LA FORMAZIONE TEOLOGICA DEI FUTURI SACERDOTI


INTRODUZIONE

 

1. Tra i molteplici segni dei nostri tempi spiccano in modo particolare mutamenti profondi nella cultura e nella teologia. È un fermento che interessa la vita di tutta la Chiesa, ma in primo luogo la formazione teologica dei futuri sacerdoti. Come in tutti i settori formativi anche qui si notano nuovi orizzonti di ricerca, nuovi metodi, nuovi interessi e spostamenti di ac­cento. In questi ultimi tempi si è accumulata al riguardo una quantità di problemi che esigono l'attenzione di tutti i respon­sabili, invitandoli ad un serio esame.

2. È per questa ragione che la Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica si permette di indirizzare ai Rev.mi Vescovi e ai loro collaboratori nell'educazione del clero un do­cumento sulla formazione teologica dei candidati al sacerdozio. Diversi motivi esigono che l'argomento sia trattato con la do­vuta ampiezza e profondità: alcuni intrinseci al processo for­mativo teologico (come accennato sopra), altri estrinseci, quali le mutate circostanze dei tempi, le condizioni della vita e del ministero sacerdotale, i problemi dell'evangelizzazione, le ne­cessità generali della Chiesa. Nella situazione attuale l'insegna­mento teologico riveste importanza primaria e molte speranze si ripongono nel suo auspicato rinnovamento. Una adeguata e aggiornata preparazione teologica dei candidati appare uno dei mezzi migliori per ridare vigore ai seminari e offrire un fondamento sempre più solido alla vita spirituale del clero e al suo ministero pastorale.

3. Per procedere con ordine e chiarezza si è ritenuto oppor­tuno:

I. esporre alcuni aspetti della situazione attuale;
II. richiamare alcune esigenze dell'insegnamento teologico, de­rivate dalla natura stessa e dalla funzione propria della teologia;
III. formulare alcuni orientamenti per l'insegnamento teolo­gico in generale e per quello delle varie discipline in particolare;
IV. stabilire norme pratiche da osservare in tutti gli istituti ai quali è affidata la formazione teologica dei futuri sacerdoti.


I ASPETTI DELLA SITUAZIONE ATTUALE

I. Nuove istanze del ministero pastorale


4. 1) Un primo motivo per cui occorre dedicare speciale cura all'approfondimento della formazione teologica deriva dalle mu­tate condizioni in cui i sacerdoti in avvenire dovranno eserci­tare il loro ministero. Meno numerosi, per la diminuzione generale delle vocazioni, essi si vedranno associati a responsabi­lità più vaste nel quadro di un contesto pastorale articolato in ministeri alcuni dei quali affidati ai diaconi ed ai fedeli. In virtù del loro specifico carattere i sacerdoti parteciperanno più da vicino alle sollecitudini dei loro vescovi, assumendo compiti pastorali sempre più generali e complessi, assieme a iniziative molto impegnative sia nella diocesi che fuori. Tale accresciuta responsabilità pastorale richiederà ovviamente una non comune competenza teologica e sicurezza dottrinale.

5. 2) Inoltre i sacerdoti eserciteranno il loro ministero in una Chiesa in movimento ed in cerca di adattamenti alle nuove ne­cessità emergenti nel suo interno e nel mondo. In tali circo­stanze, la solidità teologica costituisce un presupposto indispen­sabile, sia per interpretare correttamente i segni dei tempi, sia per far fronte a nuove situazioni, evitando l'immobilismo e le avventure.

6. 3) I sacerdoti di domani saranno anche pastori di uomini adulti, più critici, più informati, immersi in un mondo ideo­logicamente pluralistico, dove il cristianesimo sarà esposto a molteplici interpretazioni e sospetti da parte di una cultura che si fa sempre più estranea alla fede. Sarà loro impossibile eser­citare il proprio servizio alla fede e alla comunità ecclesiale senza una forte formazione teologica, iniziata fin dal seminario e con­tinuata in modo permanente. Né va dimenticato il fatto che oggi è cresciuta la cultura teologica di molti laici, i quali frequen­tano scuole e facoltà di teologia; il che esige dal clero un alto livello di preparazione teologica.

7. 4) Infine, c'è da prevedere che la fede stessa dei sacerdoti di domani sarà esposta a maggiori pericoli che nei tempi pas­sati. Infatti, l'esperienza già mostra le difficoltà incontrate da alcuni sacerdoti nel superare la prova dell'incredulità e dello scetticismo ambientale. La formazione sacerdotale deve prevedere questa dura situazione: difficilmente si potrà restare fermi nella fede e confermare i propri fratelli credenti, senza una for­mazione teologica che sia all'altezza di un tale stato di cose.

8. 5) Le considerazioni fin qui fatte mettono in evidenza che il sacerdote non può accontentarsi di una formazione preva­lentemente pratica e culturalmente ridotta. Benché non ogni sacerdote sia chiamato ad essere specialista in teologia, tuttavia esiste affinità tra ministero pastorale e competenza teologica. Dai sacerdoti si attende che esercitino un vero ministero teo­logico nella comunità cristiana, senza per questo essere teologi di professione. Vescovi e sacerdoti, infatti, sono, come pastori, responsabili della predicazione ufficiale nella Chiesa.

II. Nuovi compiti della teologia

9. La formazione teologica, di cui si è cercato di sottolineare l'importanza, deve comunque far fronte a situazioni e a problemi nuovi. Numerose esperienze e necessità di varia specie indu­cono a mettere in risalto alcune componenti della ricerca e dell'insegnamento teologico, che sembrano di una certa urgenza in vista dei molteplici compiti attuali.

10 1) In passato, la teologia sviluppava il suo discorso in un mondo culturale che le era abbastanza omogeneo, per il fatto che la fede della Chiesa ispirava le culture e i costumi. Questo ambiente è ormai profondamente mutato. Secolarizzato e spesso indifferente verso il problema religioso, il mondo d'oggi non è più in sintonia con la fede e con la predicazione della Chiesa. È dunque necessario operare perché il Vangelo possa essere com­preso dai nostri contemporanei. Si tratta di trovare un linguag­gio adatto per loro. Tale compito però è troppo grave e delicato per essere lasciato alle improvvisazioni e alle iniziative indivi­duali. Esso giustamente spetta alla teologia, la quale è chiamata a darvi il suo contributo di solidità scientifica e di chiarezza dottrinale.

11 2) Sull'attività teologica, oggi incide notevolmente anche il dialogo ecumenico che, mentre spinge i teologi a nuove ricer­che nell'ambito della storia e delle fonti, esige un nuovo clima nella teologia e in tutta la Chiesa. Si impone innanzitutto il compito di riscoprire la dimensione ecumenica della teologia e di formulare le verità della fede «con più profondità ed esattezza e con quel modo di esposizione e di espressioni, che possa essere compreso anche dai fratelli separati».(1)

12 3) A interpellare oggi rigorosamente la teologia è altresì la vita della Chiesa. Essa suscita questioni inedite, in nome di una nuova prassi, che esige di essere analizzata e, se possibile, inte­grata nella fede. Qui appare l'importanza dell'azione pastorale che provoca la riflessione teologica e stimola l'insegnamento teo­logico a farsi più vivo e attuale, senza perdere la sua autenticità. Questa funzione della teologia è necessaria per il servizio del popolo di Dio.

13 4) Inoltre gravi problemi del mondo moderno interpellano in misura crescente la teologia. La costituzione Gaudium et spes ha dimostrato l'interesse della Chiesa per l'intera famiglia umana. Negli ultimi anni la teologia si è fatta più sensibile verso i problemi economici, sociali, politici dell'umanità, visti nella luce del vangelo. Una consapevolezza maggiore circa le implicazioni e le conseguenze sociali del dogma ha suscitato un grande fer­mento non solo sul piano dell'azione ma anche su quello della riflessione propriamente teologica. Ciò non può essere disat­teso nella formazione del clero.

14 5) Per adempiere la sua missione al servizio della Chiesa di oggi, la teologia deve realizzare l'incontro con le scienze umane. Certo, queste non sono più ignorate dalla teologia; anzi alcuni dei loro apporti sono già stati in un certo senso «canonizzati» in modo tale da essere legati alle formulazioni storiche della fede. Ma la teologia, mentre è convinta che dall'enorme sviluppo attuale di dette scienze potrà trarre vantaggi sempre maggiori, non si nasconde certi disagi che un tale incontro comporta nel momento presente: il diffondersi delle scienze umane nella men­talità e nella cultura odierna rende manifeste, in alcuni settori, le insufficienze di un certo linguaggio teologico; inoltre, il grande prestigio che esse godono influisce su alcuni ambienti teologici in modo tale che la scienza sacra ne esce menomata, perdendo la sua specificità. Credendo di fare teologia, si fa invece storicismo, sociologismo, ecc. È bene tenere presenti queste difficoltà. Si rende pertanto urgente la necessità di delineare accu­ratamente il terreno epistemologico della teologia nei rapporti con le altre scienze.

15 6) Un altro fenomeno che caratterizza la situazione attuale è la perdita di quella unità che si aveva nell'insegnamento teologico classico. Le discipline teologiche si sono aperte a nuovi problemi, a nuove filosofie, a nuovi apporti delle scienze. Di conseguenza, le questioni concernenti la religione sono dive­nute sempre più complesse, soggette a diverse interpretazioni. Si è aperta così la via a un certo pluralismo. Tracciare i legit­timi e necessari limiti a tale pluralismo è uno dei compiti della teologia contemporanea. Ciò rende ancora più urgente un suo rinnovato insegnamento.

16 7) Finalmente nell'insegnamento attuale della teologia si fa sentire sempre più la difficoltà di conciliare la brevità del tempo a disposizione con l'enorme sviluppo avuto dalle varie disci­pline teologiche. È evidente che in tale situazione non è possibile un insegnamento enciclopedico che offra risposte esaurienti a tutte le questioni teologiche oggi dibattute. Perciò si impone una ristrutturazione di tutto l'insegnamento, perché sia in grado di dare al seminarista una visione coerente e globale del mistero cristiano.


II ESIGENZE DELL'INSEGNAMENTO TEOLOGICO

I. ESIGENZE FONDAMENTALI

17 La complessa situazione, ora descritta, non può lasciare in­differente l'insegnamento teologico. Esso ha alcune esigenze fondamentali che derivano dalla natura stessa della teologia e dalla sua funzione.

1. Natura della teologia

18 1) È necessario anzitutto richiamare l'attenzione sulla natura della teologia. Pur rinnovandosi e adattandosi alle esigenze dei tempi, la teologia rimane, nella continuità della tradizione, fe­dele a se stessa come scienza della Rivelazione cristiana. La fides quaerens intellectum, cioè la fede che spinge a cercare e a sviluppare la propria intelligibilità, consegue mediante la teologia il suo scopo in forma più alta e sistematica. L'oggetto di cui si occupa la teologia non sono le verità acquisite mediante la ragione, ma le verità rivelate da Dio e conosciute mediante la fede. L'ambito della fede è in ogni caso invalicabile per la teo­logia. Il progresso della stessa non può consistere nel confon­dersi con le altre scienze, fuori della prospettiva della fede.

19 2) Nell'ambito della fede la teologia risponde sia alle istanze del dinamismo interno della fede - cum assensu cogitare -, sia alle interpellanze della cultura, per integrare la fede nel con­testo psicologico e sociale contemporaneo, in mezzo agli interrogativi e alle preoccupazioni fondamentali dell'uomo moderno.

