QUESTIONI RIGUARDANTI LA FORMAZIONE DEL CLERO


INTRODUZIONE

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in occasione del sinodo episcopale la Congregazione per l'educazione cattolica ha presentato una relazione sulle sue attività, con la quale ha definito lo spirito che informa il suo lavoro ed ha indicato le principali tappe già percorse. In tal modo tutti gli ecc.mi ordinari sono stati informati, direttamente o indirettamente, di quanto finora è stato fatto. Inoltre la preparazione della "Ratio institutionis sacerdotalis" ha offerto un'occasione propizia per iniziare tra questa sacra congregazione ed ogni conferenza episcopale una serie di mutui rapporti, che desideriamo rafforzare ed intensificare.

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Vogliamo tuttavia segnalare all'attenzione di vostra eccellenza che numerose questioni riguardanti la formazione del clero vengono poste a questa sacra congregazione, per cui sentiamo il bisogno di intrattenere gli ecc.mi vescovi su tali argomenti, al fine di poter beneficiare dei loro suggerimenti e della loro esperienza, tanto più che certe questioni, pur riferendosi forse ad un settore limitato del mondo, possono interessare tutta la vita della chiesa. Pertanto il motivo di questa lettera è di far conoscere agli ecc.mi ordinari le preoccupazioni che maggiormente ci turbano in questi giorni, con l'unico intento di aiutarci vicendevolmente nell'espletamento dei nostri rispettivi compiti.

Capitolo Primo: PROSPETTIVE DI LAVORO COMUNE

1 - Preparazione della "Ratio institutionis sacerdotalis"

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Il sinodo episcopale, nelle sue conclusioni, richiedeva a questa sacra congregazione di studiare un elenco di questioni che dovrebbero trattarsi in ogni "ratio". La congregazione, in ottemperanza a tale desiderio, ha preparato un documento nel quale si è cercato di unire la chiarezza alla semplicità: esso è già stato mandato " o verrà tra breve mandato " alle conferenze episcopali, affinché possano procedere più speditamente nella preparazione delle rispettive "rationes". Un tale strumento di lavoro si è rivelato indispensabile anche per il fatto che la maggioranza dei primi progetti di "rationes", inviati a questa sacra congregazione da parte dei singoli ecc.mi episcopati, si sono dimostrati incompleti, perché sovente le conferenze episcopali si sono limitate a presentare una "ratio studiorum", più che una vera "ratio institutionis sacerdotalis", la quale deve abbracciare la formazione completa dei candidati al sacerdozio.

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Il sinodo prevede pure la preparazione d'una "ratio fundamentalis". Questo secondo documento dovrà essere elaborato con la massima cura e con "la collaborazione dei vescovi". Esso " pur rispettando le esigenze proprie di ogni singola nazione " dovrà enucleare dei principi generali validi per tutti circa l'ordinamento dei seminari. Questa sacra congregazione sta iniziando questo lavoro, che potrà essere portato a termine solo quando si saranno conosciuti il pensiero e gli orientamenti dei singoli ecc.mi episcopati, tramite la presentazione della loro "ratio institutionis sacerdotalis".

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Sarebbe stato nostro desiderio di far conoscere quanto prima alle singole conferenze episcopali le "Rationes institutionis sacerdotalis" delle varie nazioni, perché ognuna fosse informata sul lavoro svolto dagli ecc.mi episcopati di altri paesi, e si potesse in tal modo usufruire delle mutue esperienze. Per il momento però ci è impossibile attuare un progetto del genere, per il fatto che le "rationes" finora pervenuteci sono, come s'è detto, incomplete. Ciò però non ci impedisce di far conoscere " in futuro " alle conferenze episcopali quelle iniziative che abbiano avuto esito felice, o quegli studi che sembrino particolarmente degni di essere conosciuti, affinché tutte le conferenze possano approfittarne.

2 - Preparazione degli educatori


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Il sinodo ha dedicato alla preparazione degli educatori diverse sue conclusioni. Sappiamo che qua e là nel mondo stanno preparandosi delle iniziative al riguardo. Trattandosi di un problema di capitale importanza, questa sacra congregazione sarà lieta di seguire da vicino i lodevoli sforzi che verranno compiuti in proposito, anche per dare opportune indicazioni a quelle conferenze episcopali che abbiano a farne richiesta. In tal modo questa sacra congregazione potrebbe aiutare le conferenze che trovassero su questo punto particolari difficoltà, segnalando eventualmente anche dei collaboratori.

Capitolo Secondo: ELEMENTI DI INQUIETUDINE

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Non mancano certo motivi di inquietudine. Alcuni anzi sono di estrema gravità. Questa sacra congregazione pensa di dover farne parola agli ecc.mi episcopati, cercando con gli stessi ecc.mi ordinari come si possa venire in loro aiuto, sia attraverso le direttive che mediante informazioni.

1 - Incertezza diffusa su diversi punti concernenti la fede


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Il sinodo ha dedicato una notevole parte del suo lavoro alla presente situazione per quanto riguarda la fede. D'altra parte, diverse conferenze episcopali hanno pubblicato su questo argomento dei documenti considerevoli, mentre il sommo pontefice non cessa di richiamare l'attenzione sul grave problema. Questo stato di cose riveste per i seminari un'importanza capitale. Se infatti l'ambiente e l'atmosfera generale offrono in materia di fede instabilità ed inquietudine abituali, la formazione dei giovani alla fede " che essi stessi devono approfondire e in seguito comunicare agli altri " tende a diventare di giorno in giorno più difficile, anzi, sotto certi aspetti, impossibile.

