ORIENTARSI - Mondo Voc giugno - luglio 2012                                                 Torna al sommario

 

 

Le Vocazioni al tempo della Crisi

 

Da quando è cominciata a montare la Crisi economica, in particolare in alcune aree ricche del mondo, si comincia a parlare di “vocazioni nella Crisi”. Una crisi che non è detto si risolva in crisi numerica delle vocazioni, anzi tutt’altro. Qualcuno pensa che la Crisi economica possa rappresentare addirittura un insperato aiuto se non proprio il rimedio per “la crisi delle vocazioni”. Ma sarà proprio vero?


di Luciano Cabbia


vocazioni_crisiSolitamente si parla di “crisi delle vocazioni” e si affacciano incubi numerici che tolgono il sonno ai vescovi delle Diocesi, ai responsabili di Ordini e Congregazioni religiose; scenari apocalittici di parrocchie e strutture religiose abbandonate o frettolosamente riconvertite… Questo sta avvenendo soprattutto nell’Occidente europeo e nel Nord America, anche se, a parere degli esperti, tra non molto la crisi si affaccerà anche nelle altre parti del mondo. Sarebbe solo questione di tempo.


Da qualche tempo, da quando è cominciata a montare la Crisi in particolare in alcune aree ricche del mondo, si comincia a parlare di “vocazioni nella Crisi”. Una crisi che non è detto si risolva in crisi numerica delle vocazioni, anzi tutt’altro. Qualcuno pensa che “le vocazioni nella Crisi” possano rappresentare addirittura un insperato aiuto se non proprio il rimedio per “la crisi delle vocazioni”.


Negli ambienti che si occupano di vocazione il fatto è risaputo. La Conferenza Episcopale della Spagna (CEE) in occasione della Giornata del Seminario del 19 marzo scorso, ha realizzato un video, della durata di 2 minuti e mezzo, (visibile su www.teprometounavidaapasionante.com) che mostra alcuni sacerdoti, di varia età, lanciare una serie di “promesse” per invogliare i giovani a scegliere il sacerdozio.

 

Il video esordisce così: «Quante promesse ti hanno fatto? Quante non se ne sono realizzate? Io non ti prometto uno stipendio alto. Ti prometto un posto fisso». E conclude: «Non ti prometto una vita di avventure. Ti prometto una vita appassionante». 

 

 

Tra sfide e opportunità

spot_voc_SpagnaL’idea è nata da un’inchiesta realizzata su più di cento sacerdoti spagnoli, ai quali è stata posta la domanda con cui si apre il video: “Quante promesse ti hanno fatto che non hanno mantenuto?”. Il portavoce della CEE, Isidro Catela, ha rivelato che molti preti hanno preso le distanze dalla promessa del “posto fisso”, ma che è stata inserita per «attirare l’attenzione» e per «arrivare a un pubblico il più ampio possibile». Ha anche detto che il riferimento al posto fisso non è legato alla presente congiuntura di difficoltà e di crisi. Quindi non sarebbe riconducibile all’acuirsi della crisi economica che ha investito la Spagna l’aumento del 4,2% dei seminaristi spagnoli tra il 2011 e il 2012, quanto piuttosto agli effetti della Giornata Mondiale della Gioventù col Papa a Madrid nell’estate del 2011. Cosa che trova concorde anche Miguel Angel Nunez, rettore del seminario di Siviglia: «Nessuno arriva perché senza lavoro, ma perché vuole dedicare la propria vita alla comunità». Certo, i timori davanti ad un futuro senza prospettive, lo spettro di una disoccupazione permanente o di un perenne precariato, potrebbe indurre alcuni, o molti, giovani a prendere in seria considerazione l’idea di farsi prete o suora. Un “posto fisso”, un reddito garantito, la sicurezza di poter pianificare con tranquillità la propria vita. Potrebbe anche essere una prospettiva allettante. 

 

numero_vocazioniNegli Stati Uniti d’America un giornalista ha rivolto questa domanda alla Conferenza Episcopale: «La crisi economica si riflette sul numero e la qualità delle vocazioni nella Chiesa?». La risposta è stata affidata a P. David Toups, docente di teologia. In sintesi ha sostenuto che è presto per esprimere una valutazione al riguardo. Tuttavia, nel passato è già accaduto che in momenti difficili per la società ci fossero persone che sceglievano di mettersi al servizio degli altri. E questo potrebbe verificarsi anche nel contesto dell’attuale crisi economica. Non solo. Per un altro e importante aspetto, la crisi costituisce un forte appello a cambiare stili di vita e, soprattutto, il modo di pensare. Il “consumo”, il “possesso” non possono essere i valori dominanti. Ci sono altre cose che riempiono la vita. Sulla base di questi valori, di questa nuova cultura, possono maturare scelte di vita che pongono al primo posto il servizio di Dio e degli altri. Qualcosa di simile sta capitando nel Regno Unito dove si registra un aumento delle novizie nei conventi. Le responsabili della formazione realisticamente ammettono che forse la gente, con la scelta vocazionale, cerca di sfuggire la durezza dei tempi. Un fenomeno già accaduto nel passato. Però potrebbe anche essere vero ciò che afferma suor Gemma Simmonds, del convento di York: «La recessione spinge le persone a chiedersi “che cosa è davvero importante nella mia vita?”. Alcune arrivano alla conclusione che ciò che importa davvero è Dio» (notizia riportata sul quotidiano “Libero” del 15 maggio 2012).

