STORIE DI VITA - Mondo Voc giugno-luglio 2013                                      Torna al sommario

 

 

 

Con gli occhi del cuore

 

 

Il racconto, in prima persona, di Maria Pia. Una storia che comincia come un viaggio turistico e arriva ad essere una di quelle esperienze che prima ti sconvolgono la mente e il cuore, e poi finiscono per cambiarti del tutto la vita, in un impegno totalizzante, senza ritorni.


di Michele Pignatale

 

Kenia_1Tutti dicono che è una ragazza straordinaria, un miracolo vivente, una forza della natura. E lei si schernisce, minimizza, focalizza l’interesse sui problemi che le tocca affrontare dal mattino fino a sera di ogni giorno. Eppure la sua presenza in questa zona poverissima del Kenya ha portato notevoli cambiamenti, speranza e fiducia nei tanti bambini delle diverse popolazioni che abitano l’altipiano keniano.  

 

Maria Pia, umbra di origine, è una ragazza di 27 anni, figlia di un industriale della ceramica, insegnante elementare con un gran desiderio di viaggiare, visitare paesi lontani. E così dopo essere stata in Nepal, in Brasile, in Malaysia è approdata in Kenya. Una terra che ha subito conquistato la sua curiosità e poi il suo cuore.

 


Un viaggio dagli esiti imprevedibili

“Non pensavo che potesse accadermi una cosa del genere – ci racconta Maria Pia – tornata in Umbria per un breve periodo di riposo – perché durante i miei precedenti viaggi pur avendo vissuto diverse emozioni a contatto con la gente, non ho subito quel fascino che mi ha procurato l’incontro con le popolazioni dell’altipiano del Kenya. Ero arrivata da quelle parti con una comitiva di turisti inglesi. Mi sono aggregata all’ultimo momento anche per risparmiare dei soldi. Sono rimasta colpita dalla dignità e dalla fierezza di quelle popolazioni composte da diverse etnie. Sono popolazioni guerriere, di allevatori, di pastori. La zona è desertica. E poi tanti bambini che hanno attirato la mia attenzione a causa di una evidente malnutrizione, e ad essere più attenti affetti da patologie respiratorie o malformazioni congenite. Oltre naturalmente alla totale assenza di scuole. Insomma un quadro niente male ma che mi ha messo dentro un magone che è stato difficile sopprimerlo.


Gli occhi di quelle mamme e dei loro bambini si erano conficcati dentro di me, erano riusciti a squarciare quel velo di indifferenza di cui ci ricopriamo quasi sempre per difenderci ricordandoci delle tante raccomandazioni che riceviamo durante i viaggi”.

 


Quando una parte di te rimane laggiù

Kenia_2Il ritorno a casa non è stato come tutte le altre volte. Si portava dentro sensazioni mai provate. Quando ne parlava con gli amici, gli ritornavano alla mente quegli sguardi di cui non aveva dimenticato il volto e riusciva a ricordarli uno per uno. A scuola, dove insegnava, ne parlava spesso ai suoi bambini e quando poteva ai genitori. In famiglia non passava giorno che non ricordasse qualcuno che aveva incontrato in Kenya con le sue necessità e i suoi bisogni. Così quando si è trattato di organizzare le vacanze natalizie, alla montagna ha preferito ritornare in Kenya fra quella gente che aveva incontrato qualche mese prima. La sua meraviglia è stata  nell’essere accolta con grande festa perché nessuno aveva dimenticato il suo viso. Tutti la ricordavano. Una cosa straordinaria. E così dopo qualche giorno di permanenza fra di loro, Maria Pia ha cominciato a stilare sul suo taccuino di viaggio, le tante necessità che potevano essere risolte con piccolissimi aiuti mirati.

 


Una partenza senza ritorno

Al ritorno da quelle vacanze ha cominciato a progettare dei micro interventi, necessari per affrontare quelle situazioni un po’ critiche. Quindi un progetto nutrizionale, un progetto sanitario e un progetto scolastico. Aveva bisogno di mezzi per poter concretizzare questi progetti. E così ha cominciato a coinvolgere la propria famiglia che poteva darle una grossa mano, poi i genitori della scuola dove insegnava, la cerchia dei suoi amici. In breve tempo col suo entusiasmo aveva trascinato nell’impresa numerose persone e organizzato una notevole quantità di mezzi. Bisognava organizzare la spedizione estiva e a questo proposito si era formato un gruppo di amici che l’avrebbero accompagnata per aiutarla ad impiantare quella che lei aveva cominciato a chiamare “le tende della speranza”. Il grosso del materiale fu spedito qualche mese prima e ritrovato al suo arrivo in Kenya. Organizzata la spedizione per l’altipiano e raggiunto il luogo stabilito cominciò con i suoi amici ad impiantare il suo piccolo campo e ad operare immediatamente. Si trattava di creare una presenza fra circa 300.000 abitanti dispersi in nuclei tribali sparsi su un territorio abbastanza vasto.

 


Gioia profonda e irrinunciabile

Kenia_3“Sono stati giorni frenetici – continua a raccontarci entusiasta Maria  Pia – Non ci si fermava un attimo fino alla sera. Avevamo sempre gente che chiedeva qualcosa. E noi dovevamo anche  imparare la loro lingua. Nei due mesi programmati riuscimmo ad impiantare diciamo il campo base fatto di capanne costruite  in modo circolare e distribuire i compiti. Alcuni dei miei amici sarebbero tornati immediatamente ma altri avevano deciso di fermarsi con me per un altro mese. Io avevo deciso di restare fra lo sbigottimento dei miei genitori e di alcuni amici. Sentivo di non poter rinunciare a quelle persone. Erano diventate troppo importanti per me e poi cominciava a maturare dentro di me un bisogno ancora più grande di cui non riuscivo a capirne i contorni. Sentivo solo crescere interiormente una grande gioia che si arricchiva ogni sera quando guardavo le stelle di quel cielo.

 


La passione di una vita

Poi ho incontrato dei missionari che operavano in Kenya e con loro ho cominciato una collaborazione che potesse radicare il mio servizio e la mia presenza. Una collaborazione che non si è fermata solo all’aspetto pratico ma ho avuto modo di riguardare la mia vita e di considerarla alla luce di tutti gli avvenimenti che mi sono capitati. P. Edoardo, un missionario spagnolo, mi ha condotto su vie inesplorate della mia vita e attraverso alcune convivenze presso la loro missione, ho potuto approfondire le ragioni autentiche della mia scelta e della mia presenza in quel luogo. Ora tutto aveva cominciato a  svelarsi e l’esperienza di preghiera a cui mi sono dedicata mi apriva dimensioni nuove e più ricche. Ho fatto l’esperienza della misericordia ed ho capito che il mio servizio in mezzo a quella gente era solo un gesto di misericordia che restituivo dopo averlo ricevuto gratuitamente. Tramite P. Edoardo, mi hanno raggiunto due ragazze spagnole che per tre anni condivideranno la mia stessa vita. È una cosa bellissima. È veramente un disegno di Dio perché la mia vita finalmente ha acquistato un senso”.

 

 


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