Stampa
Visite: 3406

logodefinitivo_1Marzo 2012

125 anni delle Figlie del Divino Zelo.
Celebrare un anniversario è come voler ripercorrere il tempo trascorso per rivedere quello che si è compiuto, e per comprendere meglio il dono ricevuto,così da viverlo con gratitudine e con rinnovato impegno di fedeltà

Un carisma che ha sfidato il tempo

 

125 anni dalla fondazione dell’Istituto delle Figlie del Divino Zelo, le collaboratrici del p. Annibale Di Francia (1851–1927) che comunicò loro il suo spirito, costituiscono una data significativa per un carisma che ha sfidato il tempo e ne ha svelato la consistenza, poiché il tempo travolge solo ciò che è fragile. Sono 125 anni di gratuità: di un dono ricevuto con gratitudine e di un impegno vissuto con fedeltà. 125 anni con le tante anime che si sono affidate al Signore cercando il suo volto manifestando la tenerezza del suo amore misericordioso ai poveri.

Il carisma del “Rogate”
Le Figlie del Divino Zelo nascono dalla necessità impellente di un prete che ha bisogno di collaboratrici per la sua opera: assistere le orfane. Non poteva più da solo, sarebbe rimasto schiacciato dalla sua opera. Ma quando queste anime si avvicinano a lui, dietro la cura visibile delle orfane scoprono un’ansia profonda che ha le sue ragioni nel Cuore di Dio. Sono messe di fronte all’insospettabile, sono prese da una sorpresa i cui orizzonti erano inimmaginabili. Sono di fronte alla scoperta che ciò che appariva per primo, in realtà era secondo anche se non secondario, era derivato rispetto a ciò che era originale e  quindi prioritario. Capiscono che non si sono messe con un prete semplicemente per surrogare una maternità mancata alle orfane, offrire una famiglia di cui le orfane non avevano avuto alcun sentore. Erano coinvolte in un’opera certo sociale e preziosa, specialmente in una nazione che aveva distrutto ogni protezione sociale abbandonando a se stesse le persone più deboli; l’opera anzitutto è religiosa perché riguarda la Chiesa nel suo complesso, perché intende educare delle persone, perché vuole curare, “zelare gli interessi” del Cuore di Gesù: il carisma del “Rogate”. Queste suore non portano un abito strano poiché è simile a quello di altre istituzioni del genere: non era infatti la prima volta che la Chiesa, nella sua storia bimillenaria, aveva promosso opere sociali che erano entrate nelle strutture stesse della società umana. Sono capaci di faticare con la stessa tenacia di quel mondo contadino, dal quale peraltro provengono in gran parte, dove la donna lavorava instancabile al pari di un uomo. Queste suore realizzano la loro femminilità in una dedizione assoluta per nutrire, vestire, educare le orfane, proprio come madri vere. Ma nel loro intimo esse sanno che debbono pregare, pregare per i buoni operai nella messe del Signore: non era un impegno semplice da sbrigare con una breve preghiera, una giaculatoria, da ripetere il più possibile. Poteva diventare un mantra. No, non può essere così la preghiera cristiana.

Le intuizioni di p. Annibale
Il p. Annibale visse nella transizione dagli stati preunitari, che strutturavano la penisola italiana, allo stato unitario che per tanti versi comportò una ripresa e una prosecuzione della rivoluzione francese specialmente per le sue movenze anticristiane. Gli sbandamenti in un periodo di crisi sono inevitabili anche dentro la stessa Chiesa. Gli abbandoni furono tanti  e tanto dolorosi. Non era solo la fine di un mondo quanto l’attuarsi di una tragedia che vedeva vittima il popolo e con il popolo la Chiesa, il volto cristiano della nazione. Padre Annibale è tanto avveduto da percepire non solo la eccezionalità della situazione politica, ma soprattutto il degrado della società avvertendo sia l’urgenza degli interventi immediati motivati dalla carità evangelica, sia la necessità di andare alla radice dei mali: la carenza dei buoni operai, cioè delle vocazioni sacerdotali e religiose prima di tutto. Che fare? Egli riscopre il “divino mandato”: Rogate Dominum messis. A questo mandato bisogna obbedire non tanto con una esecuzione puramente esteriore, cosa impossibile per la preghiera in ogni caso, quanto piuttosto per la condivisione dell’ansia apostolica del Cuore di Gesù che si commuove di fronte alle “pecore stanche senza pastore”. Questa preghiera esprime la piena conformità del cuore dei fedeli con il Cuore di Gesù. Questa peraltro è l’essenza di ogni preghiera che è protesa al superamento dell’isolamento dell’uomo in se stesso. Pregando, l’uomo si apre a Dio per aderire a lui facendo propri “i pensieri del suo Cuore”. Le Figlie del Divino Zelo estenderanno il loro amore a tutta la Chiesa e a tutta l’umanità: sono questi infatti i confini del Cuore di Cristo Signore. La preghiera insistente per le vocazioni inserisce la Figlia del Divino Zelo nel dinamismo della salvezza che proviene dall’amore di Dio e mira a coinvolgere ogni uomo in questo amore che si riceve e che si ricambia. Da qui la missionarietà dell’istituto e la scelta preferenziale per i poveri: l’ansia del cuore non si limitava ai gesti delle mani generose che sollevavano le poche persone con le quali si era a contatto.