20 3) Come scienza che nasce dalla fede e che si svolge nell'ambito della fede e al servizio della fede, la teologia assume il discorso della ragione e i dati delle culture per meglio com­prendere il proprio oggetto. Perciò essa gode di uno statuto particolare nell'articolazione delle varie scienze, anche religiose, con le quali non può essere confusa, come non può essere co­stretta nei loro metodi.
a) In particolare essa non può essere confusa e ridotta alla storia delle religioni o dei dogmi, alla psicologia religiosa, alla sociologia della Chiesa, ma conserva la sua natura e la sua funzione specifica anche nel quadro epistemologico delle discipline che si occupano della religione.
b) Nelle condizioni socio - culturali determinate dallo svi­luppo delle scienze umane e naturali, la teologia assume i risul­tati sicuri di queste scienze e tiene conto della mentalità e dello spirito che esse generano negli uomini, come delle interpreta­zioni che l'uomo dà di se stesso a ogni generazione. Per questo essa può e deve svolgere un discorso documentato, pertinente e accessibile, soprattutto sui punti del dogma e della morale, che riguardano l'origine, la costituzione, il comportamento, lo sviluppo, la condizione e il destino dell'uomo, senza venir meno ai dati certi e immutabili della parola di Dio.(2)

21 4) La teologia cattolica non può prescindere dalla dottrina e dall'esperienza vissuta nell'ambito della Chiesa,(3)nella quale il Magistero custodisce e interpreta autenticamente il deposito della fede contenuto nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. Perciò il teologo cattolico, nel campo dell'esegesi come anche in altri campi del suo lavoro scientifico, non può incondizionata­mente seguire i metodi o accettare i risultati delle teologie oppo­ste o estranee alla Chiesa. Il conformismo acritico a tali teolo­gie, oltre a non rispondere alla specificità della teologia cattolica, non e nemmeno nell'interesse di un vero ecumenismo.(4)

22 5) La teologia, avendo per oggetto delle verità che sono prin­cipi di vita e d'impegno personale,(5) sia per ogni credente sia per la comunità di cui fa parte, ha una dimensione spirituale, per cui il teologo nella ricerca e nello studio non procede nella linea di un puro intellettualismo, ma obbedisce alle esigenze della fede attuando sempre più la sua unione esistenziale con Dio e il suo inserimento vitale nella Chiesa. In forza della sua stessa natura, la teologia ha carattere vi­tale, per cui, anche sotto questo aspetto, essa si colloca in un posto a sé nel quadro epistemologico delle scienze.

2. Funzione della teologia

23 Come scienza della Rivelazione cristiana, la teologia ha una funzione specifica nell'ampia sfera delle attività e dei ministeri che si svolgono nella Chiesa, comunità di fede e di carità, alla quale Dio ha affidato la Rivelazione e l'opera della salvezza compiuta dal Cristo.

24 1) La teologia indaga e approfondisce il dato rivelato, ne circoscrive i limiti e coopera al suo sviluppo omogeneo secondo le esigenze della fede(6) e le indicazioni dei segni dei tempi, nei quali essa legge i segni stessi di Dio.(7) Questa sua funzione essenziale non può essere emarginata o sorpassata in alcuna situazione contingente, e quindi nemmeno nel momento attuale.

25 2) Nello svolgere questa sua funzione, la teologia ha un'inci­denza rilevante nella vita spirituale, perché chiarisce e appro­fondisce il senso delle leggi della salvezza e della via del pro­gresso spirituale, che la Rivelazione offre alla vita cristiana. Ciò vale, anzitutto, per la formazione del futuro sacerdote a una illuminata e solida pietà, fondata sulla comprensione del suo ministero e sull'esatta valutazione della oblazione che la Chiesa gli chiede.(8)

26 3) Di qui risulta anche la funzione della teologia in ordine all'apostolato cristiano e specialmente al ministero pastorale, del quale essa fa scoprire l'inserimento nell'economia della sal­vezza e ne aiuta l'adempimento con le risorse dottrinali e le indicazioni pratiche che fornisce. Ne consegue la necessità di un'eccellente formazione teologica dei futuri pastori d'anime.(9)

27 4) In ordine all'edificazione del «Corpo del Cristo, che è la Chiesa» (Col 1,24), la teologia è chiamata a svolgere un'opera costruttiva, sia con l'elaborazione dei dati di fede e di morale desunti dalla Rivelazione al servizio del Magistero, che vengono applicati alle questioni del tempo presente; sia con la trattazione scientifica dei problemi che toccano il pensiero e la vita della Chiesa; sia con l'impegno per individuare, illuminare e risol­vere positivamente i punti critici che le situazioni presentano a livello dottrinale e pratico.(10) In particolare la teologia è chiamata a interpretare, assecon­dare e servire lo slancio operativo nascente dalla nuova coscienza missionaria della Chiesa. Ciò avviene specialmente nei rapporti con le religioni e le culture non cristiane, con le quali è neces­sario stabilire un incontro e condurre un dialogo, che, mentre avvicinano gli spiriti, rendono possibili nuove forme di evan­gelizzazione.(11) All'interno del mondo cristiano la teologia deve tener conto delle nuove esigenze ecumeniche, sia con lo studio delle fonti comuni, sia con l'approfondimento delle tesi delle varie Chiese e comunioni cristiane intorno ai punti controversi, sia con lo sviluppo della dimensione ecumenica dell'ecclesiologia e degli altri trattati che più hanno attinenza con il problema dell'unione dei cristiani.(12)

28 5) Di fronte ai problemi terreni dell'uomo e del mondo, la teologia è chiamata a cogliere le istanze umane ed evangeliche che sovente essi racchiudono, e a operare in modo da approfondirne i punti di contatto con il messaggio evangelico, senza nasconderne le divergenze. Essa deve far sì che le soluzioni, che oggi si tenta di dare a quei problemi, possano beneficiare della superiore forza illuminatrice e costruttiva del cristianesimo.(13) Rientrano in questo quadro problemi quali la nuova solidarietà tra le classi sociali e tra i popoli, la liberazione dallo sfruttamento e dall'alienazione dell'uomo, la partecipazione alla vita dello Stato e della società internazionale, la vittoria sulla fame, la malattia, l'analfabetismo, l'eliminazione della guerra come mezzo di soluzione delle contese tra i popoli, la creazione di sempre più adeguati equilibri apportatori di pace.(14) In questo senso la teologia svolge una funzione «politica» originale e insostituibile, perché illumina i problemi e dirige l'azione nei vari campi della vita dell'uomo, secondo le indicazioni e i precetti della parola di Dio.

II. LE COMPONENTI DELLA TEOLOGIA

29. In forza della sua natura e della sua funzione la teologia è una scienza unitaria, che si nutre alle fonti della Rivelazione ed enuclea i dati che vi trova ad lumen fidei, sia nel processo di investigazione positiva, sia in quello di elaborazione specu­lativa. Essa è pertanto positiva e sistematica insieme. La base, infatti, della teologia è lo studio delle fonti della Ri­velazione, volto a stabilire ciò che Dio ha rivelato. Questo stu­dio dell'auditus fidei, al suo livello scientifico, dà luogo alla teo­logia positiva. I risultati della teologia positiva sono l'oggetto di una ulte­riore elaborazione scientifica da parte della teologia sistematica, che, secondo le esigenze dell'intellectus fidei, cerca di penetrare il senso e di scoprire le connessioni delle verità rivelate, cosi da coordinarle in modo organico e unitario.(15) Queste due componenti della teologia - la ricerca storica e la riflessione razionale - non si possono mai separare del tutto, perché vi sono continue mutue interferenze, e le loro funzioni sono complementari: è necessario che esse si manten­gano in un costante equilibrio, senza che l'una cerchi di so­praffare l'altra.

1. Dimensione storica della teologia

Riguardo alla ricerca storica, che è predominante nella com­ponente positiva del lavoro teologico, l'indicazione da seguire è triplice:

30 1) Essa deve essere svolta con i propri metodi. Ciò comporta una legittima libertà di ricerca condotta su una seria base do­cumentaria, che però non risolva la teologia in pura filologia o critica storica. Fermarsi esclusivamente a tale livello compor­terebbe per la teologia positiva il rischio di diventare sterile e di tradire la sua missione.

31 Infatti, la teologia positiva deve riconoscere, come primo pre­supposto, il carattere soprannaturale del suo oggetto e l'origine divina della Chiesa. La sua elaborazione non può essere guida­ta dalla sola mente umana, ma altresì deve essere guidata dalla luce della fede e dal Magistero della Chiesa. I suoi fondamenti stanno nella teologia della Rivelazione, della ispirazione, della Chiesa. E questa ha la missione di custodire fedelmente e in­terpretare autenticamente la parola di Dio.(16)

32 2) Poiché vi è una dimensione storica della Rivelazione, della sua trasmissione e dello stesso Magistero che la custodisce e la interpreta, la teologia positiva deve ricorrere, oltre che ai suoi metodi tradizionali di ricerca (filologia, storia, critica storica), anche alla riflessione filosofica o filosofico-teologica. Tale rifles­sione ha come oggetto la natura della testimonianza, i rapporti che intercorrono tra i fatti e il loro significato, il carattere di questi rapporti, e quindi la relazione tra testimoni oculari e comunità credente, e inoltre, il carattere specifico del tempo della storia della salvezza e il carattere storico dei racconti e dei fatti.(17)

33 3) La necessità di ricorrere in questa parte positiva del lavoro teologico alla riflessione filosofica deriva anche dagli svi­luppi dell'ermeneutica moderna, dovuti alla particolare sensi­bilità che l'odierna cultura ha verso la realtà storica. Essa, in­fatti, attira l'attenzione dei teologi sul condizionamento storico del pensiero nelle sue varie espressioni, e con ciò stesso sulla differenza che passa tra il modo di pensare e di esprimersi dell'uomo moderno e quello che si riscontra nella Bibbia e nelle formulazioni tradizionali della fede. La teologia deve assumersi il compito di esporre e di reinterpretare i contenuti della fede, al fine di esprimerli in concetti comprensibili dagli uomini d'oggi, staccandoli dai mezzi espressivi del passato, che forse non sono più completamente accessibili nel presente. A tale proposito va però notato che «altra è la sostanza dell'antica dottrina del depositum fidei e altra è la formulazione del suo rivestimento».(18) Mentre soltanto quest'ultima può subire condizionamenti storici, trasformazioni e adattamenti, la pri­ma rimane immutabile e ferma. È, quindi, di somma importanza che il teologo nel suo lavoro sappia evitare gli scogli del puro positivismo e storicismo,(19) il quale ama spiegare tutti i fenomeni del pensiero e della morale unicamente con cause e condi­zioni storiche, e ciò fino al punto da ridurre ogni verità di valore permanente e oggettivo alla relatività delle contingenze stori­che. Il teologo, pertanto, per assolvere con successo i suoi gravi compiti, deve lasciarsi guidare, oltre che dal Magistero(20) e dalle norme esegetiche,(21) anche dai sani principi filosofici circa il va­lore oggettivo della conoscenza umana.(22)

2. Dimensione sistematica

34 La presente situazione, caratterizzata da una certa disaffe­zione per la filosofia, richiede innanzitutto che venga posta in debita luce la necessità e la natura della riflessione teologica voluta dal Concilio, il quale, «per illustrare quanto più integralmente possibile i misteri della salvezza», prescrive che «gli alunni imparino ad approfondirli e a vederne il nesso per mezzo della speculazione, avendo S.Tommaso per maestro».(23)

35 1) La riflessione teologica sistematica (intellectus fidei) è la continuazione naturale e necessaria del procedimento positivo, costituendo in qualche modo il suo culmine e il suo compi­mento. È vero che una certa riflessione è presente in ogni fase del procedimento teologico, anche in quella positiva; ma essa, sia nell'esegesi, al fine di determinare il senso dei singoli dati e concetti sparsi nella S. Scrittura, sia nella teologia biblica, riguardo ai temi fondamentali, non è sufficiente per fornire una com­prensione più adeguata e propriamente teologica dei dati rive­lati, e per darne una sistemazione organica e completa.

36 2) Soltanto una riflessione metodica, affinata ed elevata a livello scientifico con l'aiuto della filosofia, è in grado di pene­trare maggiormente la verità rivelata, sistemarne i vari dati e formulare in proposito un giudizio maturo.(24) Un tale ricorso alla riflessione speculativa non è semplicemente una caratteristica della Scolastica medievale. Esso risponde a una necessità della teologia e a una esigenza dell'intelletto, che tende a comprendere sempre più e sempre meglio.

37 3) Naturalmente la riflessione teologica sistematica non per­segue come finalità la speculazione per la speculazione, senza le­game vitale con le fonti della Rivelazione, ma tende a una comprensione più organica della parola di Dio, che rimane pre­sente alla speculazione come un suo momento interno. Il ruolo che spetta alla filosofia, in questa fase del proce­dimento teologico, non è quello di dominio ma di strumento. Né si tratta di un'attività puramente razionale, bensì di un proce­dimento che, pur essendo strettamente logico secondo i prin­cipi filosofici, è condotto ad lumen fidei. È, infatti, il costante riferimento alla fede che rende possibile scoprire, nei dati rive­lati, le connessioni vitali, l'ordine e il significato più profondo.