 

 

crisi_vocazionaleRicerca di una vita autentica

È vero che in tempo di crisi c’è più sobrietà, tutto viene ricondotto ad una dimensione di maggiore essenzialità… Il tempo della crisi è anche purificazione, le persone possono arrivare a percepirsi in maniera diversa, a vedere dentro di sé in un modo che in altri tempi magari non è loro dato, perché più distratte, più esteriorizzate, più “alienate”. In tempo di crisi se le persone bussano alle porte dei conventi o dei seminari, non è subito detto che sia per una ricerca di sicurezza economica o esistenziale, per trovare un rifugio davanti alle difficoltà della vita dura di oggi… potrebbe anche essere autentica ricerca spirituale. Potrebbe benissimo essere vero che la crisi economica può avvicinare a Dio.


E, tuttavia, occorre anche considerare un altro aspetto della questione, che fa riferimento alla persistente crisi numerica delle vocazioni, che pone domande molto serie sulle cause della crisi stessa. Ritorna l’interrogativo di fondo: se oggi c’è una “mancanza di significatività” della vocazione, se in particolare la vita consacrata non è più una scelta di vita significativa, come mai la vocazione improvvisamente diventa appetibile tanto da richiamare nuove folle di candidati alle porte dei conventi e dei seminari?

 


nuove_vocazioniIl dovere del dubbio

C’è un altro fenomeno da considerare, che riguarda le vocazioni alla vita consacrata. Gli esperti riconoscono che laddove le vocazioni sono drammaticamente scarse, i pochi candidati che ancora si presentano tendono a scegliere le Congregazioni religiose più recenti e più “conservative”, quelle stesse che segnano un ritorno a sensibilità e modelli preconciliari, e a un devozionismo che preserva dal mettersi in questione, che le sottrae dal necessario confronto con la storia. Cosa vorrà dire questo? Forse che le persone sono alla ricerca di una rassicurazione psicologica, di una facile certezza e tranquillità di vita, una capacità di guida e di difesa dalla modernità e dai suoi problemi (da affidare ad una autorità forte, ad una leadership carismatica rassicurante che decida per tutti…), dimenticando che diventare religioso o religiosa o sacerdote non significa adottare uno stile di vita istituzionalizzato, bensì rispondere ad una specifica chiamata da parte di Dio, e scegliere un modo di vivere il Vangelo secondo lo stile e il carisma di un fondatore. A tutte queste generazioni di improvvisati candidati, l’ultima cosa che interessa sembra essere il carisma, infatti passano indifferentemente da un carisma all’altro, come se i carismi fossero uguali e le forme di vita intercambiabili, proprio perché non sono rimasti “folgorati” da una grazia qual è il carisma, ma sono stati attirati da una modalità semplificata di vita, da una ricerca autocentrata di realizzazione, di uno spazio che sia solo in funzione della persona.

 


Accoglienza del nuovo

discernimento_vocInterpretare il fenomeno delle “vocazioni nella Crisi” richiede un sapiente discernimento. Da una parte la vocazione – al sacerdozio, alla vita consacrata, alla missione… – non deve cedere alla tentazione di abbassare la qualità della proposta allargando le maglie delle esigenti richieste del Vangelo, in una parola: la “Vocazione” non deve cedere alla tentazione di vendersi a basso prezzo pur di avere “vocazioni” (sennò la vita promessa non sarebbe più “appassionante”). La promozione delle vocazioni va fatta soprattutto mostrando un genere di vita appassionante in grado di convocare quei giovani che cercano una maniera significativa di seguire Cristo, e non un comodo rifugio per le asperità della vita di oggi, e presumibilmente di domani. Ma, d’altra parte, la presente Crisi induce la vocazione a interrogare se stessa, il suo essere pienezza di senso per le persone che la accolgono, e profezia di futuro per un mondo da costruire. La Crisi riconduce la Vocazione a ripensarsi per l’oggi, per la novità, per il futuro, magari contemplando anche la necessità di un cambiamento, da considerarsi come offerta di una nuova opportunità, e tenendo presente che difficilmente oggi i giovani si donano per tenere in vita qualcosa che sembra riguardare soprattutto una storia passata.


Una Crisi come quella attuale comporta sempre una sofferenza perché qualcosa muore, ma porta anche, insieme, una nuova consapevolezza che qualcosa sta nascendo, un nuovo orientamento e una nuova considerazione nei riguardi della Vocazione, e delle vocazioni.

 

 

 

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