ORIENTARSI - Mondo Voc dicembre 2011                                                          Torna al sommario

 

 

 

UNA SPLENDIDA VOCAZIONE SMARRITA


Salomone, così grande e così fragile

Quella di Salomone è la storia di una vocazione che parte con le migliori premesse, carica di attese e di grandi speranze, ma poi – vuoi per stanca abitudine, vuoi per mancanza di “custodia del dono” – svanisce col tempo e rischia di finire miseramente, se non fosse per la rocciosa fedeltà di Dio.

 

di Amedeo Cencini


Cencini_dicembre_2011Con Salomone, figlio di Davide, il regno d’Israele raggiunge il punto più alto quanto a splendore e magnificenza. Con lui re, il più piccolo dei popoli della terra sembra diventare punto di riferimento e centro di attrazione per tanti altri popoli, al punto che re e regine (come quella di Saba) accorrono per ascoltare la sua parola, affascinati dalla sua sapienza. Eppure anche in questa storia così luminosa a un certo punto penetra un male oscuro, come forza contraria che rischia di rovinare tutto e vanificare il progetto di Dio, la sua chiamata.
Vediamo con ordine.

 

 

“Donami un cuore docile, che sappia distinguere il bene dal male”
Salomone risulta subito molto gradito a Dio per una preghiera all’inizio del suo regno in cui non chiede lunga vita e successi, ricchezze e gloria di fronte agli uomini, bensì “un cuore docile” (1Re 3,9). La supplica piace così tanto a Dio che gli concede sia l’uno che l’altro, sia quello che aveva esplicitamente chiesto (il dono della sapienza), sia quanto non si era permesso di pretendere (i beni terreni).


Pregare così significa essere saggi, già capaci di distinguere i beni veri e duraturi da quelli falsi e passeggeri, il bene dal male. Quanto è importante anche oggi per tutti noi questa capacità! Che non è solo mentale né dono di natura, ma espressione della qualità della nostra vita e delle nostre scelte. Chi sceglie il bene sviluppa sempre più una tale sintonia col bene stesso così da essere sensibile a esso, di riconoscerlo e distinguerlo da tutte quelle forme di finto bene che spesso ammaliano il nostro cuore e ammalano i nostri desideri. Finendo per confondere i nostri discernimenti e farci pensare che sia bene per noi ciò che in realtà è male. Fermiamoci un momento su questa considerazione: non è forse qui la radice dello sbandamento morale di tanti giovani? Che di solito, però, procede lentamente per tappe, non esplode improvviso, ma si nasconde.

 

 

Cencini_2_dicembre_2011“Salomone amava il Signore…, ma offriva sacrifici sulle alture”
  · All’inizio c’è sempre la trasgressione leggera e veniale, ovvero una gratificazione che il soggetto si concede, ma non così grave moralmente. La persona qui è lucida abbastanza per accorgersi che quanto sta facendo non è l’ideale per lei, non è coerente con i suoi valori; un po’ come Salomone che, pur devoto del Dio d’Israele, partecipava a culti pagani, forse per compiacere una parte del popolo.


  · Seconda tappa è la ripetizione della trasgressione, che così diventa sempre più un’abitudine, e ha per effetto la progressiva sensazione di familiarità con la trasgressione stessa, come fosse cosa da considerare sempre più normale e lecita. A questo punto la coscienza comincia a oscurarsi e perdere la propria innata attrazione verso il bene, quella che consente di distinguerlo dal male e porta a sceglierlo e a sentirlo sempre più come il “proprio” bene. Qui avviene il contrario.


  · Terza tappa: la trasgressione ormai “normale” diventa sempre più la reazione consueta a un certo tipo di stimoli, quasi automatica. E proprio in quell’automatismo di solito scatta il processo dell’eutanasia della coscienza o della sensibilità morale, come capacità di riconoscere il male e fuggirlo, o di soffrirlo se commesso, provando senso di colpa, rimorso, desiderio di cambiare vita. Il problema, oggi, non è il male che vediamo in noi e attorno a noi, ma la banalità del male, o quell’atteggiamento di tranquilla e un po’ ebete indifferenza nel compiere il male, senza più riconoscerlo come tale né soffrirlo e pentirsene. Ed è grave, perché senza la coscienza del male non vi sono nemmeno più difese contro di esso.


  · Infatti, ecco la quarta tappa: l’assuefazione al male, al punto che la trasgressione leggera e veniale degli inizi non basta più per goderne, occorrono “dosi” sempre maggiori e massicce, in un processo senza fine. Ma pure senza che la persona – quasi una beffa o vendetta della natura – raggiunga mai una piena gratificazione. È strano, eppure è così: l’assenza di sensibilità morale da un lato consente di non soffrire per il male commesso, ma dall’altra impedisce anche di goderne. E l’individuo è sempre più risucchiato in una tensione impossibile tra una felicità che sfugge sempre più e uno scadimento morale incontrollato. Che a volte conduce ove uno non avrebbe mai pensato di andare a finire. Come troppe tristissime storie oggi ci raccontano…
 

 

Cencini_3_dicembre_2011“Le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dei…”
Salomone invecchia, infatti, e non si accontenta più di bruciare incenso agli dei pagani. Ma per piacere alle 700 principesse che ha per mogli (?) e le 300 concubine (!) costruisce templi per i loro dei, per Camos e Moloc e un’infinità di divinità che lo allontanano ormai definitivamente dal Dio di suo padre David. Fino a suscitare l’amarezza e lo sdegno divini, e una punizione severa: “Ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo servo”.

 

 

“Per amore di Davide e di Gerusalemme”
Eppure, anche in una storia travagliata come questa, Dio non viene meno alla promessa fatta a Davide. L’uomo può essere infedele e lasciarsi deviare il cuore, com’è successo a Salomone, ma Dio resta fedele alla parola data al suo eletto: il regno sarà diviso solo dopo la morte di Salomone, e in ogni caso un parte di esso resterà a un discendente di Davide.
Che vuol dire che in ogni caso quel cuore umano sbandato e confuso, lungo quella storia che abbiamo descritto, può ritornare a Dio, perché Dio non si è mai dimenticato di lui, e perché ogni storia umana, anche la più balorda, può sempre diventare storia divina.
È quel che ci racconta ogni pagine della Storia Sacra.

 

 

 

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