38 4) Dal momento che la Rivelazione, oggetto della riflessione teologica, non è soltanto una somma di verità diretta all'in­telletto, ma anche, e soprattutto, una comunicazione che Dio fa di se stesso all'uomo,(25) ogni autentica riflessione teologica comporta un atteggiamento di simpatia e di impegno persona­le verso l'oggetto del suo studio, una affinità dello spirito con le verità rivelate. Ne segue che la riflessione filosofica, se condotta bene, lungi dal mortificare la dimensione spirituale della teologia, la suppone e la richiede.

39 5) Il procedimento razionale, applicato ai dati della Rive­lazione, è irrinunziabile; con esso, infatti, sono connesse anche le questioni fondamentali del senso stesso della fede e del dia­logo con le scienze e le culture dell'uomo. La riflessione razio­nale dà luogo ad una teologia della parola, che non può essere sostituita da una teologia della prassi, la quale prescinde da ogni impegno metafisico e dissolve la teologia nelle scienze dell'uomo, riconducendola, per conseguenza, a un puro fenomenologismo e pragmatismo.

40 6) Anche se è molto diffusa la tendenza a sottovalutare l'apporto della riflessione filosofica alla teologia, e vi è, anzi, avversione per qualunque pensiero sistematico astratto, è tut­tavia necessario insistere sul valore della speculazione nella teo­logia dogmatica e morale, per garantirne la solidità e coesione. La speculazione, se bene intesa, non solo non rende lo studio arido e avulso dalla vita, ma gli conferisce una grande serietà di impegno veramente vitale e personale.

41 7) Anche oggi, dunque, è auspicabile che si costituisca e si sviluppi una teologia sistematica e organica che comprenda lo studio del dato di fede, quale risulta dalla ricerca storica e quale è proposto dalla Chiesa; la riflessione razionale su di esso alla luce della fede; l'interpretazione dei risultati raggiunti in una sintesi sempre assodata nei suoi elementi fondamentali; l'applicazione e la risposta alle istanze di pensiero e di vita - individuali e collettive - del tempo presente.

42 Come si vede, la teologia cattolica come scienza si distingue per il suo riferimento costante alla fede. Il rigore scientifico del procedimento, sia positivo sia sistematico, non esclude, ma esige, la presenza continua del sensus fidei, che guida e orienta dall'interno il lavoro teologico nel campo esegetico, patristico, liturgico, canonistico, storico, sistematico e pastorale. Data la sua identità e specificità, la teologia acquista pienezza di signi­ficato e sicurezza proprio dalla guida interiore della fede, convalidata da quella del Magistero.

III. ALCUNE CONDIZIONI DEL LAVORO TEOLOGICO

43 La situazione attuale della teologia e dell'insegnamento teo­logico è caratterizzata, da una parte, da una intensa applicazione allo sviluppo dei temi biblici e, dall'altra, da una nuova atten­zione alle correnti filosofiche, sociologiche, psicologiche mo­derne, dalle quali si ritiene di poter assumere non solo risultati di ricerche, analisi, sperimentazioni, ma anche categorie e cri­teri di pensiero. Questa apertura alle scienze dell'uomo e della natura, e ai problemi del tempo presente, porta alcuni a un certo distacco dal Magistero e dalla tradizione teologica e filosofica cristiana, con il rischio di costruire una teologia senza basi e all'infuori dell'ambito e delle prospettive della fede. Conviene pertanto fare alcune precisazioni circa le condi­zioni di un buon lavoro teologico in rapporto al Magistero, al patrimonio teologico e filosofico che ci proviene dal secoli passati, alla filosofia, alle scienze, e infine ai problemi e ai va­lori terreni che oggi sono oggetto di maggiore interesse. Si tratta ancora di un chiarimento sullo status epistemolo­gico della teologia come scienza della Rivelazione cristiana, in rapporto ai principi che permangono e alle condizioni storiche che mutano.

l. La teologia e il Magistero

44 1) La fede che la teologia cerca di comprendere e di appro­fondire, è la fede della Chiesa: la fede professata dal corpo della Chiesa (sensus fidelium), custodita e interpretata autenticamen­te dal Magistero ordinario e straordinario affidato da Gesù Cristo agli Apostoli e ai loro successori. Pertanto la Rivelazione e il Magistero formano un'unione naturale e inseparabile. Secondo il Concilio Vaticano II «è chiaro... che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter indipendentemente sussistere».(26) Perciò nella teo­logia cattolica il carattere ecclesiale della fede deve concretarsi necessariamente in un continuo riferimento al Magistero.

45 2) Il Magistero va considerato come autorità e insieme come servizio, in quanto «non è superiore alla parola di Dio, ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, e, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede, attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio».(27) Per questa ragione il Magistero non deve essere staccato dalla Chiesa e considerato come qualcosa che dall'alto incombe su di essa; deve, invece, essere considerato un ruolo, una funzione, un ufficio accompagnato da carismi nella comunità e per la comunità. Esso non è dunque un elemento esterno ed eterogeneo del lavoro teologico, bensì un suo momento interno e del tutto naturale, che non è di impedimento, ma di aiuto indispensa­bile; è un mezzo, una condicio sine qua non della teologia cat­tolica.

46 3) Il Magistero può e deve essere considerato e presentato:
a) come portatore, interprete e garante della regula fidei per l'unità della comunità dei credenti;
b) come ministero operatore di sintesi dei valori sicuri e comuni che emergono dalle varie sentenze ed esperienze;
c) come potere di giudizio sulla conformità tra i risultati di ricerche, riflessioni dei teologi, esperienze spirituali di persone e di gruppi, e la Rivelazione trasmessa nella tradizione, che il medesimo Magistero custodisce, interpreta autenticamente e propone ai fedeli.

47 4) La Chiesa ha il diritto e il dovere di esigere dal teologi la fedeltà al Magistero che, lungi dal pregiudicare la libertà della legittima ricerca, le dà positiva garanzia di autentica edificazione del Corpo del Cristo, che è la Chiesa. Infatti, il munus docendi è proprio dei Vescovi collegialmente uniti al Sommo Pontefice, nella linea della successione apostolica,28 ai quali, nella teolo­gia come in ogni forma di catechesi e di predicazione, non può sostituirsi il pensiero individuale. Questo conserva la sua funzione, ma solo per investigare, illustrare, sviluppare il dato og­gettivo che viene da Dio ed è custodito e proclamato dalla Chiesa. I teologi hanno nella Chiesa il compito di ricerca e di rifles­sione critica, e possono ricevere dal Magistero una partecipazione del munus docendi che gli è proprio (missio canonica do­cendi); il Magistero, però, conserva il potere di giudizio sul rap­porto delle elaborazioni teologiche con la parola di Dio. In par­ticolare la funzione propria dei professori di teologia nei seminari, che è di preparare idonei e buoni ministri di Dio - futuri maestri della fede - nella Chiesa,(29) comporta la massima fedeltà al Magistero ordinario e straordinario.

2. La teologia e il patrimonio teologico e filosofico cristiano

48 1) Nello stesso contesto del Magistero della Chiesa, si ricorda la fedeltà al patrimonio perennemente valido(30) del pensiero cri­stiano e specialmente all'insegnamento di S.Tommaso, di cui parla il Concilio.(31) E ciò non solo per l'impiego della filo­sofia in teologia, ma anche per la stessa valutazione del dina­mismo intrinseco di questa, in quanto quel patrimonio dottri­nale è espressione della continuità di vita di fede della Chiesa in momenti particolarmente intensi. Infatti, ben oltre l'ambito dell'autorità riconosciuta all'uno o all'altro dei grandi Padri e Dottori della Chiesa, la loro opera appartiene alla tradizione vivente della Chiesa, alla quale, per disposizione provvidenziale, essi hanno portato contributi di valore duraturo in epoche più favorevoli alla sintesi di fede e ragione.

49 2) È sotto l'impulso e nella linea di quella tradizione e alla luce dell'insegnamento del Dottore Comune che la teologia può e deve progredire, e l'insegnamento teologico può e deve essere impartito. Un tale inserimento nel dinamismo della tradizione preserva da un esagerato individualismo, garantendo quella og­gettività del pensiero a cui la Chiesa particolarmente tiene.

3. Relazioni tra teologia e filosofia

50 1)In merito al complesso problema del rapporto intrinseco, e non solo estrinseco, tra filosofia e teologia, conviene porre due premesse:
a) Vi è una radicale indipendenza della teologia da qual­siasi sistema filosofico. La teologia, infatti, si riferisce essenzialmente alla realtà della fede; ogni altro riferimento è strumen­tale. In questa prospettiva la teologia risulta libera di accogliere o di rifiutare le varie proposte filosofiche, in funzione della propria ricerca e riflessione; anzi essa mira ad accogliere piut­tosto i dati del senso comune - che più le servono per il suo sviluppo razionale - dalle filosofie che meglio li hanno ela­borati ed espressi, senza confondersi con esse.
b) Per la teologia è necessario recepire l'istanza critica che ogni filosofia, al di là dei suoi contenuti particolari, presenta non solo alla teologia ma anche alla fede. La teologia non può evitare un tale confronto se non vuole rimanere di fronte alle varie filosofie ingiustificata e incompresa. Essa, quindi, non deve chiudersi pregiudizialmente alle loro proposte.

51 2) In questa prospettiva si comprende la validità dell'atteggiamento della Chiesa in questo campo, che è duplice:
a) apertura a qualsiasi antica e nuova filosofia quanto agli apporti di valori reali e universali, che siano integrabili nella sintesi cristiana;
b) preferenza per quella filosofia le cui affermazioni fondamentali si armonizzano con i dati della Rivelazione, poiché non è possibile una contraddizione tra le verità naturali della filosofia e quelle soprannaturali della fede.

52 3) È chiaro, infatti, che non può essere accettata una filosofia che presenti una concezione della realtà in contrasto con la Ri­velazione. In certe circostanze, è accettabile un sano pluralismo filosofico(32) dovuto alla diversità delle regioni, delle culture, delle mentalità, potendosi raggiungere per vie diverse le stesse verità, le quali possono poi essere presentate ed esposte in modo diverso. Non è possibile, invece, ammettere un pluralismo filosofico che comprometta quel nucleo fondamentale di affermazioni che sono connesse con la Rivelazione, come avviene in certe filosofie affette da relativismo storicistico e da immanen­tismo sia materialistico sia idealistico. A causa di questo loro difetto radicale, si spiega perché oggi non è facile realizzare con esse una sintesi filosofica così come è stata realizzata da S. Tommaso d'Aquino con il pensiero filosofico dei pensatori antichi.

53 4) Per questo motivo appare giustificato l'accenno a S. Tom­maso nel decreto conciliare Optatam totius (n. 16), quando si parla della teologia speculativa, perché nella di lui filosofia sono limpidamente e organicamente enunziati e armonizzati con la Rivelazione i primi principi delle verità naturali, non in forma statica, ma con quel dinamismo innovatore proprio di S. Tom­maso, che rende possibile una continua e rinnovata sintesi delle conclusioni valide del pensiero tradizionale con le nuove conquiste del pensiero moderno.(33)

4. Apporto delle scienze dell'uomo e della natura

54 1) Dopo la filosofia, la teologia riconosce come sue preziose ausiliarie le scienze naturali, storiche, antropologiche. Infatti, il rapporto uomo - Dio sta al centro dell'economia della salvezza, nella quale la Rivelazione, e quindi la teologia, sono propter homines. Ora, le suddette scienze, ciascuna a suo modo, offrono alla teologia un valido aiuto per meglio conoscere l'uomo, uno dei termini di quel rapporto; allo stesso tempo la stimolano a meglio determinare il senso delle verità rivelate che si riferiscono all'uomo. Inoltre, il contatto con le scienze arricchisce tematicamente la teologia e le impedisce di isolarsi culturalmente in un mondo, come il nostro, in cui esse hanno ampia fioritura e suscitano interesse universale.

55 2) È però necessario tenere ben distinti i due campi e ope­rarvi rispettandone l'autonomia: infatti, le scienze e la teologia hanno oggetti diversi. Quindi, come le scienze non devono es­sere subordinate ad a priori teologici, così la teologia non può risolvere i suoi problemi in base a risultati o a ipotesi delle scien­ze. La teologia studia ciò che è al di là del campo di azione e di ricerca delle scienze: il mistero rivelato dalla parola di Dio. Ma se un problema teologico implica dei dati che sono oggetto di studio di una scienza (per es., quello delle origini dell'uomo e del mondo; le questioni di ordine morale e pastorale), la teo­logia non può non tener conto di ciò che di sicuro dicono le scienze in proposito.