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Il problema richiede pertanto da parte nostra un'attenzione particolare. I punti sui quali è necessario invitare i seminari ad impegnarsi con tutte le loro energie e con la massima cura sono i seguenti: innanzi tutto una viva coscienza del carattere "tradizionale" che è essenziale alla fede. Ciò richiama in particolare: una grande fedeltà al magistero istituito da Cristo per la conservazione della fede; una struttura unificata dell'insegnamento; un'idea molto precisa di che cosa sia il lavoro teologico e delle sue fonti; una solida formazione storica. Il concilio, prescrivendo l'istituzione d'un corso introduttorio ( Optatam totius , n. 14), ha espressamente voluto assicurare e approfondire nell'anima dei candidati al sacerdozio le basi della fede: esso è pertanto chiamato a svolgere questo ruolo fondamentale, se ben organizzato. Inoltre è necessario richiamare instancabilmente i giovani alla cosciente consapevolezza che l'esercizio della fede " durante il periodo della formazione teologica " non può essere disgiunto dalla preghiera, essendo la fede un dono di Dio.

2 - Incertezza sullo specifico problema del sacerdozio

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Esistono non poche manifestazioni d'incertezza " anche tra lo stesso clero " sull'esatta natura del sacerdozio. La gravità dei problemi pastorali tende a trasformarsi in un dubbio generalizzato sul contenuto dello stesso sacerdozio ministeriale. Si arriva persino a non vedere in esso che una semplice funzione accidentale. Crediamo pertanto necessario far presente agli ecc.mi ordinari che si impone da parte loro grande vigilanza su congressi, riunioni e iniziative analoghe, che vanno moltiplicandosi un po' da per tutto su questo argomento, nelle quali però non raramente si propugnano sentenze senza la minima prudenza per le ripercussioni che possono aversi nell'opinione pubblica o nella coscienza dei seminaristi. Questa sacra congregazione considera naturalmente tale problema come fondamentale, e pertanto ha iniziato, con le altre sacre congregazioni interessate, un lavoro di studio e di ricerca, di cui le conferenze episcopali verranno debitamente informate a tempo opportuno. Per il momento ci limitiamo a dire che tutto ciò che potrà esserci fornito dagli ecc.mi ordinari su questo argomento, sia come informazione, sia come elemento di riflessione, sarà da noi ricevuto con grande riconoscenza.

3 - Struttura del seminario

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Un certo numero di orientamenti " legittimi certo, anzi necessari " come l'accento posto sull'importanza della persona umana nella formazione del futuro sacerdote e il realismo di questa formazione attraverso un congruo contatto con il mondo; la gravità estrema di certe situazioni pastorali, come quelle dell'America latina e di qualche altro paese, spingono alla ricerca di soluzioni che portano una vera rivoluzione nella struttura del seminario, soprattutto mediante la creazione di piccole comunità distinte e separate tra di loro. Tutto ciò sta a dimostrare l'opportunità, spesso la necessità, di una ricerca spassionata in questo campo; tuttavia crediamo che sia altrettanto indispensabile avere ben chiara " in questa ricerca e nei conseguenti esperimenti " l'idea di che cosa sia un seminario, per prevenire quelle soluzioni estreme che non potrebbero non essere considerate come incompatibili con il fine perseguito dalla chiesa e con l'idea che la stessa chiesa ha di un seminario. Questa sacra congregazione, in seguito alla richiesta avanzata a questo riguardo da una conferenza episcopale, ha preparato sull'argomento una "Nota", che riteniamo conveniente accludere a questa nostra lettera ( Allegato 1).

4 - I seminari minori

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Il sinodo dei vescovi ha offerto l'occasione per sollevare alcune questioni in merito ai seminari minori. D'altra parte il decreto conciliare Optatam totius ha indicato chiaramente il pensiero della chiesa, misurato ma fermo, su questo punto (n. 3). E' innegabile tuttavia che l'istituto del seminario minore è un po' ovunque in questione. Sembra pertanto necessario " soprattutto quando si deve dare un giudizio su questo argomento " richiamare ciò che la chiesa pensa al riguardo. E' quanto questa sacra congregazione ha cercato di fare, aderendo alla richiesta di alcuni ecc.mi ordinari, nella "Nota" che ci permettiamo accludere alla presente ( Allegato 2).

5 - La formazione spirituale


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In tutti i seminari è sentito particolarmente vivo il problema della formazione spirituale dei candidati al sacerdozio. L'attenzione degli educatori deve oggi dirigersi soprattutto verso i fondamenti stessi della formazione spirituale, cioè la fede spesso minacciata. D'altra parte a causa delle trasformazioni che si stanno operando viene compromesso un certo equilibrio, mentre l'ambiente esterno al seminario fa sentire il suo influsso sul seminario stesso in modo sempre più determinante. Esiste inoltre il fatto che una grande quantità di usi e di esercizi spirituali " che richiedono senza dubbio delle revisioni e che non corrispondono più ai bisogni dei giovani " tendono a sparire, senza che vengano sostituiti con qualcosa di altrettanto valido. Ora essi corrispondono a delle finalità che non possono ritenersi sorpassate, e che esigono la creazione di nuovi metodi adatti ai nostri tempi.

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Per tale motivo questa sacra congregazione si propone di preparare un documento a questo riguardo, che invierà prossimamente alle conferenze episcopali. Anche a tal proposito ci permettiamo di scrivere agli ecc.mi ordinari che farebbero cosa a noi particolarmente gradita e utile se volessero manifestarci il loro pensiero sia per informarci, sia per dare suggerimenti. Inoltre, come è noto a vostra eccellenza, l'enciclica Sacerdotalis caelibatus ha annunciato la preparazione di un "direttorio" circa la formazione dei candidati al celibato. Questo direttorio, che diventa ogni giorno più necessario, e che dovrà essere parimente adattato il più possibile alle esperienze e alla realtà presenti, è allo studio di questa sacra congregazione. Per il momento si è creduto bene dedicare un numero intero della rivista "Seminarium" (n. 4 del 1967) ai problemi riguardanti il celibato sacerdotale.