Con la compassione del Cuore di Gesù
Le Figlie del Divino Zelo, come ogni altro istituto di vita apostolica, hanno da seguire la via stretta dei consigli evangelici per attuare la “perfetta carità” e in questa via sono tenute alla preghiera per le vocazioni facendo propria la “compassione del Cuore di Gesù”. Le Figlie del Divino Zelo fanno proprio il desiderio di padre Annibale di obbedire al divino comando da parte di “anime vergini” e per questo capaci di vivere pienamente la sponsalità conseguente alla loro professione religiosa. Giustamente si dirà che le Figlie del Divino Zelo per la loro condivisione della compassione del Cuore di Gesù si collocano nel cuore della Chiesa per ottenere da Dio il dono più prezioso quello dei buoni operai. La scelta dei poveri, costitutiva dell’istituto, tanto da essere chiamate a principio “le poverelle del Cuore di Gesù”, è l’espansione verso i poveri di quella compassione propria del Cuore di Gesù. L’incontro del padre con Zancone nel quartiere Avignone costituisce il modello della consacrazione delle Figlie del Divino Zelo, le quali, se nel primo tempo appaiono come impegnate in una attività esteriore e materiale, in un secondo tempo manifestano la loro ansia di venire incontro ai bisogni spirituali, come pure di trasformare in oranti i poveri da loro soccorsi.

Le nuove scelte nei cambiamenti d’oggi
Ma oggi? Non è come 125 anni fa, almeno in Italia. Per questo in Italia la congregazione ha man mano adeguata l’attività di accoglienza degli orfani secondo la sensibilità codificata nelle leggi che mirano a far superare le strutture classiche come nei collegi, a vantaggio di strutture quanto più possibile simili a una famiglia. Ma nei paesi afroasiatici o dell’America latina le esigenze sono come quelle italiane della fine dell’ottocento per cui l’istituto può mettere in campo la sua esperienza ultrasecolare assicurando un servizio prezioso. Ciò è reso possibile dalla progressiva internazionalizzazione dell’istituto che ormai anche visivamente traduce la cattolicità della Chiesa aperta ad ogni uomo. A questo adeguamento sul piano assistenziale e alla estensione internazionale si è accompagnato l’approfondimento del compito educativo come sostanza della stessa attività di assistenza. Anche qui la matrice si trova nell’esempio del fondatore, Padre Annibale, per il quale la povertà spirituale sul piano religioso e culturale non era seconda rispetto a quella materiale: a Zancone, il primo povero che egli incontra, viene assicurata sia l’assistenza che l’educazione morale e religiosa.
Per p. Annibale sono inscindibili le due forme di carità per andare incontro sia ai bisogni materiali che a quelli spirituali. Si apre qui un vasto campo di azione per l’istituto che dovrà attrezzarsi per affrontare l’emergenza educativa giustamente sottolineata dal Papa Benedetto XVI. È in crisi il concetto stesso di educazione giudicata o inutile o impossibile. Se infatti l’uomo è naturalmente buono l’unica educazione possibile è quella di lasciare l’uomo alla sua spontaneità; se al contrario l’uomo è irrimediabilmente cattivo, allora è vano ogni tentativo di educazione. Sono questi i termini di una crisi epocale che alla sua radice è una crisi antropologica conseguente al secolarismo che è l’ateismo pratico applicato alla vita. La consacrazione a Dio, secondo lo spirito del Rogate e la centralità dell’Eucaristia, sono una contestazione radicale di questa mentalità e quindi indicano ai cristiani la strada da percorrere ancora oggi sulle orme del padre, sant’Annibale Maria Di Francia che tutto fece per amore di Gesù e in compagnia di Gesù presente nel sacramento dell’altare. Nessuna povertà potrà essere ignorata, e bisogna rispondere al desiderio di verità e di bene costitutivo di ogni uomo: sino ad “attingere con gioia alle sorgenti della salvezza”.