56 3) La teologia, pur senza interferire nel campo delle scienze, può portare loro notevoli vantaggi, sia per il senso più com­pleto che essa dà dell'uomo e del mondo, sia per la gerarchia dei valori, alla quale essa continuamente richiama i cultori delle scienze, con l'orientamento generale del loro pensiero e della loro vita alla luce della verità divina. Si tratta, in fondo, del contributo di sapienza, di cui - come dice il Concilio Vaticano II - «l'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno (...), perché diventino più umane tutte le sue scoperte».(34)

57 4) Gli apporti delle scienze alla teologia passano general­mente (ma non necessariamente) attraverso la mediazione della filosofia, la quale oggi, tra gli altri suoi compiti, ha anche quello di vagliare l'immensa e complessa problematica posta dalle scienze e dalle soluzioni da esse prospettate, per trarne i dati di valore permanente nei confronti della ragione umana e quindi del rapporto con la Rivelazione. In base a questa opera della filosofia, la teologia può meglio valutare l'apporto reale delle scienze al suo lavoro.

58 5) Dal punto di vista metodologico la teologia, pur restando fedele alle esigenze del processo induttivo-deduttivo che le è proprio, non può non tenere conto dello spirito scientifico dif­fuso ampiamente dalle scienze dell'uomo e della natura e se­guire anche nel suo lavoro, per quanto le è possibile, quelle leggi della ricerca positiva, del controllo delle fonti e della ve­rifica dei dati, che presiedono alle scienze.(35) Essa però, pur apprezzando e utilizzando tale metodo, rimane pienamente con­sapevole del suo specifico status epistemologico, ed evita di confondersi con le altre scienze anche solo sul piano del pro­cedimento.

5. Applicazione della teologia alle realtà terrestri e assunzione dei valori umani

59 1) Tra i compiti della teologia vi è pure quello, indicato ai teologi dal decreto Optatam totius (n. 16), che li invita a impie­gare il metodo teologico anche in ciò che concerne l'applica­zione delle verità eterne alle mutevoli condizioni dei nostri tempi, in modo che gli alunni «imparino a cercare la soluzione dei problemi umani alla luce della Rivelazione, ad applicare le verità eterne alle mutevoli condizioni di questo mondo e comunicarle in modo appropriato agli uomini contemporanei». Inoltre lo stesso Concilio, nella costituzione Gaudium et spes, rivolge non pochi inviti alla teologia a dedicare sempre più la sua attenzione ai problemi della cultura e della scienza contemporanea, per rinnovare i temi della sua riflessione e contribuire così, «ad compositionem culturae cum christiana institutione» (n. 62).

60 2) È come un nuovo capitolo di epistemologia teologico­-pastorale che i teologi devono scrivere, partendo - in via me­todologica - dai dati di fatto e dalle questioni del tempo pre­sente, più che dalle idee e dai problemi di secoli lontani. Questo lavoro è reso difficile dalla complessa realtà cultu­rale e sociale del nostro tempo e dalle mutate disposizioni di spirito verso la teologia e la Chiesa; ma si tratta di un impegno di evangelizzazione, che i teologi non possono eludere.

61 3) Lo sforzo teologico, in tale campo, comporta in modo concreto il compito:
a) di integrare nella dottrina e nella morale cristiana ciò che di valido è stato espresso dall'esperienza delle realtà terrestri e dallo sviluppo dei valori umani;(36)
b) di illuminare le realtà terrestri e i valori umani - senza comprometterne l'identità - in ordine al regno di Dio;
c) di promuoverli e di ispirarli anche a livello della loro iden­tità naturale, meglio attuata nel riferimento ai valori e alle realtà trascendenti;(37)
d) di contribuire a decantarli dalle sopravvalutazioni mon­dane e secolarizzanti, che non raramente possono accompagnarli, e quindi a salvarne l'identità. Tutto ciò rientra nell'ambito di quell'umanesimo cristiano o plenario,(38) che ha il fulcro nel principio della gratia suppo­nens et perficiens (sanans) naturam.(39)

62 4) Il compito teologico in tale campo non significa una svolta antropologica o un antropocentrismo della teologia, che fini­rebbero con lo svuotarla del suo carattere di scienza di Dio e delle cose divine. Si tratta, invece, di dare maggiore rilevanza ai problemi dell'uomo, rendendo più attuale la teologia, ma senza alterare il rapporto uomo-Dio sul piano metafisico, gno­seologico ed etico. Tale rapporto, infatti, resta al centro della teologia e si risolve sempre in un definitivo riferimento a Dio.


III ORIENTAMENTI PER L'INSEGNAMENTO TEOLOGICO

I. ORIENTAMENTI GENERALI

63 Nel clima in cui si svolge, oggi, l'attività teologica e, in par­te, l'insegnamento della teologia nei seminari, emergono alcuni fatti caratteristici, tra i quali sembra si debbano segnalare so­prattutto la pluralità di tendenze, di interessi, di opinioni, con relativa mancanza di unità; il particolarismo delle ricerche, de­gli studi, dei temi, e delle stesse concezioni della teologia e dei suoi rapporti con la filosofia e le scienze, fuori di una sintesi organica e costruttiva; la giusta preoccupazione di trovare nell'uomo d'oggi un interlocutore attento della teologia e quindi reperire un tipo di discorso che lo interessi, non senza una ten­denza all'adattamento, che, spinta oltre certi limiti, potrebbe significare rottura con la tradizione e snaturamento della teologia. In questo clima s'impongono per l'insegnamento alcune esi­genze di ordine metodologico, che coinvolgono però la stessa identità e funzione della teologia.

l. Pluralità e unità

64 1) La pluralità nelle espressioni teologiche delle verità di fede, che caratterizza la situazione odierna, non è un fatto nuovo. Essa cominciò a manifestarsi fin dai primi secoli nelle sue cor­renti teologiche principali: l'orientale e l'occidentale. Poi con­tinuò nella varietà delle scuole teologiche sviluppatesi successi­vamente, partendo da diversi principi organizzativi e da diverse preoccupazioni fondamentali. Ognuna di esse rappresenta un accostamento al mistero, uno sforzo di interpretare la realtà data dalla Rivelazione. Nessuna può identificarsi con l'altra, se non sul piano delle verità rivelate che tutte cercano di comprendere, e sul piano della Chiesa che le riconosce.

65 2) Il pluralismo teologico odierno, a differenza di quello co­nosciuto in passato, si distingue per la sua ampiezza e profon­dità, fino a raggiungere forme radicali. Sotto l'aspetto quan­titativo esso è dovuto all'enorme mole di materiali accumulati da ogni disciplina, che la teologia considera e utilizza con una vasta e complessa articolazione di processi ordinativi. Ma dal punto di vista della impostazione e dello spirito della teologia, il pluralismo d'oggi è dovuto alla diversità dei metodi usati, alla varietà delle filosofie seguite, alla molteplicità delle ter­minologie e delle prospettive fondamentali. Queste e altre caratteristiche fanno sì che le nuove forme di pluralismo, instau­ratesi in modo particolare dopo il Concilio Vaticano II, ven­gano considerate anche qualitativamente diverse dai pluralismi precedenti.

66 3) La Chiesa, in passato, è stata non solo tollerante ma anche favorevole alla pluralità delle correnti teologiche, in quanto questa comportava lo sforzo di fornire nuove e migliori spie­gazioni per certi temi e problemi, affrontati sotto vari aspetti. Anche oggi la Chiesa favorisce e incoraggia un certo plurali­smo a scopi kerigmatici, missionari e pastorali, purché esso si­gnifichi un ulteriore arricchimento della dottrina ben chiara e definita della fede,in costante riferimento ad essa. La Chiesa, però, non può non deplorare un pluralismo arbitrario e caotico, che si serve consapevolmente dei sistemi filosofici più lontani dalla fede e delle terminologie più disparate, rendendo sempre più difficile, se non impossibile, una vera e propria intesa tra i teologi. Un tale fenomeno, che significa in fin dei conti una confusione di linguaggio e di concetti e la rottura con la tra­dizione teologica del passato, non può certamente essere con­siderato favorevole alla formazione dei futuri sacerdoti, e non è pertanto da ammettere nell'insegnamento teologico.

67 4) È assolutamente necessario che gli aspiranti al sacerdozio - in quanto principianti nello studio della teologia - acquistino, innanzitutto, una solida forma mentis alla scuola dei grandi maestri della Chiesa. Questi sono in grado di fare conoscere loro la vera scienza teologica e la vera dottrina cristiana. Del resto, ciò, appartiene all'economia dell'apprendimento e della formazione in ogni campo del sapere e della cultura.

68 5) In ordine alla formazione teologica degli alunni a qual­siasi livello, si dovranno applicare i seguenti principi concer­nenti il pluralismo:
a) Salvaguardare l'unità della fede. A tale proposito, è so­prattutto necessario distinguere il piano della fede, alla quale tutti sono obbligati ad aderire, e il piano in cui si può avere una varietà di scelte da essa consentite.
b) Rispettare, nell'ambito delle sentenze teologiche la dottrina comune della Chiesa e il sensus fide1ium. In teologia, in­fatti, esiste un nucleo di affermazioni certe, comuni e irrinunziabili che costituiscono la base di qualsiasi dogmatica cattolica. Esse non possono essere messe in questione, ma solo chiarite, approfondite, meglio spiegate nel loro contesto sto­rico e teologico.
c) Tenere conto, nell'ambito dei vari sistemi teologici, del loro ineguale valore. V'è innanzitutto da vedere se essi sono guidati soltanto da interessi particolari, limitati a qualche aspetto parziale, della verità rivelata, o se abbracciano tutto il mistero cristiano, organizzando e integrando un'ampia quantità di dati alla luce di principi semplici e di un valore che confina con l'universale. In ogni caso, un sistema sarà giudicato valido se non trascura nessuno degli aspetti essenziali della realtà e se si dimostra capace di assimilare vedute nuove, in una sintesi organica e armonica. Sotto questo aspetto la sintesi tomistica conserva pienamente il suo valore. Seguendo questi principi e criteri, l'insegnante di teologia potrà muoversi con sicurezza e agilità anche tra gli scogli del pluralismo odierno.

2. Prospettive di una sintesi

69 1) La teologia odierna, essendo protesa alla ricerca di nuove impostazioni e formulazioni, è segnata da un carattere di tran­sitorietà e provvisorietà, che la fa somigliare a un immenso can­tiere in cui l'edificio è realizzato solo in parte, mentre si accumula intorno ad esso un copioso materiale che deve essere integrato, nei limiti del possibile, in una nuova sintesi. Di conseguenza l'insegnamento teologico ha perso in molti casi la sua unità e compattezza, e offre un aspetto di frammen­tarietà e di lacunosità, che fa parlare di un sapere teologico atomizzato. Mancando la sistematicità e la completezza, non raramente si perdono di vista le verità centrali della fede. Non v'è nessuna meraviglia se in tale clima guadagnino sempre più terreno le varie «teologie» di moda, in gran parte unilaterali, parziali e talvolta infondate.

70 2) Queste difficoltà inerenti alla novità di molti problemi trattati dai teologi, alla vastità del loro interesse scientifico e al­lo stesso clima generale, non possono lasciare indifferenti i responsabili dell'insegnamento teologico anche nel corso istitu­zionale. L'ideale di unità e di sintesi, per quanto sembri diffi­cile, deve interessare sia i professori sia gli alunni. Si tratta di un problema di massima importanza, dalla soluzione del quale dipende in gran parte tutta l'efficacia, la vitalità e la pratica uti­lità degli studi. Esso abbraccia:
a) la sintesi delle varie dottrine tra loro;
b) la sintesi dei vari livelli dello studio teologico, per es., esegesi-teologia sistematica;
c) la sintesi tra scienze ed esperienze religiose in rapporto all'azione pastorale, ecc.