6 - Cooperazione e obbedienza

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Il decreto conciliare Optatam totius ha richiesto una formazione attiva in tutti i campi. Le necessità di questo nuovo orientamento non sono in alcun modo in opposizione con le esigenze dell'obbedienza. Su questo punto esistono numerosi equivoci, quasi che libertà e obbedienza siano valori più o meno antitetici. Questa sacra congregazione ha voluto portare un aiuto agli ecc.mi vescovi dedicando al problema dell'obbedienza un numero della rivista "Seminarium" (1967, n. 3). Come vostra eccellenza avrà certamente notato, la rivista da oltre un anno è interamente dedicata " con l'aiuto di eminenti scrittori " allo studio dell'uno o dell'altro aspetto della formazione sacerdotale, secondo le indicazioni date dal concilio. Il numero che tratta dell'obbedienza verrà pubblicato pure in fascicolo a parte, in lingua inglese e francese. La stessa rivista ha pure dedicato alcuni numeri (1966-67) sulla formazione spirituale ed uno sulla formazione attiva (1968, n. 2). Quanto alla partecipazione dei giovani alla vita del seminario questa sacra congregazione dovrà giungere, con l'aiuto delle conferenze episcopali, alla determinazione di alcuni principi chiari e fermi, atti non già a frenare una naturale evoluzione, ma a regolarla opportunamente.

7 - Il regolamento


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La questione del "Regolamento" nei seminari pone ai nostri giorni non pochi problemi. E' evidente che sopprimere ogni regolamento è un controsenso. Anche per questo aspetto della vita degli istituti di formazione ecclesiastica si impone un lavoro comune, che possa permettere di evitare passi falsi e conseguenze disastrose.

8 - L'ecumenismo

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La dimensione ecumenica deve essere presente nella formazione dei sacerdoti. Seguendo gli orientamenti del Segretariato per l'unità dei cristiani e le indicazioni della Sacra Congregazione per la dottrina della fede verranno date da questa sacra congregazione alcune direttive a questo riguardo. La congregazione inoltre preciserà ugualmente un certo numero di punti riguardanti le condizioni della cooperazione che, in certe nazioni, si cerca di instaurare tra seminari cattolici e acattolici. E' evidente però fin da ora che in questo campo nulla deve essere lasciato all'iniziativa personale, mentre, d'altra parte, è necessaria un'estrema prudenza, dal momento che sono direttamente interessati i giovani seminaristi, in via di formazione.

9 - Gli studi

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Il problema degli studi è già stato toccato, in parte, nelle lettere precedenti di questa sacra congregazione, e le conferenze episcopali hanno ricevuto in proposito delle indicazioni sotto forma di studi concernenti la filosofia, la teologia morale, la sacra Scrittura, la storia, la liturgia. Ci sembra tuttavia opportuno fissare delle norme molto generali, per fornire orientamenti valevoli per tutti in materia di studi. Questo importante lavoro potrà essere da noi compiuto quando avremo ricevuto dalle singole conferenze episcopali la risposta alla nostra richiesta di elaborare la nuova "Ratio institutionis sacerdotalis" di ogni nazione.

CONCLUSIONE

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Dopo aver esposto quanto sopra, questa sacra congregazione si permette di richiedere all'eccellenza vostra rev.ma:
1. Di volerci segnalare i punti sui quali si incontrano maggiori difficoltà per quanto concerne la formazione del clero.
2. I punti sui quali si desidera che la Sacra Congregazione per l'educazione cattolica compia degli studi più approfonditi, o sui quali dia subito delle indicazioni e delle direttive formali.
Crediamo che con questo scambio di informazioni si possa intensificare quella collaborazione che è nostra intenzione di avere con gli ecc.mi ordinari, e dalla quale, vogliamo sperarlo, non potrà che derivare un notevole bene per la formazione del clero del nostro tempo.
Mi è gradita l'occasione per esprimerle i sensi della mia stima e del mio ossequio, mentre mi confermo dell'eccellenza vostra rev.ma dev.mo in Gesù Cristo.

Gabriel Maria card. Garrone

Giuseppe Schrِffer , segretario

Roma, 23 maggio 1968


Allegato I: DIVISIONE DEI SEMINARI IN PICCOLE COMUNITA'?


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Alla congregazione è stata posta la seguente questione: Si può concepire un seminario diviso in piccole comunità situate in punti diversi della città, ciascuna delle quali legata a un gruppo parrocchiale ? Per la verità, il quesito non è nuovo e, in una forma o nell'altra " semplice domanda, suggerimento, articolo di rivista, sperimentazione... " è già giunto alla congregazione. Le esperienze concrete cui si fa spesso riferimento sono quelle del Seminario Giovanni XXIII a Lovanio, quella del Seminario delle vocazioni adulte di San Juan de las Misiones in Paraguay e quella del seminario del Nord-Est a Recife. Le tre esperienze, che hanno fatto parecchio scalpore, sono più spesso citate che esattamente conosciute. Ora, non se ne deve parlare che per conoscenza diretta, dal momento che si presentano in condizioni molto diverse da quelle che comunemente si attribuisce loro.

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Il seminario belga non interessa che gli anni di filosofia e non è per niente disperso nella città. Le piccole comunità occupano settori di un unico campus, e il regolamento comporta, con la presenza sacerdotale in ogni comunità, una vera vita comune soprattutto liturgica. Il seminario paraguaiano è una realizzazione molto modesta. Non comprende corsi di teologia e non interessa che vocazioni adulte. Ha una decina di alunni, nel quadro di una piccola cittadina dove non si può parlare di dispersione. Quanto all'esperienza del seminario del Nord-Est, era stato progettato un piano che effettivamente disperdeva molto le comunità. Giudicato incompatibile con una vera unità e con le condizioni di un'autentica formazione, per rispondere all'immediato, è stato ricondotto a un progetto più conforme alle esigenze di un seminario, entro uno spazio molto meno esteso, con una presenza sacerdotale più effettiva. Tale soluzione è inoltre considerata del tutto provvisoria e non può in alcun modo costituire la regola.

