripetuta richiesta, da parte delle clarisse che le sorelle di una comunità che andava facendosi così numerosa, venissero distribuite in diverse comunità. Ma questo, secondo loro, non era possibile, «in coscienza e davanti a Dio ...perché le vocazioni che andavano sorgendo si sentivano chiamate ad abbracciare precisamente questa forma di vita, che viene d’essere approvata». La crescita rapida e continua della comunità ha fatto sì che lo spazio vivibile del monastero di Lerma risultasse ampiamente insufficiente, essendo ormai più di 100 religiose, in maggioranza giovani. Si doveva trovare una nuova casa.
Dopo aver bussato a numerose porte, un solo luogo sembrò presentare possibilità realistiche: il convento di San Pedro Regalado de La Aguilera (Burgos), peraltro molto vicino a Lerma. In un primo momento, i francescani, con la sottoscrizione di due contratti complementari, avevano ceduto alle sorelle l’uso per trent’anni in cambio di una contropartita economica, che sarebbe stata da pagare se si fosse venduto il convento delle clarisse di Briviesca. Il convento di La Aguilera, per quanto offrisse uno spazio sufficiente, era rimasto per molto tempo quasi disabitato e versava in uno stato di grave deterioramento, fatto che rese necessario intraprendere una ponderosa opera di risanamento. Un benefattore ha chiesto di farsi carico della ristrutturazione. Ma la comunità continuava a crescere e si trovava nella necessità di realizzare ampliamenti, che non sarebbe stato prudente affrontare senza sapere se sarebbe stato possibile continuare a disporre del convento quando fosse trascorso il tempo della cessione. Per questo ritennero opportuno chiedere alla provincia francescana di vendere loro il convento de La Aguilera. E la provincia accettò.

Benevolenza di Roma
Quando una parte della comunità stava per trasferirsi a La Aguilera, le religiose sollecitarono, dalla Congregazione romana per gli istituti di vita consacrata, l’autorizzazione a essere un’unica comunità con due sedi differenti e con un’unica amministrazione e un’unica casa di formazione.
Il card. Rodé, prefetto della Congregazione, rispose: «Questo dicastero per gli istituti di vita consacrata ha deciso di accogliere la vostra istanza, in attesa che la comunità giunga serenamente a una maggior chiarezza circa quanto si senta chiamata a realizzare. La concessione ha valore tre anni, con richiesta di presentare annualmente rapporto a questo dicastero».
L’arcivescovo di Burgos, Francisco Gil Hellín, consigliò alle religiose di descrivere per iscritto la realtà che si stava vivendo in comunità. Durante quasi un anno di preghiera, discernimento e lavoro, venne redatto il testo delle costituzioni. In esse, le religiose tentarono di dar forma scritta agli aspetti essenziali della vita che la comunità stava conducendo da più di diciassette anni.
Una volta terminata la redazione, venne convocato un capitolo, sotto la presidenza dell’arcivescovo, perché la comunità si pronunciasse sull’opportunità di consegnare alla santa sede il proprio modello di vita, così come era stato delineato nel “Progetto di Costituzioni”. Il documento venne presentato e commentato a tutta la comunità, aggiungendo le pertinenti spiegazioni e dando risposta alle domande che venivano sorgendo. Tenuto conto della particolarità del momento, venne chiesto che, prima di lasciare la sala capitolare, si pronunciassero prima con voto segreto le sorelle che non sedevano in capitolo (professe temporanee, novizie, postulanti). Benché la votazione non rivestisse significato giuridico, si riteneva necessario che si pronunciassero in coscienza sul passo che la comunità stava decidendo. A seguire, ebbe luogo la votazione del capitolo propriamente detto e vennero scrutinati separatamente i risultati delle due votazioni. Entrambe sceglievano all’unanimità che i due documenti riguardanti la propria forma di vita venissero presentati alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata.
Nell’udienza concessa il 4 dicembre 2010 al card. Franc Rodé, sua santità il papa Benedetto XVI, sentito il parere favorevole del dicastero, dette il suo benestare alla risoluzione proposta dal prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata. Conseguentemente, la Congregazione emise il Decreto datato 8 dicembre 2010, Solennità dell’Immacolata concezione della Vergine Maria, che contiene le seguenti disposizioni principali:
1. Il monastero autonomo dell’Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo, di Lerma, si trasforma in un nuovo istituto religioso di diritto pontificio, denominato Iesu communio.
2. Con il medesimo atto si approvano e confermano le costituzioni del nuovo istituto ad experimentum per cinque anni, secondo la prassi abituale. Durante questo tempo si dovrà verificare se le norme e gli strumenti previsti dal testo approvato risultino sufficienti per organizzare la vita e la missione dell’istituto o se sia opportuno rivederle o completarle in alcuni aspetti prima della loro approvazione definitiva.