71 3) Tra i mezzi indispensabili per conseguire questo scopo, si segnalano i seguenti:
a) Sin dall'inizio degli studi è necessario «disporre meglio le varie discipline teologiche e filosofiche, facendole convergere concordemente alla progressiva apertura delle menti degli alunni verso il mistero del Cristo, il quale compenetra tutta la storia del genere umano, agisce continuamente nella Chiesa e opera principalmente attraverso il ministero sacerdotale». In un particolare Corso introduttorio, «il mistero della salvezza sia proposto in modo che gli alunni possano percepire il signifi­cato degli studi ecclesiastici, la loro struttura e il loro fine pa­storale».
b) È necessario un programma di studi dettagliato e coor­dinato che garantisca l'integrità e la coesione interna di tutto il corso teologico, la completezza delle materie da trattare, nonché una giusta impostazione e coordinazione delle singole discipline.
c) È insostituibile l'impegno personale dei professori, com­presi pienamente di un tale ideale di unità e di sintesi, e capaci di far rientrare le singole parti e i dati frammentari in un tutto organico, che essi già possiedono e a cui sanno riportare ogni considerazione parziale.
d) Di qui l'importanza delle lezioni magistrali che devono essere sufficientemente numerose e ben preparate. Il lavoro de­gli studenti in gruppi e i «seminari» dovrebbero servire per un approfondimento della sintesi e per imparare il metodo del lavoro scientifico. In ogni caso, questi metodi di studio personale da soli non possono sostituire le lezioni e non bastano per dare agli studenti una visione completa e sintetica delle ma­terie da studiare.
e) In vista della completezza dell'insegnamento e dell'auspicata sintesi della teologia, si rende necessario stabilire un canone fisso delle discipline principali, insieme con i temi basilari e centrali della fede da trattare obbligatoriamente; il prin­cipio di opzionalità a livello di formazione istituzionale deve limitarsi soltanto ad alcune materie ausiliarie e speciali, da pre­cisarsi con cura.
f) Il fulcro degli sforzi, per ottenere una maggiore comple­tezza e la sintesi, è costituito dal programma degli studi e dall'unità effettiva del corpo insegnante. S'impone, pertanto, un coordinamento e una collaborazione interdisciplinare, che dovrebbe essere in qualche modo istituzionalizzata, specialmente nella elaborazione dei programmi e nella suddivisione dei com­piti.
g) È necessario riconoscere e rispettare il ruolo importan­tissimo del prefetto degli studi, il quale deve essere all'altezza della sua missione e veramente efficiente. Egli cercherà di mantenere viva nel corpo insegnante la preoccupazione per la completezza e la sintesi, sforzandosi, insieme con i docenti, di evitare a ogni costo un insegnamento frammentario, polarizzato intorno ad alcune questioni di attualità, o limitato a certe teologie moderne parziali (per es., la teologia dello sviluppo, della liberazione, ecc.).

3. Vitalità e comunicabilità del sapere teologico

72 1) Forse mai, come oggi, la teologia è stata consapevole del fatto di essere al servizio della trasmissione del messaggio cri­stiano. Questa consapevolezza è stata notevolmente accentuata dal Concilio Vaticano II, il quale aveva ricevuto dal papa Gio­vanni XXIII la consegna di sforzarsi «ut haec doctrina certa et immutabilis, cui fidele obsequium est praestandum, ea ra­tione pervestigetur et exponatur, quam tempora postulant no­stra». A loro volta gli alunni desiderano che l'insegnamento teologico sia veramente vitale agli effetti spirituali, pastorali e sociali.

73 2) In forza della sua stessa natura, la teologia porta all'in­contro personale con Dio, suscitando in chi la insegna o la stu­dia uno stimolo alla preghiera e alla contemplazione. La spiritua­lità nascente da una vita di fede è come una dimensione interna della teologia, alla quale dà un sapore soprannaturale. D'altra parte, ai fini di una più intensa vita spirituale e di una adeguata preparazione pastorale è necessario un serio insegnamento scien­tifico, senza il quale a nulla valgono gli eventuali adattamenti ascetici e pastorali.

74 3) La vitalità della teologia in rapporto alla preghiera e alla contemplazione, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, si ottiene mediante il ricorso alla parola di Dio manifestata e operante nella storia della salvezza, che trova il suo centro vivificante e sintetizzante nel mistero del Cristo.Le verità della fede risultano tanto più vitali quanto più se ne vede la profonda unità nel Cristo, come si costata in modo particolare nei Padri e nella liturgia. Per questa ragione, un maggiore accostamento sia alla Sacra Scrittura, sia ai Padri e alla liturgia può considerarsi il mezzo più efficace per scoprire la forza vi­tale della formazione teologica. A tal fine servono evidentemente anche tutti i mezzi e gli sforzi sopra menzionati per dare all'insegnamento teologico maggiore coesione e unità.

75 4) La spiritualità è anche una delle principali componenti dell'adattamento pastorale; ma essa da sola non basta. Infatti, è più necessario un maggior contatto con la vita. A tale scopo si raccomandano ai professori utili contatti con la realtà pasto­rale, con i sacerdoti in cura d'anime, con i fedeli, specialmente con i professionisti credenti e colti. Grazie a tali relazioni, essi potranno diventare più consapevoli dei problemi reali che la vita quotidiana e il progresso scientifico pongono alla fede, e potranno così impostare le lezioni in maniera tale «ut alum­ni, hodiernae aetatis indole recte perspecta, ad colloquium cum hominibus accommodate praeparentur».

76 5) Per servire alla comunicazione della fede all'uomo d'oggi, la teologia suppone ed esige senza dubbio l'analisi delle sue di­sposizioni e delle sue capacità percettive in rapporto alle ve­rità che gli devono essere proposte. Essa poi si sforza di for­mulare le verità in relazione alla forma mentis dell'uomo, in maniera tale che possano acquistare per lui un reale significato e una rilevanza vitale, anche in rapporto ai problemi sociali, politici e culturali che più interessano il mondo odierno. In questo lavoro non si deve perdere il senso della trascen­denza del messaggio cristiano; né ridurre la teologia a una spe­cie di filologia, o di sociologia della religione, elaborate da un teologo; né abbandonare la tradizione classica della teologia; né trascurare l'oggetto vero della teologia, che è Dio.

77 6) Il compito, di cui sopra, pone ovviamente il problema del linguaggio teologico, che oggi è vivo anche per l'interesse che viene suscitato dalla problematica dell'ermeneutica moderna. La teologia deve sensibilizzarsi al linguaggio del mondo mo­derno se vuole radicarsi nella cultura e mantenere la possibi­lità di approccio con gli uomini contemporanei. Come dice a tale proposito il Sommo Pontefice Paolo VI, «occorre guar­dare avanti, per convalidare la integrità di tutta la dottrina, senza nessuna mutevolezza corriva alle mode caduche, nelle forme del linguaggio nuovo, al quale, a sua volta, non si pongono pre­clusioni se non quelle della assoluta fedeltà alla Rivelazione e al Magistero infallibile della Chiesa, del rispetto del sensus fi­delium e della edificazione nella carità».

II. ORIENTAMENTI PARTICOLARI PER LE VARIE DISCIPLINE TEOLOGICHE

78 Dopo avere indicato alcuni orientamenti generali, di par­ticolare attualità per l'insegnamento della teologia, si ritiene opportuno, ora, precisare alcuni orientamenti metodologici con speciale riferimento a quelle discipline teologiche che nell'attuale situazione si trovano al centro dell'interesse scientifico e de­vono affrontare problemi e difficoltà non comuni. Si è parlato finora della necessità di salvaguardare la natura specifica della teologia; di rispettare fedelmente le peculiarità del suo procedimento metodologico; di fare un giusto uso della riflessione filosofica, delle scienze naturali e umane; di cercare una maggiore coesione interna; di assicurare la vitalità e la pra­tica utilità del sapere teologico, in un contatto più stretto con le fonti della Rivelazione e con la vita. Tutto ciò incontra una risonanza molto più forte e concreta quando si tratta di fare delle applicazioni, all'interno delle discipline, quali l'esegesi, la teologia dogmatica, morale, la patristica, la teologia pastorale e fondamentale, di cui si tratterà in seguito. Tutte queste di­scipline - per il loro rapporto diretto che hanno o con le fonti, o con il nucleo centrale del mistero cristiano, o con la vita - si trovano oggi particolarmente interpellate sia dalle direttive conciliari, sia dall'odierna situazione generale.

79 l. La Sacra Scrittura

1) Il primo fatto, di cui bisogna tenere conto nell'insegna­mento teologico, è che la Sacra Scrittura costituisce il punto di partenza, un fondamento perenne e il principio vivificante e animatore di tutta la teologia. È, pertanto, necessario che il professore delle scienze bibliche svolga la sua missione con quella competenza e completezza scientifica che l'importanza della sua disciplina richiede. Egli, per essere fedele al suo compito, deve lavorare a livello del testo, a livello dell'avvenimento che esso racchiude e a livello della tradizione che lo comunica e lo interpreta. Deve ricorrere altresì al metodo dell'analisi te­stuale, letteraria e storica; ma deve anche mantenere nell'animo degli alunni il senso dell'unità del mistero e del disegno di Dio. Trasmessa e in parte nata nella Chiesa, la Scrittura deve essere letta e compresa nella tradizione ecclesiale.

80 2) Tale ruolo primordiale, che spetta alla Sacra Scrittura, non può non determinare la natura dei rapporti che intercorrono tra la medesima e la teologia, con le sue varie discipline. A tale proposito è necessario ricordare che essa non può essere con­siderata unilateralmente in funzione di dette discipline (come una fonte dei loci probantes), ma che tutta la teologia è chia­mata a dare il suo contributo a una migliore e sempre più profonda comprensione dei testi sacri, cioè delle verità dogmatiche e morali che essi contengono. Ne consegue che l'insegnamento della Sacra Scrittura, trattate tutte le questioni introduttive, do­vrà culminare in una teologia biblica, presentando una visione unitaria del mistero cristiano.

81 3) La teologia biblica, per servire veramente a una migliore comprensione della Sacra Scrittura, deve avere contenuti pro­pri, identificati secondo la metodologia specifica, e con una certa autonomia, cioè con l'attenzione esclusiva alla specificità e all'integrità del discorso biblico. Tale relativa autonomia non deve però significare indipendenza o antagonismo nei confronti della teologia sistematica, come purtroppo oggi si costata in certi casi. Tra la parte positiva e quella sistematica - ferma restando la specificità dei rispettivi metodi - deve invece intercorrere una feconda e costante collaborazione. Propriamente parlando, infatti, in teologia non esistono due tappe successive del lavoro, in quanto la parte speculativa si inizia già nella positiva; la po­sitiva è la speculativa in fieri; mentre la speculativa è la positiva al termine del suo movimento.

82 4) Per conseguire tale scopo, uno dei mezzi consiste nella cooperazione efficace e coordinata tra i docenti delle discipline maggiormente interessate: cioè l'esegesi, la teologia fondamen­tale, dogmatica e morale, al fine di arrivare a una conveniente divisione dei compiti, nonché a una più perfetta armonizzazione e strutturazione delle materie insegnate. Dal professore di Sacra Scrittura si attende, in particolare, una giusta apertura e comprensione per i problemi delle altre discipline teologiche, tenendo sempre presenti soprattutto le esigenze dell'integrità e della coerenza interna della fede, espresse nel principio dell'analogia della fede. L'importanza, giustamente attribuita oggi alle scienze bi­bliche, mentre accresce la responsabilità del biblista di fronte ai cultori delle altre discipline, non giustifica un suo atteggiamento quasi di indipendenza o di predominio. Egli dovrà, per­ciò, sentirsi soprattutto un servitore della parola di Dio, ricordan­dosi della delicatezza di non pochi problemi esegetici che, spe­cialmente nel corso istituzionale, devono essere trattati con pru­denza ed equilibrio, e ciò anche in considerazione dell'in­flusso che essi possono avere sulla catechesi e sulla predicazione.

83 5) Il professore di Sacra Scrittura sarà consapevole soprat­tutto dei compiti che il suo insegnamento ha in funzione della teologia dogmatica e morale, della teologia fondamentale del ministero pastorale e della vita spirituale dei futuri sacerdoti. Qui basterà ricordare che:
a) in ordine alla teologia sistematica, l'esegesi, per essere utile, deve elevarsi a una vera e propria teologia biblica;
b) in ordine alla teologia fondamentale, le scienze bibliche esigono un aggiornamento scientifico unito a un atteggiamento costruttivo nell'utilizzazione dei dati sicuri delle scienze in fun­zione della fede;
c) in ordine al ministero pastorale, è necessario offrire una visione possibilmente completa della Sacra Scrittura, non tra­scurandone i problemi più gravi, e guidare gli alunni al sa­piente impiego dei testi interpretati nel giusto senso;
d) in ordine alla vita spirituale, bisogna suscitare negli alunni rispetto e amore verso la Sacra Scrittura e addestrarli a servirsene per il loro profitto nella liturgia, nella pietà e nell'ascetica sacerdotale.