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E' dunque con estrema prudenza che si devono citare questi precedenti. Bisogna dare una risposta alla domanda iniziale, sia analizzando le ragioni per cui è stata formulata, sia con riferimento al pensiero autentico e costante della chiesa su tali materie. Quali dunque le ragioni generali cui ci si ispira per suddividere un seminario in piccole comunità? Quelle ragioni non sono infondate, se esattamente interpretate. Ma esse non possono essere considerate senza un esame e una critica seria sui danni da prevenire. Si è dunque portati a ripetere la vita e il funzionamento di un seminario tradizionale e, di conseguenza, a riconoscere come sola possibile e ragionevole una formula assai più limitata di quella intravista nella questione posta.

A quali profonde ragioni risponde il progetto di un seminario frammentato?

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Si possono rilevare due valori indiscutibili: la necessità di una formazione dove la personalità si sviluppi e si eserciti; la necessità o il desiderio di un autentico impegno nella vita della chiesa e del mondo. Ci si può legittimamente rifare al concilio stesso, e in particolare al decreto sulla formazione dei chierici, per richiedere da un seminario che coltivi la personalità, l'iniziativa, l'assunzione effettiva di responsabilità. Questo desiderio dei giovani, che è un'esigenza della chiesa, non può essere realizzato in qualsiasi condizione materiale e organizzativa. In particolare, la raccolta in un unico edificio senza divisioni interne di un numero considerevole di alunni sembra incompatibile con un'educazione della personalità dei futuri preti, e provoca nella loro coscienza un profondo rifiuto e irritazione. Effettivamente, l'ordinato funzionamento di un gruppo numeroso è impossibile senza l'aiuto di una "disciplina" severa, che è comoda per i "guardiani dell'ordine", evita al singolo di prendere le iniziative necessarie e crea nella psicologia dei giovani d'oggi un sentimento insuperabile di insoddisfazione. Il regolamento minuzioso può certo ed è potuto servire alla formazione di anime di grande talento, che accettavano di vedervi subito in ogni particolare un'espressione della volontà di Dio. Ma si deve riconoscere che esso è potuto essere spesso un modo facile per evitare un vero impegno educativo difficile e personale. Il contesto generale è divenuto tale che bisogna inventare un'organizzazione dove la cooperazione attiva di ciascuno sia condizione formativa essenziale. E non si vede perché dispiacersene.

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Così l'idea di una frammentazione del seminario è, a poco a poco, venuta a galla in tutte le forme e in gradi diversi, dal semplice gruppo fino alla "dispersione" che costituisce l'oggetto dell'attuale domanda. Ma questo non è l'unico aspetto del problema. Si può, più o meno formalmente, vederne un altro. In verità, la coscienza dei giovani d'oggi è molto sensibile al fatto che il seminario, nella sua struttura tradizionale di un'unica abitazione e più o meno chiusa, crea e coltiva un'atmosfera assai differente da quella reale. Il giovane prova malessere a sentirsi in un clima artificiale e dentro di sé teme di trovarsi un giorno immerso dal suo ministero nella realtà, con le risorse di un'educazione mancante. Per buona parte bisogna attribuire a questo sentimento l'incertezza generale dei giovani a impegnarsi. Ora l'apertura necessaria a una preparazione pastorale vera prende naturalmente la forma di un desiderio "d'inserimento" e conseguentemente " dal momento che non si vede sotto quale altra forma un tale inserimento si potrebbe realizzare " di un desiderio di frammentazione in piccole comunità, che condividono la vita vera degli uomini, o almeno dei preti.

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Queste, senza dubbio, le due aspirazioni fondamentali da cui prende l'avvio l'idea di una suddivisione del seminario. Tali aspirazioni non sono da svalutare. Esse comportano in profondità una giusta visione alla quale il seminario deve rispondere. Forse ugualmente bisogna attribuire un certo influsso, almeno fantastico, all'immagine che qua e là, sempre più, ci è data dalla necessità di una "concentrazione" " è il termine che il fenomeno ha preso in Olanda ". Certo, la riduzione degli effettivi, la mancanza di insegnanti, l'interesse di un aiuto reciproco per un insegnamento più qualificato conducono a considerare, attorno a un centro d'istruzione, la creazione di unità-satelliti, ognuna delle quali fa o farebbe riferimento sia a una congregazione religiosa, sia a una determinata diocesi. Anche se una tale organizzazione non risponde propriamente alla questione posta, forse non è senza influenza nel suscitarla.

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Qualunque sia il valore delle motivazioni ricordate, non si può dubitare che tale valore si complica, nella psicologia dei giovani, in particolare di aspirazioni meno valide o poco controllate, che possono costituire autentici pericoli e che pertanto bisogna prevenire. Il primo e più evidente pericolo è il passare da una ricerca educativa personalizzante alla ricerca di una vita pienamente indipendente. Un'educazione che non volesse far scoprire e accettare un'autorità, di un capo e di una norma, non meriterebbe il nome di educazione e non sarebbe in realtà che una rinuncia. In particolare, per le giovani generazioni, la scoperta dell'autorità e dell'obbedienza non può avvenire senza un grande sforzo: non ci si può ritirare davanti a questa esigenza fondamentale, e di conseguenza si deve prevenire con cura ciò che, nell'organizzazione, significherebbe al riguardo un cedimento di principi e una rinuncia. Se dunque il seminario deve, a poco a poco, rispondere alla richiesta legittima dei giovani che rifiutano di essere elementi passivi e anonimi nella massa; se ugualmente si devono accettare, malgrado il peso di questo impegno, i vincoli di un dialogo permanente, questo deve essere fatto in un contesto tale che rappresenti non un ostacolo ma un mezzo per scoprire le regole di una vita comune nella chiesa: quella dell'obbedienza, volontaria ma vera, schietta ma senza equivoco, libera ma non mortificata.