Ruolo del vescovo di Burgos
In esecuzione di tale decisione:
– si dichiara soppresso a tutti gli effetti canonici il monastero autonomo e, secondo quanto previsto per il caso dalle costituzioni generali dell’Ordine delle Povere sorelle di santa Chiara, la santa Sede dispone che il relativo patrimonio, attivo e passivo, passi al nuovo istituto religioso.
– Per concessione della Sede apostolica, le sorelle che hanno emesso professione solenne o temporanea nel monastero soppresso conservano nel nuovo istituto la rispettiva condizione delle professe solenni o temporanee, con i diritti e i doveri stabiliti dal diritto universale e le costituzioni dell’istituto religioso Iesu communio. Si procede analogamente, quanto ai tempi del postulato e del noviziato, nei confronti delle sorelle che, alla data del Decreto, ancora non abbiano emesso la professione.
Alle sorelle che, per anzianità, salute o altri fondati motivi ne facciano richiesta, si concede per indulto speciale della santa sede la facoltà di perseverare come monache clarisse, senza obbligo di passare al nuovo istituto o ad altro monastero; e di restare unite alla comunità con diritto di voto attivo nel capitolo e con gli obblighi adeguati alla loro età e salute.
– La madre Verónica María Berzosa è riconosciuta come fondatrice e confermata come superiora generale del nuovo istituto. Si confermano altrettanto nel loro incarico la vicaria e le altre sorelle che formano il consiglio.
– Si affida infine all’arcivescovo di Burgos l’incarico speciale di vigilare sulla vita del nuovo istituto, preservando l’autonomia di vita e di governo propria di un istituto religioso, per un periodo di cinque anni, durante i quali si chiede di informare annualmente la Congregazione sull’andamento.
Il Decreto conclude esprimendo l’auspicio che, «fedeli alla vocazione ricevuta e docili all’azione dello Spirito, le sorelle dell’istituto Iesu communio siano, nella Chiesa e per il mondo, segno vivo dell’amore di Dio, manifestato in Gesù Cristo, crocifisso e risorto».
La fondatrice, Madre Verónica, durante una testimonianza resa alla presenza di Benedetto XVI a un incontro sulla nuova evangelizzazione lo scorso ottobre, affermava: «Nella Chiesa, dimora dello Spirito, ci ha raggiunti il grido di Cristo: “Ho sete”, che oggi continua a risuonare in mille modi ai confini della terra, perché l’uomo ha sete del dono di Dio, anche se molti lo ignorano o addirittura lo respingono. Sollecitate dalla sete dello stesso Cristo, il quale vuole che nessuno si perda e che tutti abbiano la vita in abbondanza, desideriamo offrire quello che dalla Chiesa stiamo ricevendo e imparando. Vogliamo essere testimoni che non abbiamo perso nulla e che, al contrario, la nostra vita si è vista arricchita di ogni bene. Vogliamo essere presenza del dono ricevuto».

Non perdere nessuno
Descrivendo la sua nuova fondazione e ciò che aspirano a essere, in una Nota informativa del 22.12.10, le sorelle dicono della loro vocazione: «La missione propria è per noi essere “comunione di Gesù”, Iesu communio, comunione che nasce dal dono di Gesù Cristo e si fa testimone dell’unità nella carità e manifestazione dello Spirito che raduna i differenti e i dispersi perché siano un cuor solo e un’anima sola ... Come religiose contemplative, ci sentiamo chiamate a essere interamente di Gesù Cristo, a restare con lui e vegliare per pregare senza sosta per i figli che ci sono stati affidati: “Che nessuno vada perduto” (Gv 6,39). Essere locanda del buon Samaritano, una casa aperta, dove i pellegrini assetati e feriti possano incontrarsi con Gesù Cristo Redentore e sperimentare che sono stati accolti nell’orazione e presentati al Padre, attesi come figli dalla madre Chiesa; luogo di incontro per ravvivare nella comunione la nostra fede per accendere il desiderio di santità come pienezza di vita».
Resta ora un percorso appassionante per sperimentare la loro nuova forma di vita secondo le nuove costituzioni e il discernimento possibile solo con il tempo, per affinare il carisma ricevuto come dono di Dio integrato nella vita e nella comunione della Chiesa.

(Fernando Rodríguez Garrapucho, SCJ, su Testimoni 5 del 2012)