84 6) Per dare valore formativo all'insegnamento che parte dai temi biblici, il professore di Sacra Scrittura cercherà di coordinarli in una sintesi teologico-ecclesiale, ispirata alla Professione della fede cattolica, che esprime sinteticamente l'intelligenza che la Chiesa ha della Rivelazione. Tale procedimento permetterà di legare la teologia agli articoli fondamentali della fede cristiana.

2. La patristica

85 1) Un discorso analogo può essere fatto per la patristica, anche se non si può trasferire integralmente ad essa ciò che vale per la Sacra Scrittura, perché esistono evidenti differenze obiet­tive tra le due discipline. È infatti ugualmente necessario, nella patristica, come nelle scienze bibliche:
a) rispettare la specificità del metodo della ricerca sto­rica;
b) tendere all'unità dell'insegnamento teologico, evidente­mente attraverso le unità parziali da realizzare per quanto è possibile.

86 2) Uno degli scopi principali dell'insegnamento della patri­stica consiste nel delineare il quadro della teologia e della vita cristiana nell'epoca dei Padri nella sua realtà storica. Assegnare ad esso obiettivi diversi comporterebbe il rischio di frantumarlo e di renderlo sterile.

87 3) Inoltre, l'insegnamento della patristica deve tendere a dare il senso sia della continuità del discorso teologico, che cor­risponde ai dati fondamentali, sia della sua relatività, che cor­risponde agli aspetti e alle applicazioni particolari. In tale modo, essa potrà aiutare la teologia, globalmente intesa, a mante­nersi entro l'ambito della fede interpretata e custodita dal con­senso dei Padri.

88 4) Anche per questa ragione sarà opportuno curare il legame tra l'insegnamento della patristica e quello della storia della Chiesa, affinché contribuiscano alla conoscenza unitaria dei pro­blemi, degli avvenimenti, delle esperienze, delle acquisizioni dottrinali, spirituali, pastorali e sociali della Chiesa nelle varie epoche.

3) La teologia dogmatica

89 1) Il metodo genetico descritto per la teologia dogmatica dal Concilio Vaticano II,articolato nelle cinque tappe della Sacra Scrittura, della Tradizione patristica e della storia, della speculazione, della vita liturgica, della vita della Chiesa, con applicazione ai problemi d'oggi, garantisce un insegnamento ancorato ai dati rivelati, unificato nella storia della salvezza, sistematizzato e integrato in una visione completa della fede, vitale per il contatto con la liturgia e con la vita della Chiesa, aperto alle esigenze pastorali, grazie all'attenzione che si dà ai problemi dei nostri tempi.

90 2) Per realizzare tutte le possibilità di tale metodo e supe­rare le difficoltà che esso presenta, la prima condizione è di rispettare e applicare il principio della continuità della fede, pur nella necessità, per le generazioni successive, di comprenderla in modo sempre più pieno e sempre più adeguato alle necessità del mondo. Nella linea di questa continuità si devono considerare:
a) il riferimento necessario e continuo alla Rivelazione, che in quanto principio oggettivo e inesauribile della fede genera il dogma e le diverse espressioni della vita cristiana, in parti­colare la teologia;
b) l'intervento del Magistero ecclesiastico a fissare e definire le esigenze permanenti e irrinunziabili della fede;
c) la necessità e insieme la relatività della teologia, che sco­pre e mette in evidenza la profondità della fede;
d) l'esigenza della comprensione attuale della fede, integral­mente recepita e professata, in riferimento alla nuova situazione culturale e quindi al compito proprio della teologia.

91 3) La buona applicazione del suddetto metodo esige pure il giusto rapporto tra la dogmatica e le scienze bibliche, di cui si è già parlato. Il contatto diretto con la Sacra Scrittura comporta la pos­sibilità di un maggiore arricchimento tematico e un insegnamento più attivo e creativo, ma di conseguenza molto più impe­gnativo sia per il professore sia per gli alunni.

92 4) Da quanto premesso, emergono alcuni compiti specifici del docente di teologia dogmatica, specialmente per la parte positiva dell'insegnamento, sotto l'aspetto biblico e storico - ­patristico:
a) sotto l'aspetto biblico, egli deve tener presente che la Sa­cra Scrittura non serve solamente a fornire le prove, al fine di sostenere una tesi, ma anche e soprattutto come punto di partenza e fonte di ispirazione per tutto l'insegnamento;
b) sotto l'aspetto patristico - storico, deve possedere i risulta­ti delle indagini e degli studi monografici sui grandi maestri della tradizione cristiana, per utilizzarli non solo nella componente storica della teologia, ma altresì come guida nella riflessione cristiana e nella sistemazione organica.

93 5) Si terrà dunque presente la necessità di uno stretto coor­dinamento di discipline e di una cooperazione effettiva di do­centi nel rapporto tra parte positiva e parte speculativa della teologia, da impostare sulla base di due principi:
a) l'ampiezza e l'importanza della parte positiva del metodo genetico - storico non deve in nessun modo sminuire il peso che l'approfondimento speculativo deve avere nell'insegnamento;
b) l'integrità del metodo genetico - storico ammette una certa flessibilità, in considerazione della natura dei temi trattati: al­cuni in modo più positivo (per es., quelli sulla penitenza), altri in modo più speculativo (per es., quelli sulla grazia e sulla li­bertà, o sulla coscienza intima del Cristo).

94 6) Nell'insegnamento della dogmatica, oltre all'integrità so­stanziale del procedimento genetico, vi è da assicurare l'integrità materiale della disciplina, di modo che tutte le verità della fede vengano debitamente trattate. Ovviamente, si pone una scelta giudiziosa dei temi, nella quale bisognerà distinguere tra ciò che è essenziale e ciò che non lo è. Esiste, infatti, una «hierar­chia veritatum doctrinae catholicae, cum diversus sit earum ne­xus cum fundamento fidei christianae». Ma è evidente che nella dogmatica, come del resto nelle altre discipline principali del corso istituzionale, è esclusa ogni opzionalità, o una spe­cializzazione prematura.

4. La teologia morale

95 1) Il rinnovamento della teologia morale, voluto dal Con­cilio Vaticano II,si inserisce negli sforzi che la Chiesa sta compiendo per comprendere meglio l'uomo d'oggi e per an­dare incontro alle sue necessità in un mondo che è in fase di profonde trasformazioni. Si tratta di inserire il fermento evangelico «nella circolazione di pensiero, di parole, di cultura, di tendenze dell'umanità, quale oggi vive e si agita sulla faccia della terra». L'insegnamento della teologia morale concorre efficacemente a questo compito della Chiesa, e perciò esso va rinnovato e perfezionato secondo questa esigenza.

96 2) Per superare l'unilateralità e le lacune che la teologia mo­rale a volte ha presentato in passato, dovute in gran parte a un certo giuridismo, all'individualismo e al distacco dalle fonti della Rivelazione, si rende necessario chiarire il suo status epi­stemologico. Occorre quindi determinare il modo in cui essa deve strutturarsi in stretto contatto con la Sacra Scrittura, la Tradizione (accettata mediante la fede e interpretata dal Magistero) e in riferimento alla legge naturale (conosciuta mediante la ragione). Su questa base si può avviare una revisione e una nuova va­lorizzazione della teologia morale, anche in ordine alle sue ap­plicazioni spirituali, pastorali, «politiche». Così essa verrà posta a un autentico livello teologico. Detta impostazione è anche il primo presupposto perché la teologia possa venire incontro alle giuste esigenze della cosiddetta ortoprassi.

97 3) A questo scopo si deve anzitutto avere una coscienza vi­va circa il legame che esiste tra la teologia morale e la dogmati­ca, e che permette di considerare e trattare la morale come una vera e propria disciplina teologica, in conformità di tutte le fondamentali regole epistemologiche e metodologiche vale­voli per tutta la teologia. A questo riguardo conviene riportarsi alla grande concezione, messa così bene in risalto da S.Tom­maso d'Aquino che, come altri maestri, non ha mai separato la teologia morale dalla dogmatica e l'ha inserita, invece, nel di­segno unitario della teologia sistematica, come parte riguardante il processo nel quale l'uomo, creato a immagine di Dio e redento dalla grazia del Cristo, tende verso la pienezza della sua realizzazione secondo le esigenze della vocazione divina, nel contesto dell'economia della salvezza storicamente attuata nella Chiesa.

98 4) In forza dello stretto legame che esiste tra la teologia mo­rale e la dogmatica, si deve adottare nell'elaborazione della mo­rale lo specifico procedimento della teologia, sviluppando de­bitamente sia l'aspetto positivo sia quello speculativo, attin­gendo ampiamente alla Rivelazione e sviluppando ogni discorso in sintonia con il pensiero e la coscienza della Chiesa. Per quanto concerne la tematica da trattare, si raccomanda la stessa preoc­cupazione per la completezza materiale dell'insegnamento ri­chiesta per la teologia dogmatica.

99 5) Per la teologia morale, più che per le altre discipline teo­logiche, si deve tener conto dei risultati delle scienze della na­tura e dell'uomo, e dell'esperienza umana; i quali risultati, an­che se non possono ovviamente fondare o addirittura creare le norme morali,tuttavia, possono gettare molta luce sulla si­tuazione e sul comportamento dell'uomo, con la sollecitazione a ricerche, revisioni, approfondimenti delle dottrine interme­die tra i principi sicuri di ragione e di fede, e le applicazioni alla concretezza della vita. La mediazione tra la teologia mo­rale e le scienze dell'uomo e della natura avverrà attraverso un'approfondita riflessione filosofica, per la quale sarà di sti­molo la tradizione cristiana, che non ha mai mancato di porsi il problema dell'uomo con riferimento particolare alla sua na­tura, al suo destino ed al suo sviluppo integrale nel cammino verso Dio.

100 6) È pure necessario reintrodurre nella teologia morale l'aspetto dinamico che fa risaltare la risposta che l'uomo deve dare all'appello divino nel processo della sua crescita nel­l'amore, nell'ambito di una comunità salvifica. In tal modo la teologia morale acquisterà una dimensione spirituale interna, rispondendo alle esigenze di sviluppo pieno della imago Dei, che è nell'uomo, e alle leggi del processo spirituale descritto nell'ascetica e mistica cristiane. Ma proprio per questo la teo­logia morale deve mantenersi in stretto contatto con la teolo­gia biblica e dogmatica, tenendo in pari tempo presenti i compiti pastorali che i futuri sacerdoti dovranno assolvere nella direzione delle anime e nel ministero del sacramento della peni­tenza.

101 7) In modo particolare l'insegnamento della morale agli alunni che si preparano al ministero sacerdotale comporta uno stretto contatto e rapporto con la pastorale, dalla quale sarà stimolata a studiare i problemi posti dall'esperienza della vita, e alla quale fornirà schemi d'azione ispirati alle esigenze della parola di Dio e teologicamente fondati ed elaborati. Questa è la via del rin­novamento indicata dal Concilio Vaticano II: «Sub luce evan­gelii et humanae experientiae».

5. La teologia pastorale

102 1) Con particolare impegno si dovrà impartire l'insegna­mento della teologia pastorale, sia come dimensione di tutte le discipline teologiche, sia come scienza che interpreta e stimola le genuine istanze del ministero pastorale e ne orienta l'adempimento nelle circostanze attuali secondo le esigenze della fede, alla luce della Rivelazione.

103 2) La pastorale si mantiene in contatto con il reale, cioè con i problemi del ministero e con le soluzioni che ne vengono date nei vari tempi e specialmente nel tempo presente, ma è le­gata alla teologia e se ne vale in due momenti fondamentali:
a) interpella e stimola la teologia (specialmente la teologia morale), ponendole dei problemi che non può e non pretende di risolvere in modo autonomo e semplicemente empirico, per­ché su di essi bisogna proiettare la luce della fede;
b) studia le applicazioni pratiche delle soluzioni teologiche tenendo conto delle situazioni concrete e rispettando la plu­ralità delle scelte possibili, quando si tratta di materie opinabili.

104 3) Seguendo questi criteri, l'insegnamento teologico - pastorale risulta veramente formativo e pone le basi per un'azione bene impostata, che evita le timidezze e le frustrazioni, da una parte, e, dall'altra, certe iniziative imprudenti e temerarie, di cui una sana teologia fa vedere i difetti.