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Un altro pericolo è quello di cadere nella necessità analoga di un contatto con la realtà e nell'illusione di una pseudo-esperienza, o nella confusione oscuramente mantenuta tra la condizione sacerdotale e quella laica. In effetti, una vera educazione deve piuttosto dare la coscienza di ciò che vi è di nuovo e di imprevedibile in ogni esperienza, che pretendere di anticiparla. Niente è più dannoso per un giovane che giungere al contatto con la vita con l'illusione di non aver più nulla da imparare. E d'altronde, numerose esigenze profonde dell'animo giovanile chiedono innanzitutto una riformulazione interna della vita di seminario, piuttosto che la sua affrettata apertura. Da parte dell'autorità, questa è spesso una soluzione di comodo. Ad esempio, l'indirizzo pastorale dell'insegnamento sarà molto più il frutto di una ristrutturazione dall'interno, che una ricerca di conseguenze o applicazioni pastorali.

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Uno dei rischi più gravi che minacciano la vita sacerdotale consiste, per rispondere alle esigenze d'un contatto smarrito, nel cercare ai margini di un'assimilazione tra la condizione del prete e quella del laico, fino a cancellare tra le due ogni differenza essenziale. Non sono rischi del tutto improbabili e un'organizzazione seminaristica che non li riconoscesse rifiuterebbe le responsabilità assegnate dalla chiesa ai formatori di sacerdoti.

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A questi ultimi rilievi si lega l'idea spesso presentata di trasformare gli anni della formazione sacerdotale in anni di lavoro manuale, e anche di lavoro stipendiato, combinando più o meno perfettamente l'esercizio di questo lavoro con il lavoro intellettuale e la preparazione spirituale. Forse si può accettare l'idea di qualche esperienza del genere " una qualche forma di "stages" vuole essere una risposta e in alcuni paesi le vacanze sono abitualmente dedicate per pagare la retta del seminario " ma la conciliazione di un lavoro manuale serio con la preparazione propria del seminario sembra assolutamente da escludere, per la salute fisica dei giovani o la serietà degli studi. L'uno o l'altra sarebbe inevitabilmente sacrificata.

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Infine si deve ritenere, come ultimo grave pericolo, quello di non riconoscere la qualità eccezionale che deve avere un educatore di sacerdoti. Qualsiasi organizzazione seminariale, che accettasse di affidare quasi completamente la formazione dei giovani a persone o a una persona il cui equilibrio, giudizio, autorità non fossero integri, sarebbe un'organizzazione da condannare. Nessuna economia di uomini è possibile oggi di fronte ai giovani quali essi si presentano e di fronte ai problemi della chiesa.

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Tutti questi rilievi fanno recuperare alcune condizioni essenziali dell'istituzione seminaristica come la chiesa l'ha sempre intesa, definita e vissuta per generazioni. Qualunque sia la realizzazione concreta, lungo i secoli, del seminario, della casa che l'ospitava, del contesto in cui era posto, c'è un insieme di norme da cui non ci si può liberare senza svuotare di contenuto tutte le parole con le quali la struttura seminaristica è sempre stata presentata.

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Non si può parlare di seminario là dove manca una vera unità. Il seminario è un insieme ben organizzato, così che la funzione del responsabile può ancora avere un significato serio. La presenza diretta del responsabile in tutto ciò che dipende da lui è il fondamento dell'esistenza stessa del seminario. D'altronde, l'idea di seminario implica una vera unità del gruppo dei responsabili dell'insegnamento e della formazione intorno al responsabile principale. Il seminario tradizionalmente si è realizzato in modi molto differenti, ad esempio dal punto di vista della direzione spirituale, in un posto affidata ad uno solo, in un altro a più o a tutti; ma professori, direttori, rettore o superiore hanno dovuto sempre formare un "corpo". Mai più di oggi una tale unità si è imposta di fronte a circostanze nuove e a problemi sempre risorgenti. In particolare numerose deficienze sono derivate dal fatto che il seminario dissociava la formazione intellettuale da quella spirituale. Inoltre, il seminario ha la responsabilità, di fronte al vescovo, di presentare i futuri preti alla sua chiamata. Tale responsabilità è portata dall'intero consiglio dei formatori del seminario che, per formulare un giudizio di così grande rilievo, non è eccessivo che confrontino tra loro i rispettivi giudizi. Non si può parlare di seminario là dove quest'incontro abituale e questa consultazione non sono possibili o diventano fittizi.

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Poi, come si è detto, il quadro del seminario deve essere capace di preparare alla vita nella comunità sacerdotale. Deve far vivere l'esperienza di una comunità alla ricerca del bene comune, nella quale ognuno dia il suo apporto personale insostituibile, ma che accetti poi la decisione finale di un'autorità qualificata; di una comunità in cui la vita liturgica si presenti non come una semplice esperienza personale o come l'esperienza di una cappella, ma come esperienza stessa della chiesa trasmessa da chi ne ha l'incarico a un gruppo sufficientemente numeroso e omogeneo.

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Forse è possibile, con l'aiuto delle riflessioni precedenti, dare risposta alla questione iniziale. Non pare si possa accogliere l'idea del seminario diviso in piccole comunità sparpagliate nella città senza venir meno a qualcosa di essenziale al seminario come lo vuole la chiesa. In effetti, il contatto abituale e regolare non è più possibile come potrebbe esserlo invece ancora se si trattasse solo di edifici separati ma disposti su un unico campus, come avviene, ad esempio, nel seminario di Buffalo in America, o ancora nel seminario Giovanni XXIII; nell'ipotesi di comunità sparse nella città, l'unità effettiva di direzione è praticamente impossibile. D'altra parte ci si chiede qual è la diocesi nella quale si può riunire un numero di uomini di professionalità tale da affidare a loro soli piccole "comunità seminaristiche".

