ORIENTARSI - Mondo Voc maggio 2012                                                              Torna al sommario

 

 

A CAVAL DONATO BISOGNA GUARDARE IN BOCCA
La vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata:

“uno speciale dono divino”

 

Ogni specifica vocazione nasce dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio. In quest’ottica non ci sono vocazioni più importanti delle altre, doni più belli e preziosi di altri. La pienezza della felicità infatti consiste nel realizzare completamente la propria vocazione. Eppure in relazione alla missione, elemento costitutivo di ogni vera vocazione specifica, la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale dono divino. E il dono è speciale perché coinvolge la persona in modo speciale e differente dalle altre vocazioni, chiedendo un atto di rinuncia totale di sé come atto di amore “speciale” per il Signore e il suo Vangelo: vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi! (Mc 10, 21). E questa generosità è tipica dei giovani.


di Francesco Bruno


Voc_sacerdotaleLa vocazione ultima dell'uomo, come insegna la Gaudium et Spes, è effettivamente una sola, quella divina, cioè la vocazione alla comunione con Dio. E in questo dialogo di amore con Dio si fonda la possibilità per ciascuno di realizzare se stesso mentre è in cammino verso la pienezza della vita. Nella misura in cui diveniamo consapevoli di questa vocazione divina la vita assume il valore di “dono ricevuto, che tende per natura sua a divenire bene donato” (Nuove vocazioni per una nuova Europa). Pertanto, ogni vita, in quanto vocazione, è dono!


Ma è anche vero che ogni vocazione, in quanto vita, è un dono? Ovviamente si tratta di chiarire cosa si intende, dal momento che la frase può essere compresa in molti modi. Semplifico due differenti interpretazioni con due domande: cosa voglio fare nella vita? e: Signore, cosa vuoi che io faccia nella mia vita? Scrive Giovanni Paolo II: “All'origine di ogni cammino vocazionale c'è l'Emmanuele, il Dio-con-noi. Egli ci rivela che non siamo soli a costruire la nostra vita, perché Dio cammina con noi in mezzo alle nostre alterne vicende, e, se noi lo vogliamo, intesse con ciascuno una meravigliosa storia d'amore, unica ed irripetibile e, al tempo stesso, in armonia con l'umanità e il cosmo intero”. La sottolineatura è mia: ogni vocazione è un dono se accettiamo che ci sia un Donatore! Questo, ovviamente, non vale solo per preti e consacrati, ma per tutti quelli che si sentono chiamati ad una missione, come ad esempio, essere sposi e genitori, politici, magistrati, medici, catechisti, ecc.


Quello che scrive Benedetto XVI per le vocazioni di speciale consacrazione può valere per tutte le vocazioni: “La vocazione non è frutto di un progetto umano o di un’abile strategia organizzativa. Nella sua realtà più profonda, è un dono di Dio, un'iniziativa misteriosa e ineffabile del Signore”. Un bellissimo esempio di quanto detto lo vediamo nei coniugi Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresina, beatificati nel 2008. Entrambi avrebbero voluto consacrarsi al Signore, ma per provvidenziali vicende non poterono realizzare questa intima aspirazione. La serena accettazione della volontà di Dio li rese disponibili a leggere negli eventi della vita la loro vera vocazione: nell’aprile del 1858 si incontrarono per la prima volta e subito sentirono che erano fatti l’uno per l’altra. Infatti dopo solo tre mesi si sposarono e fu proprio la chiamata al matrimonio il dono del Signore per raggiungere la pienezza della vita.


voc_Vita_consacrataOgni specifica vocazione nasce, infatti, dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio (Benedetto XVI). In quest’ottica non ci sono vocazioni più importanti delle altre, doni più belli e preziosi di altri. La pienezza della felicità infatti consiste nel realizzare completamente la propria vocazione. Eppure in relazione alla missione, elemento costitutivo di ogni vera vocazione specifica, la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale dono divino, che si inserisce nel vasto progetto d'amore e di salvezza che Iddio ha su ogni uomo e per l'intera umanità (Benedetto XVI). Anche questa volta la sottolineatura è mia: uno speciale dono divino, il che vuol dire che i doni non sono tutti uguali! Ma se questo dono è così speciale, perché oggi sembra non suscitare alcun interesse e il più delle volte viene rispedito al mittente? Perché altre volte viene visto piuttosto come un “pacco”, cioè una fregatura? Perché molti, dopo averlo accettato lo mettono in soffitta o cercano il modo di riciclarlo?