105 4) Dipenderà da tutti i professori di teologia nel corso isti­tuzionale rendere armonico, coerente e formativo l'insegna­mento della pastorale sia come aspetto di ogni disciplina, sia come sviluppo autonomo delle questioni riguardanti il mini­stero. Lo stesso ordinamento degli studi dovrà riservare un posto adeguato a questa materia. È pure da incoraggiare lo svolgimento del corso pastorale annuale alla fine degli studi istituzionali,senza escludere però tale insegnamento dagli anni precedenti, nei quali, secondo le esigenze e le possibilità locali, dovrà essere tenuto nella forma e nella misura più convenienti.

106 5) In ogni caso sarà sempre da tener presente che non si può omettere l'insegnamento della pastorale, come non si può pretendere di ridurre ad esso la teologia.

6. La teologia fondamentale

107 1) Tutte le materie teologiche suppongono come base del proprio procedimento razionale la teologia fondamentale, che ha per oggetto di studio il fatto della Rivelazione cristiana e la sua trasmissione nella Chiesa: temi questi che stanno al centro di ogni problematica sui rapporti tra ragione e fede.

108 2) La teologia fondamentale verrà studiata come disciplina introduttiva alla dogmatica e anzi come preparazione, rifles­sione e sviluppo dell'atto di fede (il «Credo» del Simbolo), nel contesto delle esigenze della ragione e dei rapporti tra la fede, le culture e le grandi religioni. Però, è anche una dimensione permanente di tutta la teologia che deve rispondere ai problemi attuali presentati dagli alunni e dall'ambiente in cui essi vivono e nel quale domani svolgeranno il loro ministero.

109 3) Ragione essenziale della teologia fondamentale è la rifles­sione razionale che il teologo, insieme con la Chiesa, partendo dalla fede, fa sulla realtà del cristianesimo come opera di Dio che si è rivelato e si è reso presente nel Cristo, e della Chiesa stessa come istituzione voluta dal Cristo per prolungare la sua opera nel mondo. Essa va quindi concepita come una teologia di dialogo e di frontiera, nella quale - oltre al confronto tra fede e ragione in termini astratti - si entra in contatto con le religioni storiche (induismo, buddismo, islamismo, ecc.); con le forme ri­flesse dell'ateismo moderno (specialmente di Marx, Freud e Nietzsche); con le forme vissute dell'indifferenza religiosa in un mondo secolarizzato, caratterizzato dal predominio dei pro­cessi tecnologici e industriali e dei valori economici; e, infine, con le esigenze degli stessi credenti che, nel mondo presente, portano in sé nuovi dubbi e difficoltà e pongono alla teologia e alla catechesi cristiana questioni nuove. Per rispondere alle esigenze e alle esperienze emergenti da queste varie categorie di uomini, la teologia fondamentale cerca di fissare il senso che, in tale situazione, hanno il Cristo, il suo messaggio, la sua Chiesa per suscitare e ottenere l'adesione di fede, come via per raggiungere Dio.

110 4) Tale impostazione della teologia fondamentale implica lo studio e l'esposizione del rapporto del cristianesimo con la storia, con il linguaggio, con le altre esperienze religiose, con le mistiche, le filosofie, le scienze, le condizioni umane. Ma il suo compito specifico resta quello di manifestare razional­mente, con un discorso valido per i credenti e per i non cre­denti, come il mistero del Cristo, presente nella Chiesa, non solo illumina ma attua e completa l'esistenza umana, superan­dola nel rapporto perfettivo e salvifico con Dio.

111 5) Lungi dalla tentazione di una riduzione antropologica della teologia fondamentale, l'insegnamento di questa materia avrà dunque un senso nella misura in cui servirà come intro­duzione al mistero totale del Cristo e, per ciò stesso, alla teologia. Questa funzione introduttiva comporta per il professore anche il compito di mettere in dovuto risalto gli elementi fon­damentali della epistemologia teologica, al fine di comunicare agli alunni un concetto esatto della scienza sacra.

112 6) È opportuno aggiungere che, sia nell'insegnante sia nel­l'alunno, la teologia fondamentale, esposta secondo le sue com­plete dimensioni, serve a sviluppare una personalità maturata nel confronto continuo tra fede e ragione, risolto in una supe­riore armonia, come risulta in tanti grandi maestri della tra­dizione cristiana. Essa aiuta il teologo e il pastore d'anime a vincere ogni complesso di inferiorità dinanzi ai dati della cul­tura e specialmente delle scienze, che essi utilizzano come espressioni della verità razionale, ma senza asservirvisi, secondo i criteri metodologici impiegati dalla teologia fondamentale. Questa, infine, serve per stimolare in tutti il coraggio della fede, senza il quale non è possibile la vita cristiana e nem­meno una buona teologia.

113 7) Per le ragioni suddette, la teologia fondamentale è da ri­tenersi come materia necessaria alla formazione teologica e pa­storale, e pertanto il suo insegnamento deve occupare nei programmi di studio un posto corrispondente alla sua impor­tanza.

7. Le altre discipline teologiche

114 Naturalmente, a una completa formazione teologica dei futuri sacerdoti concorrono anche altre discipline principali di grande importanza come, per es., la liturgia, il diritto canonico, la storia ecclesiastica, e quelle ausiliarie: la teologia spirituale, l'insegnamento sociale della Chiesa, la teologia ecumenica, la missionologia, l'arte sacra, il canto sacro, ecc. Queste o affian­cano le discipline principali o rientrano (come, per es., la ca­techetica e l'omiletica) nell'ambito della teologia pastorale.

115 Per esse valgono le direttive contenute in parte nei Documenti del Concilio Vaticano II (Cost. Sacrosanctum Concilium, Decr. Optatam totius, Ad gentes, Unitatis redintegratio, Orien­talium Ecclesiarum, Inter mirifica, ecc.) e, in parte, nella Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis e in vari documenti par­ticolari. Ognuna di queste discipline, mentre attenderà con solleci­tudine alle proprie problematiche e ai propri fini specifici, po­trà trarre grande vantaggio dal presente documento, soprattutto per quanto concerne una più viva presa di coscienza dei compiti attuali e la necessità di inserirsi in modo costruttivo nel discorso teologico, secondo lo spirito della fede.

IV NORME PRATICHE

116 A conclusione delle precedenti considerazioni, si ritiene opportuno formulare alcune proposizioni di carattere norma­tivo, specificando i doveri delle autorità preposte ai seminari, dei professori e degli alunni.


I. COMPITI DEI RESPONSABILI DELLA FORMAZIONE TEOLOGICA

l. Le autorità preposte ai seminari (Vescovi e conferenze epi­scopali, rettori)

117 Le autorità preposte ai seminari hanno la responsabilità di testimoniare e garantire che i candidati al sacerdozio pos­siedano, oltre agli altri requisiti, quella preparazione teologica che li rende atti ad adempiere il ministero dell'insegnamento della fede e della guida spirituale dei fedeli.

118 2) La preparazione dei futuri sacerdoti non potrà essere assicurata senza l'esistenza di un corpo docente efficiente e qua­lificato. Ne segue che i Vescovi e i rettori dei seminari non devono esitare di concedere ai candidati, particolarmente atti per gli studi superiori, il tempo necessario per conseguire i gradi accademici riconosciuti dalla Chiesa. Essi devono mettere a di­sposizione adeguati strumenti di lavoro (biblioteca, libri, riviste) e concedere loro volentieri dei periodi per l'aggiornamento.

119 3) La formazione dei futuri sacerdoti sia considerata nella diocesi come uno dei ministeri più importanti e, sotto certi aspetti, più esigenti. Infatti, la funzione d'insegnamento associa il professore a quella del Signore e Maestro, il quale pre­para i suoi apostoli ad essere testimoni del vangelo e dispensa­tori dei misteri di Dio.

120 4) Le presenti norme saranno efficaci soltanto se accom­pagnate da costante vigilanza da parte di tutti i responsabili dei seminari.

2. I professori

121 1) Il ruolo del professore è particolarmente importante a livello del corso istituzionale. È lui, infatti, che mostra la conti­nuità della fede, della tradizione e della vita attuale della Chiesa. È lui che assicura, nell'ambito dell'attuale pluralismo, l'adesione alle verità fondamentali e insieme i giudizi critici e le valuta­zioni equilibrate. È lui dunque l'elemento unificante, indispen­sabile per una completa formazione di base. È pertanto neces­sario rivalutare la funzione del professore, al quale la Chiesa, conscia della difficoltà della sua missione, desidera esprimere apprezzamento e riconoscenza.

122 2) Come servitore della parola di Dio, il professore di teologia è legato al Cristo e alla Chiesa. Il suo insegnamento si svolga in una prospettiva di fede nella parola dell'unico Signore e in una prospettiva di lealtà verso la Chiesa e il suo Magistero.

123 3) La pluralità delle scuole è nella Chiesa un fenomeno co­mune; anzi, sotto certi aspetti, essa può essere considerata un beneficio. È stato lo stesso Concilio Vaticano II che ne ha ri­conosciuto la legittimità e la fecondità. Tuttavia tale pluralità non deve trasformarsi in un pluralismo di sistemi all'infuori dell'unità della fede, che deve rimanere intatta. Sarebbe cosa deplorevole se si arrivasse a confondere il pluralismo teologico con quello della fede.

124 4) Nel suo insegnamento il professore dimostri di essere al corrente degli apporti più recenti della ricerca teologica, e sia in grado di proporli e di apprezzarli nel loro giusto valore. Si guardi tuttavia da quell'apriorismo che lo potrebbe indurre a ritenere come certe tutte le nuove ipotesi soltanto perché nuove, e come sorpassate tutte le posizioni anteriori solo per­ché meno recenti.

125 5) La teologia odierna sta prendendo viva coscienza della necessità di una collaborazione interdisciplinare. Ormai anche in teologia, come nel campo delle scienze profane, sono le èqui­pes dei professori, che devono dedicarsi a una conoscenza sem­pre più approfondita della fede. È, pertanto, auspicabile che i docenti dei seminari intensifichino tra loro quegli scambi che favoriscono il lavoro interdisciplinare a livello sia dell'insegnamento sia della ricerca.(40)

126 6) Nell'interesse di una maggiore efficienza formativa - so­prattutto di una preparazione teologica più sistematica, com­pleta e dottrinalmente sicura - si raccomanda l'introduzione di libri di testo aggiornati per le singole discipline, che costitui­scano la base sia per le lezioni sia per lo studio privato degli alunni.(41)

127 7) Poiché l'insegnamento teologico nei seminari è princi­palmente destinato a formare sacerdoti per il ministero pasto­rale, procurino i professori di tenere presente questa finalità pa­storale; e, per meglio comprenderne le esigenze, si mantengano a contatto con i parroci e con quanti lavorano nel futuro campo di azione dei loro alunni.(42)

3. Gli studenti

128 1) Gli studenti si sentano corresponsabili della propria for­mazione teologica. Infatti, come negli altri aspetti della for­mazione, così anche in quello dottrinale, è oggi richiesta una più attiva partecipazione dell'alunno, in conformità delle mi­gliori tradizioni pedagogiche, oggi rivalutate.(43)

129 2) Prima di iniziare gli studi teologici, gli alunni abbiano la necessaria preparazione sia letteraria(44) ,sia filosofica, a meno che il corso filosofico sia integrato con quello teologico. La formazione filosofica non comprenda soltanto la storia della filosofia ma soprattutto una riflessione organica sul mondo e sull'uomo, culminante nell'affermazione di un Assoluto perso­nale. Il corso filosofico, da compiersi secondo le norme prescritte, abbia la durata di almeno due anni.(45)

130 3) Gli studenti di teologia siano in grado di accedere alle fonti della riflessione teologica (in modo particolare del Nuovo Testamento, dei documenti del Magistero, delle opere dei Pa­dri della Chiesa e dei grandi Scolastici), e ciò mediante un'adeguata conoscenza del latino(46) e delle lingue bibliche(47) , come anche mediante la utilizzazione dei lavori di ricerca con­temporanea (traduzioni e commentari).