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D'altronde, ogni cambiamento che creasse una situazione davvero nuova rispetto agli usi, esigerebbe, per essere accettabile, l'accordo di tutta la conferenza, nel quadro di una "Ratio institutionis" approvata dalla Santa Sede. In breve, se si deve riconoscere l'interesse e la legittimità delle preoccupazioni ispiratrici di queste ricerche, si deve auspicare che nessuna iniziativa concreta prematuramente sembri fornire una risposta piena e sicura: questo, per la sua caratteristica radicale e semplicistica, sarebbe un modo di rinunciare all'educazione piuttosto che prepararne le migliori condizioni. Pare dunque necessario ricercare le ragioni profonde che fanno auspicare un cambiamento e ricercare pazientemente e progressivamente le risposte positive senza rompere con l'essenziale.


II Allegato: I SEMINARI MINORI


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Il problema dei seminari minori si impone un po' ovunque nella chiesa, in modo acuto. Si tratta di un fatto grave, perché denuncia un malessere o una crisi che è alla fonte stessa, o per lo meno alla fonte tradizionale, delle vocazioni: non possiamo quindi trattarlo con leggerezza né abbandonarne la soluzione al rischio di iniziative o di tentativi mal ponderati, per non dire avventurosi, in cui l'avvenire del sacerdozio si potrebbe trovare compromesso. Perciò la congregazione non può sottrarsi alle interpellanze che le giungono da ogni parte su questo tema. L'oggetto della presente lettera è di far conoscere, tenendo conto dei fatti, le conclusioni che si impongono a tutti, in conformità con la dottrina della chiesa. Questa dottrina esiste: perciò non si può sacrificare senza rischio un'esperienza della chiesa, e il concilio Vaticano II non ha esitato a tracciare sul tema dei seminari minori le linee, perfettamente e saggiamente misurate, del lavoro da compiere e delle condizioni che esso richiede.

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Nella crisi che si manifesta in tutto il mondo circa le vocazioni, la loro ricerca e il loro sviluppo, i seminari minori non potevano non essere il punto più sensibile. All'età del seminario minore, la vocazione in effetti è un indizio più che una promessa assicurata: i seminari devono operare una selezione e questa comporta inevitabilmente delusione, cioè scoraggiamento, quando l'eliminazione assume proporzioni considerevoli. D'altra parte è indubbiamente proprio a livello dei seminari minori che si sono affermati in modo assai crudo l'invecchiamento e il non adeguamento. Per questo si è giunti ad accusare l'istituzione e perfino a criticarla così severamente, che ne può derivare un abbandono.

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E' proprio quel che avviene oggi. La critica ai seminari minori è generalizzata : vi si rinuncia o si cerca di scoprire qualche istituzione di tipo nuovo da sostituire ad essi, in particolare dei "convitti" che mobilitano meno personale, assicurando un più ampio contatto umano. In questa situazione ci sono motivazioni d'ordine generale e motivazioni proprie dell'uno o l'altro caso, di questo o quel paese. Le motivazioni d'ordine generale, che spiegano questo stato di cose, sono numerose: situazione generale della fede, situazione dell'ambiente familiare, situazione scolastica, psicologia della gioventù contemporanea...

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Tradizionalmente la ricerca delle vocazioni si è svolta a livello di infanzia. Il candidato al seminario era, quindi, meno frutto di un travaglio personale della grazia, anche se questo travaglio era reale, e più frutto di un ambiente cristiano. I tempi sono cambiati e nel mondo l'integrità e la carica religiosa sono diventate singolarmente meno perfette. E' normale che i segni di una chiamata divina siano oggi meno percepibili di ieri, e il germe più lento a svilupparsi.

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L'ambiente cristiano, nel quale si manifestavano questi segni di vocazione, era anzitutto l'ambiente familiare. Ora è esso forse che ha più duramente registrato nel suo insieme l'effetto di una nuova condizione della vita religiosa. Rispetto al passato, nella maggior parte dei casi questo ambiente ha perduto un po' del suo tono, e indubbiamente è meno chiuso, meno ripiegato sul bambino. Il bambino oggi cresce in larga misura a stretto contatto con il mondo, del quale subisce molto presto gli influssi. Laddove questo ambiente familiare ha conservato o ritrovato una reale qualità cristiana, le vocazioni continuano a sbocciare; ma questa non è più la situazione comune. E perfino non è raro che la famiglia cominci a essere il principale ostacolo non solo per lo sviluppo e il discernimento di una vocazione, ma anche per la sua realizzazione.

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Inoltre, in tutti i paesi il regime scolastico si è evoluto. In genere l'insegnamento è controllato più strettamente o organizzato dallo stato: diventa più rigoroso e più tecnico. Di conseguenza esige delle concentrazioni che sottraggano il ragazzo agli influssi immediati, grazie ai quali un tempo la vocazione poteva manifestarsi. Per di più, la scolarizzazione è un sistema complesso che deve prolungarsi per parecchio tempo e, di conseguenza, prepara in anticipo l'avvenire. Da questo punto di vista possiamo dire che pian piano tutto è cambiato nel quadro finora classico di orientamento dei ragazzi verso un seminario. Il fatto oggi più evidente e assolutamente universale è costituito dalla diminuzione del reclutamento a livello delle classi elementari dei seminari.

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Parimenti occorre tener conto della psicologia nuovissima della gioventù d'oggi. Essa si trova mescolata, da una informazione incontrollata, a tutti i rumori del mondo. Partecipa all'orientamento generale che va nel senso di una affermazione precoce della personalità, di una riluttanza a subire una costrizione ritenuta non assolutamente necessaria e inevitabile. La famiglia e i vari animatori incontrano dunque più difficoltà di un tempo nello svolgere la loro opera in buone condizioni di prudenza e di efficacia.