È vero, “a caval donato non si guarda in bocca”; ma forse questa volta è il caso di farlo! L’accoglienza di un dono tanto singolare da compromettere la propria vita, frutto di un atto divino di amore gratuito, richiede un’accettazione altrettanto libera, fondata sull’amore. E affinché questo possa avvenire pienamente è necessario conoscerne il contenuto. Qualche mese fa i vescovi della Spagna hanno cercato di descriverlo in maniera molto originale, forse troppo, tanto da suscitare un enorme vespaio mediatico, anche se molto probabilmente era proprio questo l’obiettivo. Un videoclip in cui sacerdoti di differenti età, giocando sul contrasto tra le diverse aspettative che ogni giovane porta nel cuore circa la propria vita, elencano alcune “garanzie vocazionali”, che fanno della vita sacerdotale una vita realizzata. Il messaggio non è per niente banale e le numerose critiche piovute rivelano un ascolto superficiale e preconcetto. Eppure proprio l’eccessivo tono entusiasmante e rassicurante con cui cercano di “catturare” l’interesse giovanile per una tale proposta vocazionale mi spinge a riformulare le precedenti domande: perché allora molti non accolgono questo dono, o dopo un poco non lo vogliono più?


Voc_sacerdotale_2In uno dei primi messaggi per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni Paolo VI scrive: Per far accogliere con entusiasmo il dono della vocazione divina, occorre che questo ideale sia presentato ai giovani nella sua vera realtà e con tutte le sue severe esigenze, come donazione totale di sé all’amore di Cristo e come consacrazione irrevocabile al servizio esclusivo dell’Evangelo. Ecco la migliore risposta alle nostre domande! Mostrare la singolarità di questo dono soprattutto come garanzia di realizzazione della propria vita può essere pericolosamente ambiguo e in un certo senso non sempre rispondente alla vita concreta.


In realtà il dono è speciale perché, paradossalmente, non riguarda chi lo riceve, pur essendone il vero destinatario. Scrive ancora Paolo VI: La grazia di una vocazione deposta da Dio in un’anima non è altro, in fondo, che un apporto più abbondante di carità divina destinata alla sua Chiesa per la edificazione del Regno di Dio sulla terra. Ovviamente colui che è chiamato con questo dono speciale entra in una nuova relazione di intimità col Signore, ma questo in funzione del progetto divino universale e non semplicemente individuale. L’urgenza della missione, la missione stessa di Gesù, è la finalità primaria del dono! Questo vuol dire che nella vita di tutti i giorni, colui che è chiamato potrebbe anche trovarsi a vivere situazioni non conformi ai suoi gusti e alle sue aspettative. E tuttavia questo dono, proprio perché speciale, proprio perché chiama a sposare gli interessi del Cuore di Cristo facendoli propri, implica una risposta totale e totalizzante che riempie il cuore e lo fa sentire appagato.

 

Voc_sacerdotale_3Quando il Signore chiama qualcuno, in maniera particolare, mediante una luce interiore, a servirlo come sacerdote, religioso, suscita in lui e gli domanda una preferenza assoluta per la sua persona e per l'opera del suo Vangelo: "Seguimi!". Questa preferenza è seducente; essa può veramente riempire il cuore umano. Essa suppone un atteggiamento di fede molto salda. È qui, cari Figli, il nodo del problema delle vocazioni. Occorre una fiducia totale per abbandonarsi all'appello del Cristo. Questa preferenza suppone anche una volontà di rottura, certamente col peccato, ma anche con alcuni valori umani che appartengono all'ordine dei mezzi: le soddisfazioni dell'amore umano, la ricchezza, la riuscita professionale, il piacere, il successo, il potere (Paolo VI).


In quest’ottica il dono è speciale perché coinvolge la persona in modo speciale e differente dalle altre vocazioni, chiedendo un atto di rinuncia totale di sé come atto di amore “speciale” per il Signore e il suo Vangelo: vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi! (Mc 10, 21). E questa generosità è tipica dei giovani. Ecco perché, come scrive ancora Paolo VI sono essi che Gesù di preferenza sceglie e chiama ad essere sacerdoti secondo il suo cuore, ai quali si rivolge come ai «suoi amici» (Gv15,9-15), perché essi sono più che mai assetati di assoluto, di generosità, di autenticità.

 

 

 

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