131 4) Nel corso teologico gli alunni si impegnino ad assistere attivamente e regolarmente alle lezioni. Quando, infatti, si tratta della trasmissione non di un semplice sapere ma di una tradizione di fede, come nel caso della tradizione cristiana, è insostituibile l'incontro con un maestro, il quale è nello stesso tempo testimone di questa fede, che ha illuminato e trasformato la sua vita. L'insegnamento diventa così, discorso del teologo credente e orante, nel quale coincidono l'intelligenza del mistero e l'intimità di vita con il medesimo. Non è possibile insegnare e studiare la teologia come una materia profana, nei cui confronti si potrebbe rimanere neutrali; è, pertanto, importante il contatto personale tra professori ed alunni nelle lezioni, nelle esercitazioni o seminari, nella direzione personale.(48)

II. L'ORDINAMENTO DEGLI STUDI TEOLOGICI

132 1) In tutti i seminari la formazione di base che prepara al sacerdozio deve comportare un minimo di quattro anni di teologia, o il suo equivalente, nei sistemi che integrano la filosofia e la teologia.(49) La stessa norma vale per gli scolasticati religiosi.(50)

133 2) L'insegnamento istituzionale della teologia deve innanzitutto mirare a fornire una visione organica del mistero cristiano, includendo lo studio dei temi essenziali della fede e della vita cristiana. Senza una tale formazione, che assicuri la solidità e la fecondità di ogni specializzazione ulteriore, la stessa vocazione sacerdotale correrebbe il rischio di crollare. Non si potrebbe parlare di formazione di base, se l'uno o l'altro dei seguenti temi venisse omesso o trattato in fretta e superficialmente: la Rivelazione e la sua trasmissione mediante la Tradizione e la Sacra Scrittura; l'affermazione di Dio Uno e Trino; Dio creatore; la Incarnazione del figlio di Dio e la redenzione dell'uomo (mistero pasquale); la Chiesa e i sacramenti; l'antropologia cristiana (grazia e vita teologale); l'escatologia; la morale cristiana (fondamentale e speciale); l'insieme del messaggio della Sacra Scrittura (legge e profeti; Sinottici, Giovanni e Paolo). A questa visione del mistero cristiano concorre, inoltre, lo studio della teologia fondamentale, dell'epistemologia teologica, della liturgia, della storia della Chiesa, del diritto canonico, della teologia pastorale, della teologia spirituale, dell'insegnamento sociale della Chiesa, dell'ecumenismo e della missionologia.

134 3) senza confondersi con le scienze umane, fino al punto da diluirsi e diventare psicologia, sociologia, antropologia, la teologia contemporanea, anche a livello del corso istituzionale, non può ignorare i problemi che vengono posti all'uomo d'oggi dallo sviluppo delle scienze umane. Essa deve essere, infatti, non solo comprensione della parola di Dio, ma anche comprensione dell'uomo al quale questa parola si rivolge, e delle condizioni nelle quali la medesima parola viene ascoltata. Essa deve parlare dei misteri cristiani in maniera tale da giungere a una intelligenza profonda di ciò che essi sono in sé e di ciò che essi sono per noi.

135 4) Nell'insegnamento delle varie discipline teologiche, si tengano costantemente presenti gli orientamenti indicati specialmente nella terza parte di questo documento (alcune affermazioni della quale sono state qui volutamente riprese e sottolineate), in modo da assicurare agli studenti, sia candidati sia non candidati agli ordini sacri, una formazione sicura e completa).

CONCLUSIONE

La Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica affida il presente documento ai Rev.mi Vescovi e a tutti i responsabili della formazione teologica dei candidati al sacerdozio, per rendere ad essi un servizio in ordine ai gravi compiti formativi che devono assolvere nelle circostanze attuali. Si è cercato di mettere in evidenza la vera natura e la specifica missione dell'insegnamento teologico - collocandolo nelle prospettive aperte dal Concilio Vaticano II e dai successivi documenti del Sommo Pontefice e della Santa Sede - al fine di assicurare ai futuri maestri della fede una formazione dottrinale all'altezza dei nostri tempi. In questo modo essi potranno cognoscere quod agunt et imitari quod tractant. Si auspica che l'assimilazione della parola di Dio e del suo valore salvifico si traduca in essi in una vita conforme, alimentando un'autentica spiritualità sacerdotale, che metta la verità in sintonia con le esigenze della carità pastorale, orientata a trasmettere la fede della Chiesa.

Roma, dal Palazzo delle SS. Congregazioni, il 22 febbraio, nella festa della Cattedra di S. Pietro, 1976.

GABRIELE M. Card. GARRONE
Prefetto
GIUSEPPE SCHRÖFFER
Segretario

Suoi dev.mi nel Signore

GABRIELE MARIA Card. GARRONE
Prefetto

GIUSEPPE SCHRÖFFER
Arciv. tit. di Volturno
Segretario


Note
(1) Decr. Unitatis redintegratio, n. 11.
(2) Cfr. PAOLO VI, Omelia Hodie Concilium, nell'ultima Sessione del Conc. Vat. II, 7 dic. 1965: A.A.S. 58, 1966, pp. 55 ss.; Alloc. L'homme existe-t-il?, al Congresso Tomistico Internazionale, 12 sett. 1970: A.A.S. 62, 1970, pp. 602 ss.
(3) PAOLO VI, Esort. Apost. Quinque iam anni, cinque anni dopo il Conc. Vat. II, all'intero episcopato, 8 dic. 1970: A.A.S. 63, 1971, pp. 102-103.
(4) Cfr. Decr. Unitatis redintegratio, n. 11.
(5) « "A Dio che rivela è dovuta l'obbedienza della fede" (Rom 16, 26; cfr. Rom 1, 5; 2 Cor. 10, 5-6), con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutt'intero liberamente, prestandogli "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà" », Cost. Dei verbum, n. 5.
(6) fr. Cost. Dei verbum, n. 8.
(7) fr. Cost. Gaudium et spes, n. 4.
(8) Questo aspetto della teologia deve essere messo in risalto in modo particolare nel Corso introduttorio, nel quale «il mistero della salvezza sia proposto in modo che gli alunni possano percepire il significato degli studi ecclesiastici, la loro struttura e il loro fine pastorale, e insieme siano aiutati a far della fede il fondamento e l'anima di tutta la loro vita, e vengano consolidati nell'abbracciare la loro vocazione con piena dedizione personale e con lieto animo», Decr. Optatam totius, n. 14.
(9) Cfr. Decr. Optatam totius, n. 18; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 19; Ratio fun­damentalis institutionis sacerdotalis, nn. 82-85
(10) Cfr. Cost. Gaudium et spes, nn. 46 ss.
(11) Cfr. Dichiar. Nostra aetate, passim; Decr. Ad gentes, nn. 11, 22.
(12) Cfr. Decr. Unitatis redintegratio, n. 11; Cfr., inoltre, SEGRETARIATO PER L'UNIONE DEI CRISTIANI, Direttorio ecumenico, Parte II: De re oecumenica in institu­tione superiore: AAS 62, 1970, pp. 705 ss.
(13) Cost. Gaudium et spes, nn. 46 ss.
(14) Cfr. Cost. Gaudium et spes, nn. 63 ss.; GIOVANNI XXIII: Lett. enc. Mater et Ma­gistra; Pacem in terris; PAOLO VI: Lett. enc. Populorum progressio; Lett. Apost. Octo­gesima adveniens.
(15) Cfr. CONC. VAT. I : Sess. III, Cost. De fide cath., cap. 4: DENZ.-SCHÖM., n. 3016.
(16) Cfr. Cost. Dei verbum, n. 10.
(17) Cfr. PONT. COMMISSIONE BIBLICA, Istruzione Sancta Mater, sulla verità storica dei vangeli, 21 apr. 1964: A.A.S. 56, 1964, pp. 712 ss.
(18) GIOVANNI XXIII, Alloc. Gaudet Mater Ecclesia, in occasione dell'apertura del Conc. Vat. II, 11 ott. 1962: A.A.S. 54, 1962, p. 792.
(19) Cfr. PAOLO VI, Esort. Apost. Petrum et Paulum, 22 feb. 1967: A.A.S. 59, 1967, p. 198.
(20) Cfr. Cost. Dei verbum, n. 10.
(21) Cfr. Cost. Dei verbum, n. 12.
(22) S. C. PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Lett. circ. sull'insegnamento della filoso­fia nei seminari, 20 genn. 1972, parte II, n. 3b: «Dal momento che gli stessi metodi delle scienze positive (esegesi, storia, ecc.) partono spesso da vari preliminari che comportano implicite scelte filosofiche, una sana filosofia potrà notevolmente contribuire, tra l'altro, anche al chiarimento e alla valutazione critica di tali scelte (oggi partico­larmente necessaria, per es., per il metodo esegetico di Bultmann), senza però arrogarsi una funzione critica assoluta nel confronti dei dati rivelati».
(23) Decr. Optatam totius, n. 16.
(24) Cfr. LEONE XIII, Lett. enc. Aeterni Patris, 4 aug. 1879: DENZ.-SCHÖNM., n. 3137.
(25) Cfr. Cost. Dei verbum, nn. 2-6.
(26) Cost. Dei verbum, n. 10.
(27) Ibidem.
(28) Cost. Lumen gentium, n. 25; PAOLO VI, Alloc. Libentissimo sane, ai partecipanti al Congresso internazionale sulla teologia del Conc. Vat. II, 1 sett. 1966: A.A.S. 58, 1966, pp. 890 ss.
(29) Cfr. Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 4.
(30) Cfr. Decr. Optatam totius, n. 15.
(31) Cfr. Decr. Optatam totius, n. 16; Dichiar. Gravissimum educationis, n. 10.
(32) Cfr. S. C. PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Lett. circ. sull'insegnamento della filosofia nei seminari, 20 genn. 1972, parte III, n. 2.
(33) PAOLO VI, Lett. Lumen Ecclesiae, in occasione del VII secolo dalla morte di S. Tommaso d'Aquino, 20 nov. 1974, n. 17: A.A.S. 66, 1974, pp. 690-691. Cfr. Anche Alloc. Nous sommes al VI Congresso Tomistico Internazionale, 10 sett. 1965: A.A.S. 57, 1965, pp. 790 ss.
(34) Cost. Gaudium et spes n. 15.
(35) Quanto all'impiego delle scienze umane, cfr. PAOLO VI, Lett. Apost. Octogesima adveniens, 24 mag. 197 1, nn. 3 8-4 1: A.A. S. ‘63, 1971, pp. 427 ss.; Cfr. PAOLO VI, Esort. Apost. Quinque iam anni, cinque anni dopo la conclusione del Conc. Vat. II, 8 nov. 1970: A.A.S. 63, 1971, p. 102.
(36) Cfr., per es., PAOLO VI, Lett. enc. Ecclesiam Suam, 4 ag. 1964: A.A.S. 56, 1964, pp. 627-628.
(37) Cfr. Cost. Gaudium et spes, nn. 35-36, 41-43.
(38) PAOLO VI, Lett. enc. Populorum progressio, 26 mar. 1967, nn. 16, 20, 42 e pas­sim: A.A.S. 59, 1967, pp. 265, 267, 278.
(39) S. THOMAS AQ., Summa Theol.: I, q. 1, a. 8, ad 2.
(40) Cfr. Decr. Ad gentes, nn. 10, 16, 22; Ratio fundamenta1is institutionis sacerdotalis, n. 64.
(41) Cost. Gaudium et spes, n. 44: «L'esperienza dei secoli passati, il progresso delle scienze, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa. Essa, infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio del Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; e inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi; allo scopo, cioè, di adattare, quando conveniva, il vangelo sia alla capacità di tutti sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione».
(42) Quanto ai giusti limiti del pluralismo teologico, cfr. le «proposizioni» della Pont. Commissione Teologica Internazionale sull'«Unità della fede e il pluralismo teologico»: La Civiltà Cattolica, 124, 1973, vol. II, pp. 367-369.
(43) PAOLO VI, Alloc. We have come, all'Episcopato dell'Oceania, 1 dic. 1970: A.A.S. 63, 1971, p. 56. - Alloc. Noi non usciremo, nell'Udienza generale del 28 ag. 1974: Insegnamenti di Paolo VI, vol. XII, pag. 764 ss., Città del Vaticano, 1975.
(44) Decr. Optatam totius, n. 14.
(45) Ibid. Cfr. Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 62.
(46) Cfr. Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, . nn. 77. ss.; 80, 81, 90; cfr. nn. 60-61.
(47) Cfr. Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 91 a).
(48) Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, nn. 78-80; 82-84.
(49) Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 90.
(50) Ibid.