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Anche le situazioni specifiche di ciascun luogo (paese, diocesi...) sono diverse. Occorre mettere in rilievo: la penuria di professori qualificati , la diminuzione del numero degli alunni , e soprattutto, in profondità, il mancato adeguamento abbastanza generalizzato dell'istituzione. Il seminario minore, per quanto concerne l'insegnamento, si pone al livello comune a tutti i giovani della medesima età in un determinato paese. Deve comunicare le stesse conoscenze generali che si danno in ogni istituzione scolastica analoga. Sia per superare gli esami, sia anche solo per svolgere coscienziosamente il proprio ruolo e in particolare permettere il reinserimento scolastico dei ragazzi che si scoprissero senza vocazione, il seminario deve dunque disporre di insegnanti e di mezzi degni dello scopo da perseguire. Ora molte diocesi non hanno gli uomini in numero sufficiente per questo compito e, d'altra parte, le esigenze tecniche diventano sempre più rigorose.

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Il numero degli alunni può anche scendere al di sotto del livello critico, cioè del minimo indispensabile affinché una istituzione scolastica possa esercitare sanamente la sua funzione educativa. Quando il numero degli alunni diventa troppo piccolo, questi non sono più stimolati da un ambiente sufficientemente carico e si crea un clima di stanchezza e di angoscia che rovina a poco a poco le volontà di lavoro e paralizza le energie di tutti, alunni e insegnanti. Un ambiente siffatto serve solo a perdere le vocazioni e ad occupare inutilmente i responsabili. Bisogna cercare un'altra forma di istituzione, o almeno un raggruppamento.

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Occorre soprattutto forse notare il ritardo di questa istituzione nell'interrogare se stessa circa le finalità e i metodi. Indubbiamente qui sta la sorgente di una disaffezione e di un distacco progressivo che riducono il numero degli alunni. Infatti qui si possono scoprire negligenze accumulate col tempo. In molti casi il seminario minore non è stato pensato per se stesso. Esso non è che un seminario maggiore in miniatura: stessa casa, stesso superiore, stesso regolamento o quasi. Si suppone acquisita una vocazione, quando invece si tratta semplicemente di studiarla. Ne scaturisce un'atmosfera che paralizza e soffoca lo sviluppo umano e spirituale. Parimenti capita che il seminario minore non faccia alcuna differenza tra le varie età e tratti con gli stessi metodi ragazzi di dieci anni e adolescenti di sedici o diciassette anni. Si può segnalare inoltre una separazione radicale dalla famiglia che è contraria a tutte le indicazioni della psicologia, della ragione e anche della carità. Tutto questo, non adeguando lo strumento, tende ad allontanare e le famiglie e i giovani. A tale proposito il concilio ha raccolto un'ampia e pesante documentazione, di cui ha tenuto grandissimo conto e che ha contribuito ad orientare la sua posizione. Se ritiene valido il principio del seminario minore, lo fa a stretta condizione di una trasformazione profonda nella maggioranza dei casi.

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Evidentemente oggi esiste il pericolo, di fronte ai risultati scoraggianti e a certe situazioni veramente angosciose, di lasciarsi andare ad un gesto di disperazione, spezzando deliberatamente lo strumento, salvo a presentare poi come un'autentica trovata ciò che si cerca di sostituirvi. Ora su tale materia la linea è stata definita dal recente concilio. Le sue direttive hanno valore di documento conciliare in cui si esprime la saggezza della chiesa e che non si può rifiutare senza riconoscere la luce che guida questa stessa chiesa.

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In contrapposizione con quanto si dice del seminario maggiore, va rilevata la duttilità degli orientamenti conciliari circa i seminari minori. Essi tengono conto della grandissima diversità di situazioni; certi paesi non hanno mai conosciuto l'istituzione di seminari minori allo stato puro, ma soltanto scuole secondarie dove le vocazioni si manifestavano in un contesto educativo cristiano non specializzato; in altri paesi il seminario minore restava invece il mezzo normale e quasi la premessa e l'anticipazione del seminario maggiore stesso; altrove si è andati avanti fluttuando da un metodo all'altro. Quindi non possiamo parlare qui, come per il seminario maggiore, di uno strumento unico e indispensabile. La dottrina conciliare tiene conto anche dell'evoluzione prodottasi e dei nuovissimi contesti, scolastici in particolare, nei quali ci si trova ormai impegnati.

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Questa larghezza di vedute porta a tre conclusioni complementari affermate molto esplicitamente: il carattere normale, benché non indispensabile , di una istituzione destinata a giovani che danno segni o accettano l'eventualità di una vocazione; la legittimità di ricerche e di esperienze differenti, se le circostanze lo richiedono; l'assoluta e urgente necessità , in qualunque ipotesi, di un adattamento. Bisogna studiare questo testo con cura, chiarendolo con gli elementi storici che ne spiegano la genesi e, attraverso i rilievi dei padri conciliari, la struttura definitiva...

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Il decreto conciliare , che presenta il seminario maggiore come necessario, a proposito del seminario minore lascia una giusta libertà. Infatti tiene conto del pluralismo già esistente nella chiesa. Ma non manca tuttavia di mettere sul seminario minore un accento speciale e di considerare come avente la sua piena ragion d'essere questa istituzione destinata a giovani o adolescenti che si orientano verso il sacerdozio. E' questa del resto la dottrina che ritroviamo per esempio nel discorso di Pio XII del 5 novembre 1957 ( AAS 49, 1957,§450). Ma ben inteso a condizione di un aggiornamento profondo nella linea della Menti nostrae. L'istituzione ha uno scopo ben preciso: "favorire i germi di vocazione" (can. 1353). Ne scaturisce l'obbligo di un regime in armonia con l'età e le età; un contatto più stretto con le realtà della propria famiglia, della parrocchia, delle organizzazioni giovanili. A tale scopo devono essere utilizzati i mezzi della comunicazione sociale, seguendo le indicazioni della prudenza educativa. Il seminario deve preparare in un clima di autentica libertà la scelta della vocazione e rendere possibile con tutta serenità la scelta di un'altra strada. Tutti gli interventi conciliari che hanno preparato il decreto sottolineano l'importanza di una formazione religiosa originale, di una direzione spirituale adeguata, di una formazione intellettuale e di una cultura che mettano gli alunni del seminario minore al livello dei giovani della loro età. Si deve ricorrere a tutti i mezzi legittimi, quando sono necessari.