(don Giuseppe Calambrogio, sacerdote della diocesi di Catania, su Testimoni 3 del 2012)


L’Istituto delle Figlie del Divino Zelo
L’Istituto delle Suore Figlie del Divino Zelo è stato fondato a Messina il 19 marzo 1887 da sant’Annibale Maria Di Francia e ha come co-fondatrice la venerabile Madre Maria Nazarena Majone. Eretto come Congregazione religiosa di diritto diocesano, con decreto dell’arcivescovo di Messina mons. Angelo Paino il 6 agosto 1926, è divenuto di diritto pontificio con Decretum Laudis il 19 febbraio 1935 e ha ricevuto l’approvazione definitiva delle Costituzioni il 18 giugno 1943. Oggi è presente in 15 nazioni dei cinque continenti: Albania, Australia, Bolivia, Brasile, Cameroun, Corea del Sud, Filippine, India, Indonesia, Italia, Messico, Rwanda, Spagna, Stati Uniti D’America, Vietnam. Le Figlie del Divino Zelo, insieme ai Padri Rogazionisti, hanno ereditato dal loro comune Fondatore, sant’Annibale Maria Di Francia, il carisma del Rogate che le caratterizza nella Chiesa, consacrandole con il quarto voto. Esso consiste nello zelare il comando di Gesù: Rogate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam (Mt 9,38; Lc 10,2). In continuità con il loro Fondatore esse sono chiamate ad armonizzare in un unico e ardente amore per Cristo, Divino Rogazionista, la preghiera per i buoni operai del vangelo e l’inesauribile carità per i piccoli e i poveri. Il carisma del Rogate ci impegna a: – pregare quotidianamente perché il Signore susciti gli operai del Vangelo, – propagare dovunque questo spirito di preghiera e promuovere le vocazioni nella chiesa, – essere “buone operaie” del Regno rendendoci disponibili con il dono di tutta la vita per la promozione umana e l’evangelizzazione dei piccoli e dei poveri. La nostra spiritualità è l’itinerario di santità derivante dall’intelligenza e dallo zelo del Rogate, come è stata vissuta dal Fondatore e tramandata nel patrimonio dell’Istituto, che fa di noi Figlie del Divino Zelo una preghiera vivente e impetratrice di operai del Vangelo per il Regno di Dio. Essa si esprime nella conformazione a Cristo nel suo mistero di unione a Dio Padre e di dedizione ai fratelli e prolunga nel tempo la sua compassione per la messe con la preghiera e con la carità.
Con il nome Figlie del Divino Zelo sant’Annibale Maria Di Francia volle indicare così la missione dell’Istituto: partecipare allo zelo del Cuore di Cristo, dal quale sgorgò il comando del “Rogate”, nei suoi aneliti per la gloria del Padre e per la salvezza delle anime.
Dal 2 al 25 luglio 2010 abbiamo celebrato, presso la Casa generalizia, (Circonvallazione Appia, 144 – ROMA) il XII Capitolo generale dell’Istituto sul tema: Ripartire da Cristo, per ravvivare il senso e la qualità della nostra consacrazione.
Tale Capitolo è stato anche elettivo del nuovo governo dell’Istituto designando come Superiora generale la Madre M. Teolinda Salemi per il sessennio 2010-2016.
Uno degli elementi che ci caratterizza è l’anzianità: questo ci dice radicamento nel carisma, ricchezza di esperienza, capacità di donazione di sé, senso di appartenenza all’Istituto e alla Chiesa. Ma ci dice anche precarietà di salute, bisogno di aiuto, difficoltà di movimento e resistenza al cambiamento di mentalità.
Un altro elemento è l’internazionalità, che è indice di varietà, di ricchezza culturale, di molteplicità di valori umani e religiosi, ma nello stesso tempo richiede impegno di adattamento all’ambiente, al clima, alla cultura della nazione in cui si vive e si opera; richiede accoglienza del diverso, impiego di energie preziose per costruire la comunione all’interno delle comunità, per relazionarsi con le diverse mentalità, inserirsi e operare nelle attività apostoliche, conoscere e adeguarsi alla legislazione della nazione in cui si opera. Vivendo in una società in rapida evoluzione, dobbiamo continuare a investire nella formazione, sia iniziale che permanente, se vogliamo che le religiose proseguano serenamente la loro missione secondo le esigenze del tempo attuale.

(Madre M. Liana Calì, Superiora Delegazione NSG su Testimoni 3 del 2012)