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Questa attenzione del concilio verso i seminari minori non esclude la legittimità delle ricerche e delle differenti esperienze, purché mirino espressamente al medesimo scopo e facciano uso dei mezzi adatti. Questa linea tiene conto di una situazione già esistente nella chiesa e delle nuove condizioni che possono portare alla creazione di nuovi strumenti.

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Quali conclusioni dobbiamo trarre da questa analisi dei fatti e da questo richiamo dei principi? 1. Se l' importanza del luogo (grande città, diocesi vasta), oppure la solidità di una tradizione (intensità di vita cristiana, solidità delle istituzioni...), oppure ancora la presenza di risorse in personale e in denaro permettono di garantire l'esistenza di un seminario minore, bisogna mantenerlo. Si può addirittura dire che, in caso contrario, bisogna crearlo. Ciò che non è possibile ad una sola diocesi può esserlo per varie diocesi che uniscono i loro mezzi; e le esigenze tecniche di un insegnamento di qualità spesso raccomanderanno indubbiamente la soluzione di un seminario minore regionale.

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2. Resta inteso e fondamentale che la istituzione deve essere ovunque rinnovata , tenendo conto dei fattori nuovi, delle direttive conciliari, e spesso dei ritardi gravi nella gestione materiale, scolastica, disciplinare e morale di queste case. Possiamo così riassumere le esigenze attuali: edifici adatti; mezzi finanziari per un funzionamento normale; educatori preparati (magari nel quadro degli istituti di cui il sinodo ha previsto la creazione); insegnanti altamente qualificati; presentazione esplicita della finalità autentica del seminario; metodo educativo adeguato, in conformità con le esigenze espresse nei due decreti conciliari sui seminari e sull'educazione cristiana; assenza totale di qualunque pressione che rischia di impedire una libera scelta; eventualmente rapporti di collaborazione con le scuole ufficiali, se richiesti dalla necessità di un insegnamento qualificato e se la conferenza lo giudica possibile con prudenza.

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3. Ma un seminario minore di tal genere non può essere concepito semplicemente come un centro più o meno chiuso di studio e di crescita delle vocazioni, anche se la sua organizzazione è rinnovata e il suo equipaggiamento intellettuale e culturale perfezionato. Esso dev'essere concepito come il centro di uno sforzo globale al servizio delle vocazioni , come il punto di partenza, il punto di collegamento e il simbolo di una attività che interessa, in una diocesi o una regione, l'avvenire del sacerdozio, della vita religiosa e delle missioni.

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4. Anzi, il seminario minore può essere accettato e può svolgere il suo ruolo solo se diventa, al servizio delle vocazioni, un organismo nel quadro di una pastorale della gioventù, scolastica e universitaria. E questa pastorale potrà essere reale ed efficace soltanto se mobilita tutte le forze attive: sacerdoti, religiosi, laici; famiglie e individui; movimenti di azione cattolica...

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5. La concezione del seminario minore, seguendo le direttrici conciliari, non può che adattarsi alle circostanze , ai bisogni e alle possibilità dei diversi luoghi. La conferenza episcopale non può imporre ad un vescovo la forma del suo seminario minore e impedirgli le iniziative, ma deve fissare in comune le linee direttrici e i principi che permettono, in un dato paese, particolarmente in funzione della legislazione e dell'ambito scolastico, un certo accordo senza il quale le iniziative possono guastarsi a vicenda.

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6. Almeno sul piano nazionale si impone l'attenzione alle vocazioni adulte che una pastorale deve permettere di scoprire sempre più numerose, e la creazione di istituzioni adatte per preparare i giovani alla vita e agli studi di un seminario maggiore.

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Queste conclusioni non danno la soluzione ai problemi che l'episcopato si pone e cerca di risolvere. Tuttavia riportano le iniziative nella linea voluta dalla chiesa, e a questo titolo non potranno essere prive di interesse. Non possiamo nemmeno dire che si tratti di un banale richiamo di principi già conosciuti. In effetti, su certe linee resta da fare quasi tutto e si può sperare che entrando risolutamente in questa via vi si incontrerà la benedizione di Dio. Alcune domande sono sufficienti per far sentire subito come siamo generalmente ancora molto lontani dall'essere entrati nella realtà delle cose.

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A che punto è , nell'insieme della chiesa, l'unità di impegno al servizio delle vocazioni ? In qual misura abbiamo superato la tappa degli sforzi paralleli, cioè concorrenti: diocesi, religiosi, congregazioni religiose tra loro, missionari? Il carattere anormale e talvolta apertamente scandaloso di certe attività in questo ambito lascia sconcertati, quando si pensa alla gravità della posta in gioco. A che punto è generalmente una pastorale della gioventù? Ha quella coerenza, quella integralità tali da garantire alla ricerca delle vocazioni un quadro sano e indispensabile? Chi può dirlo? Certi settori sono ancora lasciati in abbandono e non c'è unità.

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In qual misura il seminario minore, là dove esiste, è diverso da una casa in cui si formano future vocazioni? In quale misura è il centro di partenza e di collegamento di tutte le energie che si esplicano, o dovrebbero esplicarsi, al servizio dei germi deposti da Dio nelle coscienze? Cosa si fa a livello dei giovani più adulti , in particolare del mondo universitario, affinché con l'aiuto di una assistenza religiosa attenta, le anime chiamate possano riconoscere la chiamata?

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E potremmo continuare con domande di questo tipo. Nessuna formula, nessuna istituzione può supplire alle risposte che questi interrogativi attendono. Ma solo nel quadro di risposte vere a tali domande possiamo sperare di dare alle istituzioni esistenti il loro valore, o scoprire le istituzioni che sarebbe opportuno creare. Il male principale di cui ha sofferto questa istituzione sta nel fatto di non essere stata né pensata per se stessa (spesso il seminario minore era una specie di seminario maggiore in scala ridotta), né pensata all' interno di un contesto pastorale integrale.